Come e quando aggiornare le planimetrie catastali
Quando ci si rivolge ad un notaio per la stipula di un atto di compravendita, ma anche in caso di donazioni e divisioni, il professionista deve accertare la corrispondenza tra la planimetria esistente in Catasto e lo stato di fatto del bene, pena la nullità dell’atto.
Più precisamente, vanno verificati i dati degli intestatari, la toponomastica e la planimetria. Infatti, il venditore deve dichiarare la conformità nel rogito e la planimetria va allegata all’atto notarile. Si tratta di uno specifico obbligo previsto dalla legge, la quale dispone che per gli atti pubblici e le scritture private relative al trasferimento di diritti reali su immobili – vedi il caso della compravendita di fabbricati esistenti – vi sia una dichiarazione di conformità tra lo stato di fatto e i dati catastali e le planimetrie. La corrispondenza va verificata, altresì, quando si intendono effettuare dei lavori di ristrutturazione ovvero di modifica di un immobile.
Se la planimetria non è conforme alla realtà, cosa fare? Dipende dalla difformità in quanto esiste una soluzione diversa a seconda se si tratta di una differenza di piccola entità o più rilevante.
Cos’è una planimetria catastale
La planimetria catastale è un disegno tecnico, rappresentato in scala, di norma al 200, relativo ad una unità immobiliare registrata in Catasto, dal quale è possibile evincere la dislocazione interna dei vani. Nella planimetria, sono individuate tra l’altro le aperture interne ed esterne, le altezze, il piano all’interno del fabbricato, la destinazione d’uso dei locali, i dati metrici, le pertinenze (vedi il giardino, il garage, la soffitta, la cantina, ecc.) e i confinanti.
Ogni qual volta interviene una modifica della distribuzione interna degli spazi, il proprietario deve aggiornare la planimetria al Catasto per allinearla alla reale situazione.
Quali verifiche vanno effettuate prima di una compravendita
Prima della compravendita di un immobile sia il venditore sia il compratore sono tenuti ad accertare:
1. la conformità urbanistica presso gli uffici comunali, ovvero la corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile e l’ultimo progetto edilizio presentato al Comune;
2. la conformità catastale presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate – Territorio, cioè la corrispondenza tra lo stato di fatto e i dati catastali, intendendo per tali non solo le planimetrie ma anche tutti gli altri dati che si trovano in Catasto. Perciò, si parla di allineamento dei dati.
In merito, è opportuno precisare che quanto rappresentato nella planimetria catastale non costituisce un elemento di legittimità edilizia mentre la documentazione depositata in Comune rappresenta quello che è stato effettivamente dichiarato ed autorizzato. Per tale ragione, va verificata prima la regolarità urbanistica e solo successivamente quella catastale.
Se la planimetria e i dati catastali risultano non aggiornati, ma la situazione urbanistica è regolare, in genere è sufficiente procedere alla rettifica della pianta o degli altri elementi difformi. Al contrario, se lo stato di fatto di un immobile non corrisponde al più recente progetto depositato presso gli uffici comunali, qualsiasi intervento è stato effettuato è da considerarsi un abuso edilizio. Peraltro, in alcuni casi, potrebbe non essere possibile sanare l’abuso e, quindi, bisognerà procedere alla demolizione dell’opera non autorizzata.
Quando è possibile riscontrare la difformità
Frequenti sono i casi in cui viene accertata la non corrispondenza tra la planimetria catastale e lo stato di fatto di un immobile. In particolare, è possibile rilevare tale situazione soprattutto con riferimento a beni pervenuti da donazioni o da lasciti ereditari antecedenti al 2010 in quanto, all’epoca, non vigeva ancora l’obbligo di verifica della conformità da parte del notaio.
Capita di riscontrare tale difformità anche in relazione a beni ristrutturati dai precedenti proprietari nel caso in cui il tecnico che ha seguito i lavori, ha omesso di presentare l’aggiornamento della pianta al Catasto.
Cosa fare se la planimetria catastale è difforme dallo stato di fatto
Se prima della stipula del rogito notarile viene accertata la non corrispondenza tra la planimetria esistente in Catasto e la reale dislocazione dei vani all’interno dell’immobile, occorre rivolgersi ad un tecnico di fiducia al fine di verificare l’effettiva consistenza delle difformità e le eventuali variazioni da apportare presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate – Territorio.
Piccola difformità
Se la discordanza è di lieve entità (ad esempio la reale posizione di una porta interna è leggermente differente rispetto alla planimetria), tale cioè da non comportare una variazione al numero dei vani né un cambio di destinazione d’uso anche parziale o un aumento della superficie calpestabile, la stessa può essere assimilata a una semplice discrepanza di natura grafica. In generale, si considerano lievi difformità le variazioni che non comportano una modifica della rendita catastale.
