Controlli troppo ciò che mangi? Colpa dell'ansia


Ansia ed inquietudini spesso finiscono nel piatto facendo del cibo uno strumento compensatorio e non più un nutrimento
Controlli troppo ciò che mangi? Colpa dell'ansia
Intorno al mondo del cibo ruotano una serie di fattori, emotivi, psicologici, sensoriali, esperienziali che ci portano ad amare una determinata pietanza e ad odiarne altre, ad assaggiare incuriositi cibi nuovi o a scegliere sempre gli stessi gusti. Il cibo è convivialità, socializzazione, condivisione ma in una parte rilevante è soprattutto un’esperienza individuale, che dice molto su noi stessi e sul rapporto che abbiamo con il nostro mondo interiore e con il nostro corpo.
Ad esempio secondo alcuni studiosi delle dinamiche alimentari il bisogno di controllo influisce molto sull’esordio e mantenimento dei disturbi alimentari. Ciò che porta l’individuo ad esercitare un controllo esasperato su tutto il proprio mondo è un’immagine negativa di sé che si cerca di modificare attraverso un perfezionismo esasperato ed un’attenzione particolare all’immagine corporea.

Diversi studi hanno evidenziato che in individui con scarsa autostima ed alti livelli di perfezionismo, il bisogno di controllo è centrale nello sviluppo e nel mantenimento di disturbi di tipo alimentare. Questo tipo di controllo è legato alla ricerca di una soluzione alla paura della vita e del mondo che pervade i pazienti affetti da disturbi alimentari, controllare ciò che si ingerisce con lo scopo di cercare una possibilità di gestione del turbamento interiore, l’illusione di conoscere sempre la "misura" degli eventi che spaventano. Il controllo dunque del cibo, del peso, del proprio corpo, diventa una base sicura e certa rispetto all’imprevedibilità della vita e degli eventi del mondo, rappresenta l’illusione di poter gestire il mondo esterno così come si gestisce il cibo al fine di evitare "l’imprevisto", l’elemento che destabilizza e genera ansia e inquietudine.
Tale illusione è rinforzata ogni qual volta si riesce a rientrare in questo schema di controllo e trarne gli effetti previsti, come ad esempio il dimagrimento, ma allo stesso modo è devastante quando invece non si riesce ad adempiere alla propria idea di gestione ossessiva, minando ancor di più il senso di autostima ed autoefficacia.

Controllare il cibo dunque significa controllare il proprio peso, il proprio corpo, lo spazio che si occupa nel mondo, il modo di essere nel mondo, l’immagine che si vuole dare di sé, offrendo agli altri quella che nella propria mente è l’immagine migliore e più accettabile. Indubbiamente il cibo si presta facilmente a questi scopi perché non è sottoposto a nessuna variabile se non la scelta che l’individuo fa delle cose da mangiare e, soprattutto, delle quantità. Il controllo esercitato rimanda al soggetto tranquillità e serenità rispetto al fatto che tutto va come lui vuole che vada, nell’illusione che gli eventi si possano controllare così come si fa col cibo, agendo così secondo un’ottica difensiva e preventiva di riduzione del danno, piuttosto che di ricerca di beneficio.
Il controllo esterno tiene a bada ansie e paure interne che altrimenti prevarrebbero gettando il soggetto nello sconforto. Spesso non è facile accorgersi che si è superato il limite fra una sana attenzione a ciò che si mangia e un ipercontrollo del cibo finalizzato alla gestione di emozioni e vissuti interiori, per questo è necessario rivolgersi agli esperti.

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di Dott.ssa Amati Maria

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