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Conoscere e prevenire i disturbi del comportamento alimentare


Conoscere la complessità dei disturbi del comportamento alimentare, i fattori di rischio e protettivi e come superarli
Conoscere e prevenire i disturbi del comportamento alimentare

 

La complessità dei disturbi del comportamento alimentare

Le cause da cui derivano i disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata) sono multidimensionali e spesso nascono dall’integrazione di diversi fattori:

- dimensione individuale: incapacità di esprimere verbalmente sentimenti, desideri, paure, emozioni in genere e il bisogno di essere approvati per le forme corporee; l’eccessivo bisogno di dipendenza e l’ambivalenza nel desiderio di affermazione (bul.); la scissione comportamentale tra dipendenza e ribellione; la percezione distorta del proprio corpo e un senso di inadeguatezza relazionale e corporea; l’impressione di non essere padroni della propria vita e del proprio destino; il sentimento di bassa autostima per un miraggio di perfezione inesaudibile; la mancanza di un sviluppo armonico dell’autonomia affettivo-relazionale e dell’identità personale;

- familiare: invischiamento nel rapporto tra madre e figlia (amore preoccupato); madre iperprotettiva e padre periferico; difficoltà a comunicare a livello emotivo e attenzione eccessiva al fisico; il cibo (digiuno o restrizione) ha un ruolo strumentale per richiedere l’attenzione affettiva; un contesto familiare in cui c’è difficoltà a comprendere ed esprimere le emozioni proprie e altrui e chiusura emotiva; da una parte controllo nella relazione con i familiari dall’altra dipendenza e solitudine;

- socio-culturale: clima di competizione alla ricerca del modello corporeo e culto della magrezza; significato eccessivo e quasi esclusivo all’immagine e all’apparenza per avere successo; stimolo dei mezzi di comunicazione di massa al raggiungimento di patologici ideali fisici; cultura del giudizio e della violenza (fisica e verbale); società moderna in cui non viene contemplata la realtà della vita (ma solo astrazione): gioia, amore, beatitudine ma nel contempo dolore, sofferenza e perdite.

Quindi il fenomeno psicopatologico dei DCA è caratterizzato da una complessità di aspetti:

1. EDUCATIVO-PREVENTIVO

2. DIAGNOSTICO

3. MOTIVAZIONALE

4. TERAPEUTICO-RIABILITATIVO

5. INTER- MULTI-DISCIPLINARE (educativo, medico-internista, psicologico, nutrizionale e psichiatrico).

Sul piano preventivo bisogna comprendere bene i fattori di rischio, i fattori di mantenimento, i fattori protettivi, il motivo per cui i pazienti DCA utilizzano in modo strumentale il cibo e l’importanza dell’educazione alle emozioni nella prima età scolare.

 

I fattori di rischio

1. Essere grassi in età infantile ed essere esposti a derisione ripetute e dolorose per li stigma sociale dell’obesità;

2. Difficoltà ad integrarsi con il proprio bagaglio emotivo e la riduzione dei contatti sociali sino ad isolarsi;

3. Una rimuginazione mentale di tipo ossessivo intorno al tema peso-cibo-calorie che occupa quantità di tempo crescenti tra gli adolescenti;

4. Esperienze precoci di abusi e separazioni in famiglia che non vengono elaborate in età infantile o adolescenziale;

5. Spinta mediatica alla magrezza e ai modelli fisici disfunzionali.

 

Tra i fattori di rischio precipitanti abbiamo:

1. Morte di una persona cara;

2. Abuso fisico;

3. Abuso sessuale;

4. Malattia grave di una persona cara;

5. Impegno scolastico intenso;

6. Commenti critici per alimentazione;

7. Giudizio interno critico sull’immagine corporea;

8. Valore di sé legato soltanto al controllo delle forme corporee e del peso;

9. Senso di abbandono psicologico o interruzione di una relazione sentimentale.

 

I fattori specifici di mantenimento:

1. Perfezionismo clinico (Il perfezionismo diventa un modo per controllare i propri fallimenti (infatti per queste pazienti vivere un fallimento abbassa l’autostima) e per restare nella propria ossessività corporea con scarso senso di realtà;

2. Bassa autostima nucleare (amarsi e accettarsi per quello che si è e non ottenere continuamente l’approvazione degli altri per sentirsi esistere);

