Comportamenti passivo-aggressivi. Ostacoli alla comunicazione efficace
I Comportamenti Passivo-Aggressivi
Nella vita affettivo-relazionale, sociale e lavorativa, possiamo incontrare persone che si pongono nelle relazioni con frequenti comportamenti passivo-aggressivi, cioè con resistenze al confronto, alla chiarificazione, con irritazione malcelata e immotivata o indifferenza, anche se con modi apparentemente cortesi. Possono dare la sensazione di essere ostili, ma sempre in modo indiretto e presentare, anche se mascherati, atteggiamenti conflittuali tra la dipendenza dagli altri e il desiderio di supremazia, così come invidia e risentimento nei confronti di persone di successo. Altre volte è difficile riconoscerli, perché affiancati da tratti carismatici, seducenti, affabili e senso dell’ironia. Poiché questi atteggiamenti e comportamenti possono provocare fastidio, irritazione, disagio e difficoltà a reagire, per la mancanza di contrapposizione esplicita, è utile comprenderli, distinguerli dall’uso legittimo di evitare alcune situazioni di confronto, e comprenderne le possibili motivazioni per trovare un modo efficace di reazione.
Le Manifestazioni Prevalenti dei Comportamenti Passivo-Aggressivi
Fin dagli anni ’50, i comportamenti passivo-aggressivo, se abituali, reiterati e non indotti da comportamenti esterni oggettivamente persecutori, sono stati descritti come un disturbo di personalità da numerosi psichiatri e psicologi, fra cui Theodore Millon. Spesso identificati come un meccanismo di difesa e risultato di esperienze passate, in cui il confronto diretto ha portato a esiti negativi o traumatici. Gli atteggiamenti e i comportamenti più frequenti sono:
- Aggressione non verbale: espressione non esplicita di sentimenti avversi.
- Assenza di Confronto Diretto: evitare discussioni aperte o conflitti.
- Ostilità Indiretta: esprimere la frustrazione o la rabbia con azioni, espressioni o parole ambigue, come la dimenticanza deliberata di compiti o commenti ambigui.
- Procrastinazione: Rinviare continuamente compiti o obblighi.
- Rifiuto di Eseguire Compiti: in modo non solitamente diretto, ma piuttosto mascherato da scuse, dimenticanze o esecuzione scadente dei compiti stessi.
- Silenzio e Rifiuto Muto: usati come arma per punire o esprimere disappunto.
- Fare il Broncio: mostrare il proprio malcontento attraverso espressioni facciali e posture di chiusura.
- Vittimismo: evitando responsabilità e cercando di manipolare le percezioni degli altri.
- Critiche Velate: esprimere disappunto o ostilità attraverso commenti indiretti o sarcasmo.
Prospettive Psicodinamiche sulle Principali Motivazioni
Già prima della definizione diagnostica dei comportamenti passivo-aggressivo, molti autori di orientamento psicodinamico avevano analizzato le motivazioni inconsce di tali modi abituali di porsi, anche quando gli ambienti esterni permettevano il confronto:
- Sigmund Freud ritiene che possano essere manifestazioni indirette d’impulsi ostili repressi, quali difese inconsce dall’ansia o dalla paura di conseguenze persecutorie. Angosce profonde legate a esperienze passate in cui l’espressione diretta di tali emozioni ha portato a punizioni, rifiuti o conflitti. Possono essere anche retaggi di antiche ambivalenze non risolte, radicate nelle prime esperienze genitoriali e riemerse con le figure della vita adulta che hanno ruoli di autorità.
- Adolf Adler li vede connessi con i temi d’insicurezza/potere non risolti. Partendo dall’evidenza che gli esseri umani nascono con sentimenti d’inferiorità, dovuti all’iniziale condizione umana di dipendenza e vulnerabilità, ritiene che questi sentimenti facciano parte del normale sviluppo e possano motivare le persone a crescere e migliorarsi. Quando sono eccessivi o non sono affrontati adeguatamente, però, possono essere all'origine di problemi psicologici e comportamentali, fra cui l’adozione di comportamenti passivo-aggressivi come mezzo compensatorio per sentirsi potenti. Un controllo sugli altri in modo indiretto, ma anche l’evitamento di confronti che potrebbero esporre le proprie vulnerabilità.
- Karen Horney ha introdotto il concetto di "ansia di base", cioè quella sensazione profonda d’insicurezza e paura che origina da esperienze d’isolamento e ostilità nelle relazioni infantili. Quest’ansia di base può portare le persone a sviluppare strategie difensive rispetto a un ego fragile, vulnerabile alle critiche, ai rifiuti e abbandoni. I comportamenti passivo-aggressivi possono essere una di queste strategie, utilizzate per gestire l’ansia, senza dover affrontare direttamente le fonti di paura, esporsi direttamente ai rischi di un confronto e sentirsi inadeguati, incapaci.
Per ognuno di questi autori la possibilità di non dipendere dalle difese inconsce richiede un lavoro di progressiva consapevolezza delle dinamiche intrapsichiche da cui derivano.
