Condono, spetta al privato dimostrare la proprietà dell'area


Il Consiglio di Stato stabilisce che è onere del privato dimostrare la piena proprietà dell'area dove sono stati realizzati gli abusi edilizi
Condono, spetta al privato dimostrare la proprietà dell'area

Condono edilizio di un immobile realizzato su un’area demaniale

Spetta sempre al privato dimostrare la sussistenza dei requisiti per accedere alla sanatoria edilizia e mai all’amministrazione procedente. Così il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2786/2021 con la quale si affronta il caso di un diniego alla sanatoria edilizia di un immobile che era stato realizzato su un terreno che apparteneva al demanio dello stato.

In particolare la vicenda, portata all’attenzione dei giudici di palazzo spada, riguardava la realizzazione di un bar-ristorante e di un vero e proprio stabilimento balneare su una porzione di terreno ricadente nel demanio marittimo dello stato, gestito in virtù di poteri sub delegati dall’ente locale.

Già in prima facie il Comune aveva respinto la domanda di condono appurato che il richiedente non avesse mai conseguito con qualsiasi atto idoneo la titolarità giuridica dell’area. In particolare infatti i fabbricati oggetto della domanda di sanatoria edilizia insistevano su di un area che apparteneva al demanio pubblico statale in quanto arenile.

Il prefato diniego veniva impugnato dinanzi al T.a.r. che respingeva il ricorso sul presupposto che “la dichiarazione resa dal richiedente in ordine alla proprietà dell’area esimesse la pubblica amministrazione da ogni indagine in ordine alla titolarità della stessa e che la istanza di rilascio della concessione demaniale risalente al 1996 non fosse comunque idonea a superare il motivo del diniego, dato che la concessione avrebbe dovuto essere sussistente al momento della presentazione dell’istanza di condono".  

In sostanza i giudici di primo grado anticipano quello che è il principio che sarà espresso dal Consiglio di Stato in sede di gravame e dinanzi al quale il proprietario agisce per l’integrale riforma della sentenza impugnata sul presupposto che fosse onere dell’ente procedente fornire prova circa la mancata titolarità giuridica dell’area oggetto della costruzione non assentita.  

Sul punto specifico il Consiglio di Stato dice invece che l’onere della prova in ordine ai requisiti per accedere alla sanatoria spetta esclusivamente al privato e che dunque non spetta assolutamente all’ente porre in essere approfondimenti circa la titolarità dell’area visto che il Comune è semplicemente a verificare dal punto di vista formale la presenza di una dichiarazione di disponibilità dell’area.

Al fine di pervenire a tale principio il Consiglio di Stato prende in considerazione la legge 47/85 alla luce della quale "per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della sanatoria edilizia è subordinato alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dal leggi statali o regionali vigenti, l’uso del suolo su cui insiste la costruzione”.

Nel caso di specie non vi era mai stata concessione all’uso del suolo, e la predetta circostanza non era stata mai contestata dal privato. Smontata anche la tesi avanzata dal privato in sede di gravame, secondo la quale si fosse formato il silenzio assenso sulla richiesta di utilizzo del suolo demaniale. I giudici respingono il ricorso sull’ulteriore presupposto che l’istituto del silenzio assenso “non opera nei confronti di richieste relative all'uso di beni pubblici per le quali è preminente l'esigenza di garantire all'autorità concedente la possibilità di verificare la conformità dell'uso privati rispetto all'interesse pubblicato correlato al bene demaniale"

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di Avv. Vincenzo Lamberti

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