In questo caso, non è necessario presentare un aggiornamento della planimetria. Tuttavia, in sede di compravendita dell’immobile è possibile incaricare un tecnico abilitato per la redazione di un attestato di conformità nel quale dichiara la rispondenza tra stato di fatto e dati catastali, sollevando sia il notaio sia il venditore dalla responsabilità della dichiarazione.
Difformità rilevanti
Diverso è il caso in cui le difformità siano rilevanti. Si prenda ad esempio un appartamento che è stato completamente ristrutturato, cambiandone sia la disposizione sia il numero dei vani. In particolare è stato realizzato un nuovo bagno e il grande salone è stato suddiviso in due ambienti, soggiorno e studio.
Inoltre, è stato ricavato un piccolo ripostiglio fra le camere da letto. Se questi lavori sono stati autorizzati dal Comune mediante l’apposito titolo abilitativo, ma non è stata modificata la planimetria catastale, occorre effettuare una variazione.
La normativa edilizia vigente prevede che entro 30 giorni dalla fine dei lavori la piantina presente in Catasto deve essere aggiornata, ricorrendo all’apposita procedura telematica denominata Docfa.
Se si supera il termine sopra indicato è, comunque, possibile regolarizzare la situazione attraverso il così detto ravvedimento operoso. In questo caso, oltre al costo della variazione catastale, ci sono da pagare delle sanzioni pecuniarie per ritardato aggiornamento, il cui importo è compreso tra 103,20 euro e 172 euro.
Modifiche interne abusive
Un’altra ipotesi è quella in cui nell’immobile sono state effettuate delle modifiche interne ma il proprietario non ha mai richiesto l’apposito titolo abilitativo in Comune né ha effettuato l’aggiornamento della planimetria in Catasto. Pertanto, si ha una duplice difformità: sia urbanistica sia catastale.
Il tecnico incaricato, quindi, deve presentare una sanatoria in Comune per regolarizzare lo stato urbanistico-edilizio dell’immobile e successivamente deve procedere alla variazione della planimetria catastale.
Non conformità urbanistica
Ultimo caso possibile è quello di un immobile nel quale sono stati eseguiti dei lavori senza l’apposito titolo abilitativo comunale mentre la planimetria presente in Catasto è stata aggiornata.
Al fine di eliminare la difformità urbanistica, il tecnico deve presentare solo la pratica in sanatoria agli uffici comunali competenti.
Come si aggiorna una planimetria catastale
Il procedimento per l’aggiornamento di una planimetria catastale richiede necessariamente l’ausilio di un tecnico abilitato (geometra, architetto, ingegnere) per la compilazione e la presentazione del Docfa.
Il Docfa è un sistema predisposto dalla Agenzia delle Entrate, che prevede l’utilizzo di un software scaricabile gratuitamente dal sito istituzionale. Tramite questo applicativo va compilato un modello con tutte le caratteristiche dell’immobile del quale, dopo il rilievo grafico, va allegata anche la piantina. È compito del proprietario fornire al tecnico tutta la documentazione amministrativa del bene, cioè l’atto di provenienza e l’ultimo titolo abilitativo di eventuali lavori effettuati oltre alla fotocopia di un documento di identità in corso di validità.
Il tecnico, quindi, presenta la proposta di accatastamento all’ufficio territorialmente competente tramite un portale dedicato, denominato Sister, attendendo l’approvazione, il rigetto o l’eventuale richiesta di integrazioni all’atto protocollato.
Cosa fare se manca una planimetria catastale
Inizialmente, il Catasto era di tipo “meccanografico”, cioè gli atti erano conservati in formato cartaceo. Con l’introduzione dell’informatica tutta la documentazione presente negli archivi è stata digitalizzata comprese le planimetrie catastali. Oggi, infatti, è possibile richiedere on line una piantina senza doversi recare personalmente all’Agenzia delle Entrate – Territorio, facendo lunghe file allo sportello.
In alcune occasioni, capita di accorgersi che in Catasto non è presente la planimetria di un immobile o succede di ricevere una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate – Territorio con la quale viene richiesto il deposito della planimetria entro 30 giorni.
Ciò può avvenire perché:
• la planimetria catastale non è mai stata presentata in Catasto;
• la planimetria catastale non è stata ancora “rasterizzata”, cioè digitalizzata;
• la planimetria cartacea già depositata è stata smarrita da parte dell’ufficio.
Comunque sia, bisogna rivolgersi ad un tecnico di fiducia che deve verificare la situazione mediante opportune indagini catastali. Perciò, se la piantina non è stata mai depositata, il tecnico rileva il bene e presenta l’elaborato al Catasto. Al momento del deposito, è necessario pagare i tributi catastali.
Nel secondo caso, il tecnico chiede al Catasto di rasterizzare la planimetria già presente nell’archivio, mentre nella terza ipotesi procede all’accatastamento per planimetria mancante. Tale operazione non richiede il pagamento di tributi catastali.
Spetta sempre al proprietario correggere l’errore.
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