3. Intolleranza alle emozioni (attenzione eccessiva a mentalizzare qualsiasi vissuto e non riuscire ad ascoltare, riconoscere e manifestare le proprie emozioni: alexitimia);

4. Problemi interpersonali (tendenza ad isolarsi per paura di essere giudicati negativamente).

 

I fattori protettivi

1. Avere uno stile di vita sano (alimentazione regolare, buoni relazioni di attaccamento, attività piacevoli, avere diversi interessi e sostegno comunitario);

 2. Avere una buona stima di sé (autostima, assertività, auto-efficacia, empowerment personale) e una relazione sana con il proprio sé corporeo;

3. Buone capacità nei rapporti sociali e sessuali (relazioni con i coetanei, gli adulti e la propria sessualità;

4. Capacità di affrontare frustrazioni e momenti di difficoltà e imparare a gestire le emozioni durante il ciclo vitale;

5. Pensiero critico e capacità di conoscere e analizzare pressioni mediatiche e contesto comunitario.

 

Educazione alle emozioni e il cibo come funzione naturale

Per quanto riguarda la prevenzione un'importante considerazione meritano le esperienze emozionali e soprattutto l’educazione alle emozioni che va accompagnata ad una significativa educazione alimentare.

Ma che cosa sono le emozioni e perché privilegiare questa strada? Le emozioni, dunque, sono reazioni improvvise determinate da uno stimolo ambientale che coinvolge tutta la persona provocando modificazione di componenti fisiologiche e neurovegetative (il corpo), cognitive (la mente), comportamentali (le azioni).

Le emozioni ci consentono di conoscere: ciò che accade (adattamento alla realtà); ciò che vogliamo (bisogni e desideri) ciò che per noi è importante (valori).

Nelle famiglie con DCA è spesso controllato o evitato qualunque tipo di espressione emotiva e, quindi, i genitori tendono a ridefinire le reazioni emotive dei figli in modo controllato (“non piangere devi essere forte, non fare così non c’è da arrabbiarsi”).

In questo clima familiare dove domina il controllo sulle emozioni l’adolescente si costruisce uno spazio personale dove non fa entrare nessuno (controllo ossessivo sul proprio corpo e isolamento sociale) per attirare l’attenzione.

L’isolamento sociale porta a non partecipare ad altri interlocutori i propri pensieri e sentimenti e soprattutto al non superamento dell’egocentrismo infantile. Quest’ultimo, infatti, si traduce esclusivamente nel bisogno assoluto di essere approvati per le forme corporee e non per quello che si sa fare o si è.

La difficoltà maggiore di adolescenti con questo tipo di disturbo è quello di dare un nome e un significato personale a tutta quella gamma di emozioni che sono i maggiori strumenti di conoscenza che possediamo per crescere e fare esperienza affettivo-relazionale.

Venendo a mancare un contatto emotivo la Paziente DCA ricorre ad un controllo ossessivo sul proprio corpo e la perfezione diventa l’unica soluzione per ricevere giudizi favorevoli. Il perfezionismo diventa un modo per controllare i propri fallimenti (infatti per queste pazienti vivere un fallimento abbassa l’autostima) e per restare nella propria ossessività corporea con scarso senso di realtà. Il cibo diventa per le anoressiche uno strumento di ricatto verso i genitori; il cibo per le bulimiche è un modo per recuperare un solitario piacere (che però è compulsivo) o per riempire l’insoddisfazione, la noia, la solitudine e la rabbia.

La restrizione alimentare (stile anoressico) o la difficoltà a controllare gli impulsi (condotta bulimica) spiegano come la funzione disfunzionale del cibo (per mancanza o per eccesso) non permette di vivere e scambiare emozioni e quindi un attaccamento sicuro (non ambivalente).

Quindi, è necessario fare un lavoro educativo su due canali di esperienza: emotiva ed alimentare in modo che il bambino possa imparare a riconoscere, regolare ed esprimere le emozioni con gli altri e riconoscere con l’aiuto degli adulti la fame fisiologica differenziandola da quella psicologica e migliorare la consapevolezza dei bisogni affettivo-relazionali.

 

"Apprezzarsi per esserci,
guardarsi dentro per scoprirsi,
fare esperienza per crescere,
partecipare per sentirsi appartenenti,
emozionarsi per vivere".

Antonello Chiacchio

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