Il ruolo delle false credenze
In alcuni approcci psicologici l’attenzione si è concentrata soprattutto sul ruolo che hanno sui comportamenti aggressivo - passivi le false credenze, le convinzioni irrazionali, acquisite inconsapevolmente per imitazione o reazioni alle diverse esperienze di vita.
- Albert Ellis, uno dei fondatori della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT), ritiene che all’origine di questi comportamenti disfunzionali ed emozioni ci siano credenze e pensieri irrazionali. Ad esempio, l'idea secondo cui “Si deve essere amati e approvati da tutti per essere una persona di valore”, o che “Le cose devono andare come si desidera, altrimenti è una catastrofe”. Queste persone ritengono che sia pericoloso o inaccettabile esprimere direttamente i propri bisogni e desideri, per credenze irrazionali come "Se esprimo ciò che voglio, sarò respinto" o "Non dovrei mai arrabbiarmi". Una risorsa terapeutica per aiutarli a identificare e sfidare le loro credenze irrazionali, secondo Ellis, è il dibattito cognitivo, con cui mettere in discussione le credenze irrazionali con logica ed evidenza.
- Aaron Temkin Beck, fondatore della terapia cognitiva, ha esplorato i pensieri distorti e le credenze disfunzionali all’origine dei comportamenti passivo-aggressivi. Fra le distorsioni cognitive (bias) più comuni ha identificato: Pensiero Tutto-o-Niente: vedere le cose in termini assoluti, come "sempre" o "mai"; Sovra generalizzazione: trarre conclusioni ampie e globali basate su un singolo evento; Filtro Mentale: focalizzarsi su un dettaglio negativo e ignorare tutto il resto; Squalifica del Positivo: Negare le esperienze positive, insistendo che "non contano”; Lettura del Pensiero: supporre di sapere cosa gli altri pensano di te senza prove concrete e Catastrofizzazione: aspettarsi che accadano disastri o esagerare le conseguenze negative di un evento. Queste distorsioni cognitive, che possono manifestarsi con la convinzione profonda di ritenersi sempre vittima delle circostanze o di non avere alcun controllo sulla propria vita, possono indurre sentimenti d’impotenza, risentimento e conseguenti difese con comportamenti passivo-aggressivi. Spesso si attivano nei confronti delle persone che hanno un ruolo di autorità o di “successo”. Secondo Beck, il lavoro terapeutico con queste persone deve accompagnarle a identificare e modificare le credenze disfunzionali attraverso varie tecniche: Ristrutturazione cognitiva, cioè Identificare e sostituire le false convinzioni con altre più realistiche e funzionali; Sviluppare abilità di coping, cioè strategie per affrontare lo stress e le emozioni negative in modo più efficace e Addestramento all'assertività (Chiappi F. 2024).
Strategie per Affrontare i Comportamenti Passivo-Aggressivi
Quando s’incontrano comportamenti passivo-aggressivi nei vari ambienti di vita, è utile adottare strategie efficaci per gestire la situazione e migliorare le dinamiche relazionali. Ecco alcuni suggerimenti:
- Riconoscere i Segnali: il primo passo è esserne consapevoli.
- Mantenere la Calma: l’assenza d’impulsività e ostilità consente di gestire la situazione con lucidità ed evitare l’escalation del conflitto.
- Comunicazione Chiara e Diretta: esprimere i propri sentimenti e bisogni può aiutare a disinnescare i comportamenti passivo-aggressivi altrui, e una comunicazione assertiva e non accusatoria favorire un dialogo costruttivo.
- Stabilire Confini: far rispettare le proprie esigenze, essere fermi ma non aggressivi può far cessare i comportamenti manipolativi.
- Offrire Supporto e Comprensione: poiché i comportamenti passivo-aggressivi possono essere radicati in insicurezze e paure, è efficace con alcune persone offrire supporto emotivo e cercare di comprendere le motivazioni sottostanti, favorendo così una maggiore apertura e comunicazione.
- Coinvolgere un Professionista: Se i comportamenti passivo-aggressivi persistono e compromettono gravemente la relazione, può essere utile coinvolgere un professionista, come uno psicoterapeuta, per lavorare sulle dinamiche relazionali e trovare strategie di risoluzione.
Bibliografia e Sitografia
Adler, A. (1995). La conoscenza dell'uomo nella psicologia individuale. Roma: Newton Compton Editore.
Beck, A. T. (1984). Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi. Roma: Astrolabio Ubaldini.
Chiappi, F. (2024, 8 marzo). Assertività, ponte fra comunicazione efficace e relazioni salutari. ProntoProfessionista.it. https://www.prontoprofessionista.it/articoli/assertivit-ponte-fra-comunicazione-efficace-e-relazioni-salutari.html.
Ellis, A. (2015). L'autoterapia razionale-emotiva. Come pensare in modo psicologicamente efficace. Trento: Erickson.
Freud, S. (1989). L’Io e l’ES. Torino: Bollati Boringhieri.
Horney, K. (1991). Neurosis and Human Growth: The Struggle Towards Self-Realization. New York: W.W. Norton & Co.
Millon, T., et al. (2004). Personality Disorders in Modern Life. Hoboken: John Wiley & Sons.
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