Concordato fallimentare: una soluzione della crisi


Il concordato fallimentare rappresenta l'unica soluzione quando la gravità della crisi sembra non consentire più alternative
Concordato fallimentare: una soluzione della crisi
Il concordato fallimentare è una procedura di chiusura del fallimento, su attivazione del fallito, dei creditori, del curatore o di un qualunque soggetto terzo. L’istituto, regolato dagli artt. 124 - 141 l.f., prevede che uno dei soggetti citati possa formulare ai creditori della procedura concorsuale (fallimento o liquidazione coatta amministrativa) una proposta, indicando analiticamente i termini dell’accordo. Il contenuto, in particolare, prevedrà l’acquisto dell’attivo della procedura a fronte di un corrispettivo che verrà corrisposto ai creditori, nel rispetto di ben preordinati vincoli stabiliti dalla normativa fallimentare.

La proposta di concordato fallimentare si configura come una proposta unilaterale, avanzata dal proponente ai creditori per l’accettazione. Ottenuto il parere del curatore e l’assenso del comitato dei creditori, la proposta viene posta al voto dei creditori, secondo il meccanismo del silenzio assenso. Una specifica procedura è stabilita nel caso di liquidazioni coatte amministrative di cooperative, in questo caso l’organo di riferimento è il Ministero dello Sviluppo e non è previsto il voto dei creditori, per i quali è prevista solo la facoltà di opposizione al concordato, se omologato.
In caso di approvazione e successiva omologa, l’accordo diviene efficace verso i terzi, anche nei confronti di assenti e dissenzienti.
La riforma del diritto fallimentare del 2004 - 2006, inoltre, ha innovato quasi completamente questo istituto, rendendolo estremamente flessibile e aperto alle più varie formule di proposta.

​I principali soggetti interessati alla risoluzione della crisi d’impresa mediante un concordato fallimentare sono i soci, gli amministratori e i consulenti di un'impresa che versi in una crisi "grave", ovvero una situazione dove, in senso stretto, ogni soluzione deflattiva del debito meno invasiva non è sostenibile. Solo questa soluzione offre infatti una rilevante defalcazione della massa debitoria dell’azienda.

Generalmente l'imprenditore e gli organi sociali, amministratori e organo di controllo, sono indotti a esplorare la soluzione della ristrutturazione dei debiti (art. 67 l.f.) o della proposta di concordato preventivo (art. 160 l.f.), senza considerare realisticamente gli effetti della riduzione dei debiti o la effettiva sostenibilità del piano del concordato.

Nel primo caso, una insufficiente riduzione del carico debitorio non permette all’azienda di sopravvivere e ripartire, rimanendo gravata da eccessivi impegni finanziari. Nel secondo, un piano liquidatorio eccessivamente ottimistico non porta a una positiva conclusione della liquidazione programmata. In entrambi i casi le soluzioni, all’apparenza migliori, non determinano invece gli effetti desiderati.

Il vero cardine su cui si deve incentrare la decisione è un serio e credibile piano economico finanziario, che preveda un esame analitico sul piano della liquidazione degli attivi, nel caso di un concordato liquidatorio, o sul piano industriale di rilancio, nel caso di un concordato in continuità. Troppo spesso invece, l’unica attenzione è rivolta al rilascio del "piano attestato" del professionista, richiesto dalla legge fallimentare a supporto della proposta, ma che ex post si rivela viziato da eccessivo ottimismo.

La conseguenza di un’operazione di ristrutturazione del debito insufficiente porta, in un tempo più o meno breve, ad una nuova crisi finanziaria, ad un incaglio della procedura di liquidazione, o a entrambe le cose, fino alla successiva dichiarazione di fallimento.

Queste le fattispecie tipiche in cui quasi sempre l’unico intervento ipotizzabile è il concordato fallimentare:
· Oggettiva e incombente impossibilità di proseguire l’attività, a causa si un molteplice avvio di azioni di rientri bancari, di azioni o cause da fornitori, di decreti ingiuntivi, di interruzioni di rapporti con i fornitori core, ecc.
· contesto pre fallimentare , con istanze di fallimento pendenti, iscrizione di ipoteche o pegni, ecc.
· Concordato preventivo impossibilitato a proseguire o a rischio di revoca;
· Fallimento già dichiarato

In sintesi quindi, il concordato fallimentare è una procedura che si rende attivabile quando la gravità della crisi sembra non consentire più alternative e può rappresentare un’utile soluzione, se non l’unica, alla chiusura del fallimento o al rilancio dell’azienda.

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di Dott. Francesco Perini

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