Come calcolare l’anzianità di servizio pre-ruolo per docenti e persona

La Corte di Cassazione ha emanato due recenti sentenze (Cass. Civile, Sez. L. n. 31149/2019 e Cass. Civile, Sez. L. n. 31150/2019) che riguardano il calcolo dell’anzianità di servizio prima dell’immissione a ruolo rispettivamente del personale docente e del personale ATA fornendo principi guida da seguire.
Il tema, per entrambe le figure, è importante poiché, spesso, prima di essere assunti a tempo indeterminato, insegnanti e personale amministrativo svolgono per lungo tempo la loro attività lavorativa in maniera precaria con contratti a tempo determinato.
Si pone, dunque, la questione di come computare il servizio reso in fase pre-ruolo ai fini giuridici ed economici per il corretto inquadramento lavorativo e pensionistico.
Pur con normative leggermente differenti, la disciplina da applicare è quella dettata dal D.lgs. n. 297/1994 (Testo Unico Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), l'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e la Legge 124/1999 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico).
Calcolo dell’anzianità di servizio per il personale docente
Il punto di partenza per chiarire come conteggiare l’anzianità di servizio del personale docente non di ruolo è il primo comma dell’art. 485 del D.lgs. n. 297/1994 che recita: “Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo”.
Dunque, in base a tale dispositivo l’anzianità di servizio pre-ruolo è parificato a quella di ruolo per periodi inferiori ai quattro anni, mentre prevede un abbattimento per i periodi di inquadramento a tempo determinato eccedenti i quattro anni.
Sul punto, la Corte di Cassazione si è trovata a dirimere una causa promossa da una docente assunta in ruolo nel 1997 dopo 10 anni di svolgimento di attività da precaria contro il Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca per ottenere l’inquadramento contrattuale richiesto, e dunque anche il conseguente riconoscimento economico in busta paga. L’ufficio scolastico, infatti, ai fini della “progressione professionale retributiva” non aveva conteggiato tutti i 10 anni pregressi di attività a tempo determinato, ma solo “9 anni di servizio a fini giuridici ed economici, inquadrando la docente nella terza, anziché nella quarta, posizione stipendiale del CCNL 1.8.1996” applicando l’abbattimento previsto dall'art. 485 d.lgs. n. 297/1994.
Ma la Corte di Appello di Genova ha affermato che tale “abbattimento” non era giustificato e contrastava la clausola 4 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE che, al primo comma, dispone: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive".
Sempre la Corte di Appello aveva ritenuto non rilevante il fatto (obiettato dal MIUR) che le annualità pre-ruolo di cui l’insegnante richiedeva il riconoscimento, si riferissero ad anni antecedenti l'entrata in vigore della direttiva (1999).
Infine, respinta dalla Corte di Appello, anche la contestazione del Ministero dell’Istruzione che rimarcava come nessuna discriminazione era stata compiuta nel calcolo della ricostruzione di carriera richiesta “essendo evidente la diversità fra l'attività prestata dal docente a tempo indeterminato e quella richiesta all'insegnante incaricato della sostituzione per pochi giorni o pochi mesi”.
Sul punto occorre citare i dispositivi:
• dell'art. 489 del D.lgs. n. 297/1994 che stabilisce come "Ai fini del riconoscimento (…) il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell'anno dall'ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione”;
• dell'art. 11, comma 14, della Legge n. 124/1999 in base al quale “Il comma 1 dell'art. 489 del testo unico è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall'anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale".
In base ai dispositivi citati, dunque, il nostro ordinamento compara all’anno scolastico intero i periodi di insegnamento a tempo determinato di durata di almeno 180 giorni per anno scolastico oppure una prestazione di servizio ininterrotta dal 1° febbraio fino a fine anno scolastico (con lo scrutinio).
I giudici della Corte di Cassazione, relativamente al computo dei periodi di attività svolti dal docente pre-ruolo, ha sottolineato che nel calcolo dell'anzianità occorre tener conto del solo servizio effettivo prestato, eventualmente maggiorato dei soli periodi nei quali l'assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l'assunto a tempo indeterminato (come ad esempio il congedo ed aspettativa retribuiti, maternità, ecc…). Viceversa, non possono essere conteggiati i periodi di inattività tra un incarico di supplenza e l’altro e le mensilità estive che non danno diritto alla retribuzione al precario.
