Dubbi sull'applicabilità dell’Ecobonus al 110%


L’Ecobonus 110% è la misura dal decreto Rilancio che suscita maggiore interesse tra gli addetti ai lavori, ma sono diversi i dubbi emersi sull'applicabilità
Dubbi sull'applicabilità dell’Ecobonus al 110%

L’Ecobonus 110% è la misura anticipata dal decreto Rilancio che sta suscitando il maggiore interesse tra gli addetti ai lavori e non solo. In attesa dell’approvazione della Legge, che arriverà a metà Giugno, sono diversi i dubbi che i professionisti hanno evidenziato leggendo le bozze pubblicate fino ad ora.

L’ambiziosità del provvedimento mira a migliorare il vetusto parco immobiliare italiano, composto da edifici a basse prestazioni termiche e dai consumi elettrici molto elevati.

Da questo punto di vista, se si riuscisse a intervenire sulla maggior parte degli edifici ante 1976, l’Italia farebbe un enorme balzo in avanti nel campo dell’efficienza energetica e della riduzione delle emissioni nocive. Finalmente si recupererebbe il gap che divide l’Italia dagli altri stati europei e si imprimerebbe un’accelerazione al processo di decarbonizzazione, impulso necessario se si vogliono raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2030 ed il 2050.

Legare la detrazione al miglioramento della classe energetica andrebbe proprio in questa direzione: salire di una classe in un Attestato di Prestazione Energetica, certificata da un tecnico abilitato, vorrebbe dire grosso modo dimezzare l’impronta energetica, salire di un’altra classe ancora vorrebbe dire dimezzare una seconda volta questi consumi; questo significherebbe ridurre al 25% i consumi post intervento.

Migliorare di due classi, però, è un obiettivo realisticamente raggiungibile solo per gli immobili più vetusti, che sono appunto quelli che hanno più bisogno di migliorie, parliamo di immobili di classe energetica molto bassa, tipo classe G.  Per questo genere di immobili, già semplicemente cambiando la caldaia e adottando sistemi di regolazione del calore per ogni stanza con valvole termostatiche, si potrebbe garantire un buon salto di efficienza.

Fin qui, dunque, le misure del Decreto Rilancio in materia di energia sembrano poggiare su basi solide e condivisibili, è necessario però fare alcune considerazioni di tipo pratico.

Ad oggi, la finestra temporale per l’esecuzione dei lavori è stata fissata in 18 mesi, a partire dal 1° Luglio 2020 fino al 31 Dicembre 2021. Per molti professionisti questo è un primo campanello d’allarme. Conoscendo le tempistiche per avviare interventi di questo tipo ed i problemi che possono nascere in fase assembleare, trattandosi di lavori che richiedono tempi di approvazione medio lunghi e diverse assemblee condominiali, si rischia che il procedimento possa ingolfarsi ancor prima di partire. Fortunatamente pare che questo primo campanello di allarme sia stato recepito e, secondo le ultime voci, il margine potrebbe allungarsi includendo tutto il 2022.

Durante il webinar dal titolo “Superbonus al 110%: case verdi e sicure per città sostenibili”, organizzato dall'Ance, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Riccardo Fraccaro, ha evidenziato le potenzialità e le scelte strategiche legate al nuovo bonus. “Il bonus al 110% per la riqualificazione energetica è uno strumento che nasce per dare un sostegno forte all'economia e all'edilizia. Sarebbe importante riuscire a estenderlo al 2022 – ha dichiarato il Sottosegretario – per utilizzarlo anche per l’abbattimento e la ricostruzione. Se lavoriamo tutti bene a Novembre, con la legge di bilancio, potremo aver dimostrato che questa impostazione keynesiana orientata alla sostenibilità è la strada da percorrere”.

