Come compensare i debiti con Equitalia - parte 2
Il debito verso Equitalia per tributi erariali può essere estinto mediante compensazione con crediti relativi alle imposte erariali stesse

Se il contribuente ritiene infondato l’addebito delle somme indicate nella cartella, può presentare le sue contestazioni all’ufficio impositore, chiedendone l’annullamento totale o parziale. Se l’ufficio riscontra che l’atto è effettivamente illegittimo, è tenuto ad annullarlo in base alle norme sull’autotutela e ad effettuare lo "sgravio" degli importi iscritti a ruolo.
L’ente impositore comunica quindi il provvedimento di annullamento a Equitalia, che interrompe le procedure di riscossione e, se il contribuente ha già pagato, sarà rimborsato dallo stesso Agente della riscossione.
Oltre all’istanza di autotutela, il contribuente può impugnare la cartella per chiederne l’annullamento totale o parziale.
Chi intende impugnare un atto della riscossione, come la cartella, deve ricorrere contro l’ente impositore se contesta la legittimità della pretesa; deve invece ricorrere contro l’Agente della riscossione se contesta vizi dell’attività dello stesso, cioè motivi di ricorso che riguardano l’attività svolta successivamente alla consegna del ruolo.
Chi ha presentato ricorso contro una cartella di pagamento, se ritiene che può subire un danno grave e irreparabile dal pagamento della cartella, può produrre istanza di sospensione alla Commissione tributaria (sospensione giudiziale) oppure all’ufficio dell’Agenzia che ha emesso il ruolo (sospensione amministrativa).
Quando una cartella di pagamento è stata dichiarata illegittima da una Commissione tributaria, il contribuente ha diritto a ottenere lo sgravio dall’ente entro 90 giorni dalla notifica della decisione. Contestualmente allo sgravio, l’ufficio deve disporre anche il rimborso delle somme iscritte a ruolo eventualmente pagate dal contribuente prima della decisione.
Se l’ufficio competente non dispone in modo tempestivo lo sgravio, le norme del contenzioso tributario consentono al contribuente di ricorrere al "giudizio di ottemperanza" per ottenere l’esecuzione della decisione della Commissione tributaria. Tale strumento è esperibile solo nei confronti delle sentenze divenute definitive.
Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti contattami.
Dott. Stefano Bonaldo
http://www.studioconsulenzabonaldo.it/
L’ente impositore comunica quindi il provvedimento di annullamento a Equitalia, che interrompe le procedure di riscossione e, se il contribuente ha già pagato, sarà rimborsato dallo stesso Agente della riscossione.
Oltre all’istanza di autotutela, il contribuente può impugnare la cartella per chiederne l’annullamento totale o parziale.
Chi intende impugnare un atto della riscossione, come la cartella, deve ricorrere contro l’ente impositore se contesta la legittimità della pretesa; deve invece ricorrere contro l’Agente della riscossione se contesta vizi dell’attività dello stesso, cioè motivi di ricorso che riguardano l’attività svolta successivamente alla consegna del ruolo.
Chi ha presentato ricorso contro una cartella di pagamento, se ritiene che può subire un danno grave e irreparabile dal pagamento della cartella, può produrre istanza di sospensione alla Commissione tributaria (sospensione giudiziale) oppure all’ufficio dell’Agenzia che ha emesso il ruolo (sospensione amministrativa).
Quando una cartella di pagamento è stata dichiarata illegittima da una Commissione tributaria, il contribuente ha diritto a ottenere lo sgravio dall’ente entro 90 giorni dalla notifica della decisione. Contestualmente allo sgravio, l’ufficio deve disporre anche il rimborso delle somme iscritte a ruolo eventualmente pagate dal contribuente prima della decisione.
Se l’ufficio competente non dispone in modo tempestivo lo sgravio, le norme del contenzioso tributario consentono al contribuente di ricorrere al "giudizio di ottemperanza" per ottenere l’esecuzione della decisione della Commissione tributaria. Tale strumento è esperibile solo nei confronti delle sentenze divenute definitive.
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Dott. Stefano Bonaldo
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