Composizione della crisi da sovraindebitamento
Quali sono le procedure ricorribili da soggetti non sottoponibili alle procedure fallimentari per far fronte a una grave esposizione debitoria
La L. 3/2012 disciplina le procedure ricorribili da soggetti non sottoponibili alle procedure fallimentari per far fronte a una situazione di grave esposizione debitoria, ossia di sovranindebitamento. Con questo termine, s’intende sia la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile, sia la definitiva incapacità di adempiere ai vincoli assunti. La legge prevede tre procedure che conducono alla esdebitazione del debitore.
L’accordo di composizione della crisi. Il debitore fortemente indebitato può proporre ai suoi creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (organismi costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, avvocati, commercialisti e notai), un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti. Perché sia omologato, è necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dell’esposizione debitoria. La cognizione del giudice competente non è estesa all’opportunità dell’accordo, ma si limita alla verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge[1]. Alcuni debiti devono, però, essere integralmente soddisfatti, pena l’inammissibilità della proposta: in particolare, i crediti dichiarati impignorabili ex art. 545 c.p.c., i tributi costituenti risorse proprie della UE, l’IVA e le ritenute operate e non versate. L’accordo omologato cessa di diritto di produrre effetti se il debitore non adempie integralmente entro 90 giorni dalle scadenza previste. Inoltre, se sono stati posti in essere atti in frode ai creditori durante la procedura, esso è revocato o non omologato. Così, il Tribunale di Reggio Emilia[2] ha negato l’omologa, dopo aver accertato la costituzione di un trust caratterizzato da intenti elusivi.
Il piano del consumatore. Questo strumento mira parimenti alla ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei crediti, anche mediante la cessione di crediti futuri, quali il TFR. Solo il consumatore può essere ammesso alla procedura, ossia la persona fisica che ha assunto le obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. La giurisprudenza[3] ha recentemente precisato che il piano di sovraindebitamento è esperibile anche da imprenditori e professionisti, ove abbiano contratto obbligazioni per far fronte a esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, anche a favore di terzi, ma senza riflessi sull’attività d’impresa o professionale.
Il piano non deve essere accettato dai creditori ed è condizionato unicamente alla valutazione giudiziale circa la legittimità e la fattibilità della proposta di esdebitamento e la mancanza di colpa del consumatore nella determinazione del sovraindebitamento.
La liquidazione del patrimonio. Quest’ultima procedura è applicabile nei casi in cui non si possa ricorre al piano o all’accordo, perché il debitore sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse o perché vi abbia già fatto ricorso nei 5 anni precedenti. La Corte di Cassazione[4] ha puntualizzato che la preclusione temporale opera solo se il soggetto abbia effettivamente usufruito di una delle procedure della l.n. 3/12, non in caso di mero rigetto giudiziale della proposta. La liquidazione di tutti i beni del soggetto, nel rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 14-ter e ss., porta alla liberazione del debitore.
Infine, l’art. 16 stabilisce che costituisce reato la dissimulazione del reale stato di indebitamento, la produzione di documenti contraffatti o alterati, l’omissione di beni nell’inventario, i pagamenti in violazione dell’accordo e l’aggravamento della posizione debitoria dopo il deposito della proposta di accordo o di piano.
[1] Trib. Bergamo 31 marzo 2015.
[2] Trib. Reggio Emilia 11 marzo 2015.
[3] Cass. n. 1869/2016; Trib. Milano 16 maggio 2015.
[4] Cass. n. 1869/2016.
L’accordo di composizione della crisi. Il debitore fortemente indebitato può proporre ai suoi creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (organismi costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, avvocati, commercialisti e notai), un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti. Perché sia omologato, è necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dell’esposizione debitoria. La cognizione del giudice competente non è estesa all’opportunità dell’accordo, ma si limita alla verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge[1]. Alcuni debiti devono, però, essere integralmente soddisfatti, pena l’inammissibilità della proposta: in particolare, i crediti dichiarati impignorabili ex art. 545 c.p.c., i tributi costituenti risorse proprie della UE, l’IVA e le ritenute operate e non versate. L’accordo omologato cessa di diritto di produrre effetti se il debitore non adempie integralmente entro 90 giorni dalle scadenza previste. Inoltre, se sono stati posti in essere atti in frode ai creditori durante la procedura, esso è revocato o non omologato. Così, il Tribunale di Reggio Emilia[2] ha negato l’omologa, dopo aver accertato la costituzione di un trust caratterizzato da intenti elusivi.
Il piano del consumatore. Questo strumento mira parimenti alla ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei crediti, anche mediante la cessione di crediti futuri, quali il TFR. Solo il consumatore può essere ammesso alla procedura, ossia la persona fisica che ha assunto le obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. La giurisprudenza[3] ha recentemente precisato che il piano di sovraindebitamento è esperibile anche da imprenditori e professionisti, ove abbiano contratto obbligazioni per far fronte a esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, anche a favore di terzi, ma senza riflessi sull’attività d’impresa o professionale.
Il piano non deve essere accettato dai creditori ed è condizionato unicamente alla valutazione giudiziale circa la legittimità e la fattibilità della proposta di esdebitamento e la mancanza di colpa del consumatore nella determinazione del sovraindebitamento.
La liquidazione del patrimonio. Quest’ultima procedura è applicabile nei casi in cui non si possa ricorre al piano o all’accordo, perché il debitore sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse o perché vi abbia già fatto ricorso nei 5 anni precedenti. La Corte di Cassazione[4] ha puntualizzato che la preclusione temporale opera solo se il soggetto abbia effettivamente usufruito di una delle procedure della l.n. 3/12, non in caso di mero rigetto giudiziale della proposta. La liquidazione di tutti i beni del soggetto, nel rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 14-ter e ss., porta alla liberazione del debitore.
Infine, l’art. 16 stabilisce che costituisce reato la dissimulazione del reale stato di indebitamento, la produzione di documenti contraffatti o alterati, l’omissione di beni nell’inventario, i pagamenti in violazione dell’accordo e l’aggravamento della posizione debitoria dopo il deposito della proposta di accordo o di piano.
[1] Trib. Bergamo 31 marzo 2015.
[2] Trib. Reggio Emilia 11 marzo 2015.
[3] Cass. n. 1869/2016; Trib. Milano 16 maggio 2015.
[4] Cass. n. 1869/2016.
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