Gli ermellini, partendo, dunque, dal giusto calcolo dell’anzianità di servizio in base all’art. 489 del D.lgs. n. 297/1994 e dell'art. 11, comma 14, della Legge n. 124/1999, hanno sostenuto che se il periodo così conteggiato ed effettivamente prestato è superiore rispetto a quello ottenuto applicando i criteri dell'art. 485 dello stesso D.lgs. n. 297/1994 (che prevede appunto l’abbattimento di servizio), tale ultima norma deve essere disapplicata poiché in contrasto con il principio di parità di trattamento sancito dalla clausola 4 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE (norma di gerarchia superiore rispetto alla norma di diritto interno).
La ratio della disapplicazione sta proprio nella parità di trattamento tra servizio prestato da un docente pre-ruolo e uno assunto a tempo indeterminato: al docente precario, infatti, “va riconosciuto il medesimo trattamento che, nelle stesse condizioni qualitative e quantitative, sarebbe stato attribuito all'insegnante assunto a tempo indeterminato, perché l'abbattimento, in quanto non giustificato da ragione oggettiva, non appare conforme al diritto dell'Unione”.
A fronte di ciò, i giudici di piazza Cavour hanno espresso i seguenti principi di diritto:
a) l'art. 485 del d.lgs. n. 297/1994, che anche in forza del rinvio operato dalle parti collettive disciplina il riconoscimento dell'anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell'amministrazione scolastica, viola la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l'anzianità risultante dall'applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall'art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall'art. 11, comma 14, della legge n. 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato;
b) il giudice del merito per accertare la sussistenza della denunciata discriminazione dovrà comparare il trattamento riservato all'assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato e ciò implica che non potranno essere valorizzate le interruzioni fra un rapporto e l'altro, né potrà essere applicata la regola dell'equivalenza fissata dal richiamato art. 489;
c) l'anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione dell'art. 485 del d.lgs. n.297/1994 deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l'assunto a tempo indeterminato.
Calcolo dell’anzianità di servizio per il personale ATA
Per il calcolo dell’anzianità di servizio per il personale amministrativo è possibile fare le stesse considerazioni relative al personale docente seppur con qualche differenza.
Nel caso degli amministrativi, infatti, l’abbattimento del riconoscimento dell’anzianità opera per il periodo residuo eccedente a tre anni (e non quattro come per gli insegnanti), così come stabilito dall’art. 569 del D.lgs. n.297/1994.
Il primo comma della norma citata recita, infatti: “Al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, il servizio non di ruolo prestato nelle scuole e istituzioni educative statali è riconosciuto sino ad un massimo di tre anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici”.
Differenze con il personale docente riguardano anche la computazione dell’attività di servizio.
Infatti, se per l’insegnante l’attività di durata di 180 giorni ad anno scolastico oppure quella ininterrotta dal 1° febbraio a fine anno è considerata come annuale, per il personale ATA “è utile soltanto il servizio, effettivamente prestato nelle scuole e istituzioni educative statali che sia stato regolarmente retribuito".
Eventuali interruzioni dovute alla fruizione di congedo e di aspettativa retribuiti e quelle relative a congedo per gravidanza e puerperio sono considerate utili a tutti gli effetti per il computo dei periodi richiesti per il riconoscimento” (in base all’art. 570 del D.lgs. n.297/1994).
Anche in questo caso gli ermellini hanno ribadito la necessità del calcolo dell’effettivo servizio prestato e, qualora dovesse risultare superiore rispetto a quello conteggiato tramite i criteri dell’art. 569 del D.lgs. n.297/1994, quest’ultima norma deve essere disapplicata poiché in contrasto con la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.
Sul punto, i Supremi giudici hanno espresso tale principio di diritto:
“L'art. 569 del d.lgs. n. 297/1994 relativo al riconoscimento dei servizi pre-ruolo del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola si pone in contrasto con la clausola 4 dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE nella parte in cui prevede che il servizio effettivo prestato, calcolato ai sensi dell'art. 570 dello stesso decreto, sia utile integralmente a fini giuridici ed economici solo limitatamente al primo triennio e per la quota residua rilevi a fini economici nei limiti dei due terzi. Il giudice, una volta accertata la violazione della richiamata clausola 4, è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno in contrasto con la direttiva ed a riconoscere ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell'amministrazione, l'intero servizio effettivo prestato”.
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