Come pagare un modello F24


Ormai la grande maggioranza dei pagamenti di imposte e contributi avviene con il modello F24. Ma quali sono i vincoli che occorre rispettare?
Come pagare un modello F24
Premessa
Al giorno quasi tutte le principali imposte e contributi previdenziali sono versate tramite il modello F24.
Questo modello di pagamento, introdotto ormai da molti anni nel nostro Paese, si caratterizza per una sostanziale intuitività dell’utilizzo e per la possibilità di compensare i debiti con eventuali crediti vantati verso gli enti pubblici interessati.
Tramite F24 si può oggi pagare le imposte sul reddito (inclusi i tributi addizionali e sostitutivi), l’IVA, l’IRAP, l’IMU o la TASI, riversare le ritenute effettuate a dipendenti e autonomi, saldare gli importi richiesti con cartelle esattoriali o avvisi di accertamento, ottemperare agli obblighi verso INPS e INAIL, nonché ravvedere versamenti omessi o tardivi, solo per citare alcune fra le miriadi di ipotesi. E non ci sono ostacoli se si tratta di saldi o di semplici acconti. Sempre mediante l’utilizzo del modello inoltre, il contribuente esprime la scelta di rateizzare i versamenti, quando ciò è concesso dalla legge.
Il contribuente può scegliere di ottemperare da solo oppure di ricorrere ad un intermediario abilitato a questa funzione, come può esserlo un dottore commercialista, adeguatamente delegato.
Ci sono, tuttavia, alcuni vincoli da rispettare. Il modello F24, infatti, richiede il rispetto di una serie di paletti imposti dalla legge, talvolta per evitare abusi nelle compensazioni, talvolta per ridurre l’utilizzo della carta, talvolta, ancora, per far affluire il più velocemente possibile le informazioni all’Agenzia delle Entrate e agli altri enti interessati.
Poiché tali paletti sono numerosi e si sono stratificati con il passare degli anni, vediamo di fare un po’ di chiarezza riepilogando in maniera schematica la normativa oggi vigente.
Per prima cosa, segnaliamo che sussistono regole differenziate fra chi possiede la partita IVA e chi non la detiene, che andremo ad analizzare separatamente. Alla fine, invece, approfondiremo le regole comuni a tutti i contribuenti.

Le modalità di pagamento
Innanzitutto, però, cerchiamo di chiarire quali sono le possibili modalità di pagamento.
I modelli F24 possono essere pagati in tre modalità differenti.
A) In forma cartacea: il modello è presentato in triplice copia presso un qualunque sportello bancario, postale oppure presso il concessionario della riscossione Equitalia. Il pagamento può essere eseguito in contanti oppure addebitando l’importo sul proprio conto corrente.
B) Con home banking: il modello è pagato mediante il sito internet del proprio istituto bancario di fiducia con addebito sul proprio conto corrente. Va notato come, nella pratica, ogni sito sia fatto a proprio modo e perciò occorra contattare la banca stessa in caso di difficoltà nella comprensione delle regole di funzionamento e per gli eventuali problemi tecnici.
C) Mediante i sistemi telematici dell’Agenzia delle Entrate: sussistono alcuni software messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate che consentono di compilare il modello F24 e addebitare l’importo sul conto corrente prescelto. Tecnicamente è la soluzione più complessa e occorre oltretutto verificare preliminarmente che la propria banca abbia stipulato un’apposita convenzione con l’Agenzia delle Entrate. Occorre inoltre che il contribuente abbia ottenuto l’abilitazione ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Fisconline o Entratel).

Le regole per i detentori di partita IVA
Il detentore di partita IVA può ricorrere esclusivamente ai metodi di pagamento indicati con le lettere B e C. Il pagamento in forma cartacea è sempre precluso, anche per i versamenti legati alla propria vita privata e non a quella imprenditoriale o professionale. Una volta chiusa la partita IVA, tuttavia, tale restrizione non sussiste più, nemmeno per i residui versamenti legati all’attività (come gli ultimi versamenti dell’IVA, dell’IRAP, delle ritenute...).
Un aspetto molto importante, anche per le sanzioni previste in caso di violazione, concerne la possibilità di utilizzo in compensazione del credito IVA. Per la grande maggioranza dei contribuenti il credito matura a cadenza annuale, e nasce, ovviamente, quando l’IVA detraibile sugli acquisti sommata ai versamenti periodici effettuati risulta superiore all’IVA a debito sulle operazioni compiute.
Tra le destinazioni di tale credito, si può scegliere di utilizzarlo in compensazione verticale, cioè per tamponare successivi debiti IVA, oppure orizzontale, cioè debiti inerenti ambiti diversi (IRPEF, contributi INPS, IMU eccetera). Le limitazioni riguardano le compensazioni orizzontali: se, con riferimento ad uno stesso credito, si oltrepassa (all’interno di uno o più modelli F24) l’importo di 5.000 euro, il superamento di questa soglia può avvenire solo nel mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione IVA annuale. La dichiarazione può essere presentata in forma autonoma oppure inserita all’interno del modello UNICO, dall’inizio di febbraio fino al 30 settembre (o al 29 dicembre, pagando una sanzione), ma naturalmente la norma descritta incentiva a non perdere tempo e a spedirla il prima possibile.
Ma non basta: se il credito IVA utilizzato in compensazione supera la soglia di 15.000 euro, inoltre, occorre anche che sulla dichiarazione sia presente l’attestazione di un professionista abilitato che certifichi, dopo appositi controlli, che questo credito sia effettivamente esistente.

Le regole per i non detentori di partita IVA
Il non detentore di partita IVA può scegliere liberamente fra le tre forme di pagamento, ricordando però che il metodo A è sempre precluso:
- in caso di compensazioni fra crediti e debiti per una parte dell’importo dovuto;
- quando, indipendentemente dalle eventuali compensazioni, gli importi a debito superano la soglia di 1.000 euro.

Le regole comuni a tutti i contribuenti
Indipendentemente dal possesso della partita IVA, il contribuente è sempre tenuto all’utilizzo del metodo C quando il modello F24 è a saldo zero, ossia quando i crediti utilizzati in compensazione pareggiano totalmente i debiti. È però abbastanza semplice (e perfettamente legale) aggirare questo divieto facendo in modo che i debiti superino i crediti di un euro, o magari di un solo centesimo.
Non è mai consentito, inoltre, utilizzare crediti in compensazione quando sussistono debiti non onorati presso Equitalia per almeno 1.500 euro. Quando parliamo di debiti non onorati, il riferimento è a importi contenuti in cartelle esattoriali ormai scadute e dunque non più contestabili o impugnabili. Il problema non sussiste, tuttavia, quando i debiti contenuti nelle cartelle scadute sono oggetto di piani di rateazione regolarmente rispettati dal contribuente.

Articolo del:


di Giuseppe Aymerich

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