La proroga di ulteriori 12 mesi sarebbe una manna dal cielo per tutti gli attori che entreranno nel processo di riqualificazione degli immobili. In particolare sarebbe utile per gestire i rallentamenti che potrebbero sopravvenire in tutte quelle situazioni particolari, ma molto frequenti, di edifici o immobili che presentano difformità o che richiedono tempistiche più lunghe come, ad esempio, nullaosta paesaggistici. Per questo motivo sarebbe opportuno dilatare ulteriormente le tempistiche di ulteriori 24/36 mesi, a costo di ridurre il bonus al 80-90%, e permettendo una migliore gestione degli “imprevisti”, per far sì che la spinta propulsiva sull’economia e sul patrimonio edilizio italiano sia veramente consistente ed efficace.

Secondo aspetto da non sottovalutare sarà quello relativo alla parte economica del provvedimento sul comparto edilizio; il rischio è che, di fronte a una crescita esponenziale delle richieste, le aziende medio-piccole non siano in grado e pronte a sopperire alla domanda, a causa di problemi di capitalizzazione e accesso al credito.

Malgrado la cessione del credito alle banche sia già possibile per gli incapienti, solo alcune banche hanno attivato prodotti finanziari per la cessione del credito per le aziende che eseguono lavori con i bonus o lo sconto in fattura ed inoltre. Come se non bastasse, si attende che l’Agenzia delle Entrate pubblichi la circolare per rendere operativa la cessione del credito.

Realisticamente parlando quindi, quanto tempo ci metteranno le banche ad attrezzarsi per fornire strumenti finanziari ad hoc? Come successo in passato, faranno economia di questo genere di prodotti?

La platea di imprese che verosimilmente potrà permettersi di anticipare le spese sarà fortemente ridimensionata e solo quando gli istituti di credito si saranno adeguati, non prima di qualche mese, si potrà sopperire alla crescente domanda per gli interventi che sfrutteranno l’Ecobonus al 110%.

Stesso discorso per le procedure di eventuale cessione dello sconto in fattura. Quanto tempo ci vorrà per metterla a punto?

Anche in questo caso, nella migliore delle ipotesi, l’impresa sarebbe chiamata ad anticipare l’intera spesa per l’intervento, pagandolo di tasca propria o facendosela finanziare dai fornitori.

Se tutto l’intervento andasse in cessione, come prevede il Decreto, la richiesta di supporto finanziario crescerebbe di gran lunga ad oltre la metà del fatturato, se non addirittura sul 100%, rendendo gli interventi di efficientamento insostenibili dal punto di vista economico. Questo aspetto rischia di mettere in ginocchio l’intero sistema dell’offerta, dato che l’impresa non incasserebbe un solo euro dal cliente perdendo in liquidità, e l’attuazione degli interventi sarebbe legata esclusivamente agli istituti che gestiranno la cessione del credito.

Come già successo per la questione dello sconto in fattura, il mercato delle ristrutturazioni rimarrebbe nelle mani delle grandi aziende, quelle che sono in grado di anticipare somme consistenti, aziende però che non sono né pronte né interessate a questo genere di interventi.

Alla luce di quanto detto è prevedibile un blocco iniziale di molti mesi del mercato, da una parte ci sarà una forte domanda e dall’altra l’impossibilità di garantire al cliente finale tutti gli incentivi previsti dal decreto, a patto che non sia lo stesso cliente a detrarsi le spese.

Infine cruciale sarà evitare il rischio di accordi al rialzo tra committente e fornitore d’opera. La proposta di Fraccaro prevede l’obbligo di stipula di una polizza assicurativa che copra dal rischio di contestazione delle congruità costi/lavori in fase di controllo.

Questa sarebbe una garanzia cruciale per il funzionamento dello sconto in fattura con cessione del credito: è logico e intuitivo che chi accetta il credito, dovrà tutelarsi per non essere coinvolto in eventuali future contestazioni.

È chiaro quindi che al momento, alla luce di queste osservazioni, il Decreto sia difficilmente applicabile e ponga diversi ostacoli agli interventi di efficientamento, a patto che, durante l’approvazione parlamentare, non si intervenga per eliminare e correggere questi aspetti ostacolanti.

 

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di arch. Salvatore Erbì

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