Come cambiano le nostre abitudini? Qual è il prezzo della pandemia?


Abitudini nuove che tracciano un modo di relazionarsi diverso rispetto agli anni passati. Due consigli pratici
Come cambiano le nostre abitudini? Qual è il prezzo della pandemia?

La domanda è retorica; come possiamo quantificare un prezzo per quello che succede nella società? Andiamo a vedere cosa è successo in una fascia di popolazione che è notoriamente sensibile ai cambiamenti più di altre.

Gli adolescenti

L'impatto della pandemia sulla scuola è riconosciuto ormai da tutti. Dall'asilo alle superiori, nessuno escluso è stato impattato fortemente dalle decisioni politiche nazionali e locali in merito alla possibilità di frequentare o meno in presenza la scuola. Non è questo il contesto per entrare nel merito delle scelte, anche per i troppi distinguo che andrebbero fatti, ma analizziamo i dati macro. 

Uno sguardo generale su quello che hanno affrontato, o sarebbe meglio dire subìto, i nostri figli è illuminante rispetto all’impatto delle scelte organizzative. Leggiamo qualche dato che ci descrive come siano profondi i cambiamenti di attività; vedremo col tempo se questi rappresentano una tendenza che va a consolidarsi o se si ritornerà ad una situazione similare a quella precedente la pandemia. 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

 

Partiamo con un dato eclatante: l'80% di bambini e adolescenti vive emozioni negative e ben 1 su 2 passa oltre 8 ore davanti allo schermo in questo periodo. Otto ore al giorno, un’eternità. È evidente che questo modello ha delle conseguenze sullo stato di benessere generale. Come si può immaginare, ed i dati lo confermano, la maggior parte degli adolescenti utilizza i device per restare in contatto con i propri amici.  

Da una recente indagine – che ha coinvolto circa 10mila ragazze e ragazzi – emerge che solo il 6% degli intervistati crede di aver migliorato in questo periodo i propri rapporti interpersonali. La quota di bambini e preadolescenti che trascorre sui device più di tre ore al giorno oltre alle attività scolastiche raggiunge il 50%.  

Ma cosa fanno i ragazzi davanti ai teleschermi? A cosa servono alcuni tra i servizi che noi adulti riteniamo indispensabili? Ad esempio i motori di ricerca. Forse siamo in due mondi piuttosto distanti, visto che gli adolescenti che utilizzano le risorse informatiche per approfondire, ricercare, leggere, sono passati dal 19 all’8% nell’arco di un anno. Cioè da quasi 1 su 5 a quasi 1 su 10.  

La maggior parte del tempo oltre la didattica, invece, è impiegato per restare in contatto con gli amici. Non voglio riportare troppi numeri, ma ancora uno va sottolineato. Solo il 12% degli intervistati ha dichiarato che in quest’anno ha parlato di più con la propria famiglia. 

Il quadro tracciato è chiaro: indica dei profondi cambiamenti a tutti i livelli organizzativi di base, quindi della famiglia. A questi dati aggiungiamo anche che molti adulti hanno dovuto cambiare le proprie abitudini lavorative, a volta per organizzare una postazione di smart working, a volte perché costretti a passare più tempo a casa da cassa integrazione o riduzione consistente del lavoro. Cambiamenti simili stanno avvenendo anche nelle aziende, ne parleremo prossimamente. 

Cosa possono fare gli adulti e che contromisure possono prendere?   

Non è facile trovare risposte generali a questi interrogativi; ogni famiglia ha le sue esigenze e particolarità. Però due aspetti possono andare in questa direzione. Il primo è tracciare un quadro generale della situazione attuale in confronto, almeno a grandi linee, con la precedente la pandemia. Il secondo è individuare dei professionisti di riferimento che all’occorrenza possano essere interpellati per un confronto su problematiche per cui non vediamo facilmente una soluzione. Gli specialisti delle relazioni affettive sono gli psicologi e, magari privilegiando anche il canale on line, avere una piccola lista di persone da interpellare a portata di mano è prudente e utile. 

Le difficoltà sono superabili, con un aiuto tecnico magari anche più in fretta. 

 

Contattatemi pure per informazioni e consulenze. 

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di dr. Giovanni D'Amore

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