Corte di Cassazione a Sezioni Unite sul divieto di maternità surrogata


Stop alla trascrizione in Italia degli atti dello stato civile di Stati che all’estero riconoscono la qualità di genitori a chi abbia praticato la maternità surrogata
Corte di Cassazione a Sezioni Unite sul divieto di maternità surrogata

Le Sezioni in cui si articola la Corte di Cassazione decidono adottando orientamenti potenzialmente anche diversi sulla medesima tipologia di questioni esaminate. In vista dell'uniforme applicazione della legge è prevista una speciale procedura mediante la quale la Cassazione decide a Sezioni Unite ossia regolando ipotesi tra loro omogenee, con un orientamento univoco e, perciò, particolarmente stabile.

E’ questo il caso di una decisione, la n. 12193 del 08 maggio 2019, intervenuta su una materia di estrema delicatezza, come la maternità surrogata.

L’intervento si è determinato in seguito a un iniziale «ricorso alla Corte d'appello di Trento, per sentir riconoscere, ai sensi della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 67, l'efficacia nell'ordinamento interno del provvedimento emesso il 12 gennaio 2011 dalla Superior Court of Justice dell'Ontario (Canada), con cui era stato accertato il rapporto di genitorialità tra il R. ed i minori, e per sentirne ordinare la trascrizione negli atti di nascita di questi ultimi da parte dell'ufficiale di stato civile del Comune di Trento».

Poiché «l'ufficiale di stato civile, con atto del 31 maggio 2016, aveva rifiutato di trascrivere quello oggetto della domanda, con cui era stata riconosciuta la cogenitorialità del R. e disposto l'emendamento degli atti di nascita» la Corte d’Appello di Trento, all’uopo interpellata, «con ordinanza del 23 febbraio 2017» ha accolto la domanda.

Materia del contendere nelle situazioni proprie della tipologia di quella in oggetto è sempre la possibilità o meno di riconoscere l'efficacia in Italia del provvedimento straniero sul presupposto della sua compatibilità con l’ordine pubblico internazionale.

Su questo argomento si fonda, tra gli altri, il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, dal Ministero dell'interno e dal Sindaco di Trento alla Corte di Cassazione avverso la citata ordinanza, la quale aveva ritenuto conforme all’ordine pubblico «il provvedimento con cui il Giudice canadese» che riconosceva a M.C. ed A., già dichiarati figli di M.L., il medesimo status nei confronti di R.R. «con il quale i minori non hanno alcun legame biologico».

L’ordinanza si era fondata su principio espresso dalla pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I, del 30 settembre 2016, n. 19599, che, tuttavia, riguardava «un minore generato da due donne, a ciascuna delle quali egli risultava legato da un rapporto biologico, in quanto una di esse lo aveva partorito, mentre l'altra aveva fornito gli ovuli necessari per il concepimento mediante procreazione medicalmente assistita», restandosi sostanzialmente nel quadro della fecondazione artificiale eterologa.

Quindi, nulla che abbia a che vedere con il caso ci occupa, riconducibile, invece, alla surrogazione di maternità, laddove «una donna presta il proprio corpo (ed eventualmente gli ovuli necessari al concepimento) al solo fine di aiutare un'altra persona o una coppia sterile a realizzare il proprio desiderio di avere un figlio, assumendo l'obbligo di provvedere alla gestazione ed al parto per conto della stessa, ed impegnandosi a consegnarle il nascituro» oltre che a rinunciare preventivamente a qualsiasi diritto nei confronti dei minori, in un quadro di totale assenza di legame biologico tra il sedicente genitore e il nato dichiarato nel certificato di nascita.

La corte di Cassazione ha ravvisato nell'ordinanza impugnata un essenziale errore commesso nel seguire il ragionamento seguito dalla Sezione I, 19599/2016 che, invece, per i motivi sopra spiegati, non è «suscettibile di estensione al caso in esame, il cui unico punto di contatto con la fecondazione eterologa è rappresentato dall'estraneità alla coppia di uno dei soggetti che hanno fornito i gameti necessari per il concepimento, dal momento che la gestazione ed il parto non hanno avuto luogo nell'ambito della coppia, ma con la cooperazione di un quarto soggetto» e, per queste ragioni, la Corte, a Sezioni Unite, ha cassato l’ordinanza impugnata decidendo anche nel merito della questione che ne costituiva l'oggetto.

Ma la sentenza segna un decisivo passo avanti anche nella direzione propria del rapporto tra normativa di diritto interno e normativa internazionale, in questi ultimi anni, talvolta, contrassegnata da un’immotivata sudditanza della prima rispetto alla seconda quando, invece, come precisato dalla Corte, appunto a Sezioni Unite, ossia in modo tale che su questo punto non vi sia più difformità di orientamento, vi è «un profilo importante della valutazione di compatibilità, rimasto forse in ombra nelle enunciazioni di principio delle precedenti decisioni, ma dalle stesse tenuto ben presente nell'esame delle fattispecie concrete, ovverosia la rilevanza della normativa ordinaria, quale strumento di attuazione dei valori consacrati nella Costituzione, e la conseguente necessità di tener conto, nell'individuazione dei principi di ordine pubblico, del modo in cui i predetti valori si sono concretamente incarnati nella disciplina dei singoli istituti».

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di Giuseppe Mazzotta

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