Come investire nel 2019 dopo un anno da dimenticare


Ecco qualche consiglio di investimento quando l'andamento del ciclo economico è poco prevedibile
Come investire nel 2019 dopo un anno da dimenticare

Il 2018 è stato per gli investitori un anno da dimenticare; praticamente tutte le asset class hanno performato in modo negativo e non c’è stata alcuna strategia che abbia retto ai ribassi, chi aveva investito da alcuni anni ha visto ridurre i suoi guadagni, chi invece è entrato nel 2018 inevitabilmente ha subito delle perdite.


Partiamo fissando due cardini:
1) Il ciclo economico o più semplicemente “l’economia” determina il ciclo finanziario
2) I mercati sono imprevedibili e nessuno sa cosa avverrà domani (fino ad un certo punto).
A questi due elementi dobbiamo aggiungere vari fattori di disturbo come guerre commerciali, fattori politici, tensioni internazionali che tendono ad essere elementi di disturbo nel breve termine con possibilità di mutare nel lungo se i fenomeni che li hanno generati tendono a perdurare.


Solitamente determinati indicatori come i tassi di occupazione, i tassi di inflazione ed altri davano delle informazioni abbastanza chiare sullo “stato” del ciclo economico e queste erano solitamente confortate dalle analisi dei vari centri di studi economici, sia che fossero di asset class, sia di banche o di Università.
Facendo proprie queste informazioni, si facevano i relativi aggiustamenti rimodulando i portafogli di conseguenza (tenendo sempre rigorosamente conto delle esigenze e del tipo di cliente) oppure costruendoli ex novo per i nuovi clienti.


Partendo dalla situazione odierna, la visione è un attimo più complicata. Dopo circa dieci anni di crescita ininterrotta, con uno dei più longevi cicli della storia economica, i pareri su quale sentiero stiamo per intraprendere sono molto discordanti; se potessimo dividere la disputa tra due gruppi di contendenti potremmo dire che da una parte c’è chi dice che il ciclo è maturo, ma che la recessione è ancora molto distante, e dall’altra, chi sostiene che la “strega cattiva”, la recessione è dietro l’angolo. Dobbiamo per prima cosa assimilare il concetto che la recessione è un “male necessario”, taglia i rami secchi e permette di ricollocare le risorse che durante la fase espansiva erano mal utilizzate per veicolarle verso combinazioni produttive più vantaggiose…l’economia per crescere ha bisogno dei suoi periodi di pausa.


Dimentichiamoci per un attimo i fattori di “disturbo” come la guerra commerciale tra Usa e Cina, dimentichiamoci le politiche monetarie delle banche centrali, le economie non più sincronizzate, la Brexit e le tensioni in medio oriente. E’ in questo contesto di maggior incertezza che dobbiamo operare ed il ruolo del consulente è quanto mai utile vincere delle paure (sbagliate).  


Per prima cosa dobbiamo avere sempre chiaro che la “la madre” di tutte le performance è il tempo, o meglio l’orizzonte di investimento; ragionare sui due-tre anni non ha senso, il nostro orizzonte deve essere sempre di medio-lungo periodo, quindi, 5-7 anni. Poi possiamo dire che in questo panorama di incertezza e alta volatilità, la gestione attiva è lo strumento ideale per affrontare lo scenario che abbiamo di fronte perché ci consente meglio di cogliere le opportunità che il mercato offre. Non dobbiamo avere paura di esporsi nel mercato azionario (nei limiti del nostro profilo di rischio), ma dobbiamo sapere (ed esserne consapevoli) che l’equity da maggiori soddisfazioni scontando una maggiore volatilità. Dobbiamo piuttosto stare attenti a quali mercati esporsi e come.

Le soluzioni preferibili sono sicuramente ad “ampio spettro”. Non puntare su una singola area geografica od un singolo settore, ma diversificare nelle aree economiche principali cercando di tenere dei pesi omogenei. Questo non significa optare solo per soluzioni “globali”, ma affiancare a queste delle soluzioni più mirate, ma non eccessivamente specializzate. Se ad esempio decidiamo che vogliamo investire il 20% del nostro portafoglio nel mercato asiatico, possiamo decidere di optare per investire tutta la cifra in soluzioni che percorrano tutta l’area oppure possiamo destinare di questo 20% una parte esclusivamente al mercato Cinese scegliendo un fondo specializzato, l’importante però è non dare un peso eccessivo.


Lo stesso vale per i settori produttivi, anche se entrassimo in recessione ci saranno sicuramente dei settori che daranno ottimi risultati, ma questo dipenderà anche da come si evolve lo scenario economico, alcuni settori ad elevata tecnologia ed alta concentrazione di capitale potrebbero risentire della riduzione degli investimenti, altri con caratteristiche simili, ma in settori diversi (es. intelligenza artificiale) potrebbero, invece, andare molto bene nonostante il momento non favorevole. Concentrarsi su fondi settoriali può dare grossa soddisfazione se prendiamo il sentiero giusto, o al contrario dare molti pensieri.   


Un portafoglio equilibrato nella distribuzione di asset class, aree geografiche e settori, senza scendere troppo nel particolare ci consentirà di poter agire in futuro con maggiore incisività. Ho volutamente lasciato per ultima la valutazione, per nulla trascurabile, su quale esposizione avere sul mercato obbligazionario. Valgono tutte le considerazioni fatte precedentemente per la diversificazione, ma non dimentichiamo che il “Bond” ha perso negli ultimi anni le caratteristiche di “Zoccolo duro” (i rendimenti sono ridotti al lumicino) e, soprattutto, di minore volatilità; cominciamo a trattarlo più nell’ottica di diversificazione (doverosa) e non nell’ottica del “creare rendimento certo” e avremo maggiori soddisfazioni.

 

Articolo del:


di Stefano Crepaz

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