Corte europea dei diritti dell’uomo


L’indennizzo ex legge Pinto è dovuto anche in caso di mancata presentazione della istanza di prelievo.
Corte europea dei diritti dell’uomo
L’indennizzo ex legge Pinto è dovuto anche in caso di mancata presentazione della istanza di prelievo: la CEDU sconfessa, sul punto, l’impianto della l. di stabilità 2016.
Corte europea dei diritti dell’uomo - sez. I, sent. 25 febbraio 2016; ricorsi: 17708/12, 17717/12, 17729/12, 22994/12).
Lo strumento dell’istanza di prelievo non costruisce un mezzo di tutela effettivo ai sensi dell’art. 13 della Convenzione, idoneo a garantire l’effettiva accelerazione dei processi.
Anche in caso di mancata presentazione dell’istanza di prelievo, sussiste la violazione dell’art. 6 della Convenzione quando il processo amministrativo eccede la sua ragionevole durata.
Il caso in esame riguardava varie richieste di indennizzo ex l. Pinto, presentante in relazione a giudizi, durati oltre 18 anni, incardinati dinanzi al Tar Campania.
La Corte d'Appello di Napoli e la Corte di Cassazione avevano dichiarato detti ricorsi irricevibili poiché, durante il giudizio amministrativo, i ricorrenti non avevano presentato alcuna istanza di prelievo.
Come è noto, infatti, il nuovo testo dell’art. 54, comma 2, del decreto legge n. 112 del 2008 LINK, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo, anche per il periodo anteriore, alla presentazione, nell’ambito del giudizio presupposto, dell’istanza di prelievo.
I ricorrenti denunciavano quindi la violazione dell’art. 13 e 6 della Convenzione, sostenendo che lo strumento dell’istanza di prelievo non costituisse un rimedio effettivo contro le violazioni dei diritti umani, ai sensi dell’art. 13 della Convenzione.
La Corte ha rilevato che la presentazione dell’istanza di prelievo non garantisce in modo efficace l’accelerazione di una decisione sul caso davanti al tribunale. La Corte osserva, inoltre, che nessuno strumento per garantire un tale effetto è fornito dal sistema nazionale. (si veda, al contrario, Olympiaki Techniki c. Grecia (dec.), N ° 40547/10 1 ottobre 2013 e Grzinčič c Slovenia, No. 26867/02, § 87-88, 3 maggio 2007. Xynos vedi sopra, § 38 e Sürmeli citata, §§ 106-108).
Le norme mostrano infatti che il Presidente del Tar ha una semplice facoltà di anticipare la trattazione dell’udienza, a seguito della presentazione dell’istanza di prelievo, e che, nella prassi giudiziaria, il periodo di tempo che intercorre tra la presentazione dell’istanza di prelievo e la fissazione delle cause per le quali è chiesta l’istanza sembra dipendere in maniera aleatoria dalle politiche di priorità di ciascun TAR.
Pertanto, la Corte ha ritenuto che la procedura per ottenere la riparazione della irragionevole durata del processo amministrativo, derivante dalla lettura combinata della legge Pinto e dell’art. 54, comma 2 del d.l. n.112/2008 (il quale condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo ex legge Pinto alla presentazione appunto dell'istanza di prelievo) non possa essere considerata uno strumento di tutela effettivo, ai sensi dell’art. 13 della Convenzione, il quale cioè è in grado di evitare il verificarsi o il proseguimento della violazione presunta o "fornire un adeguato risarcimento per qualsiasi violazione che si era già verificata".
Anzi, secondo la Corte, la necessaria presentazione della istanza di prelievo ai fini ammissibilità di una "Pinto" sarebbe una mera condizione formale, che avrebbe l'effetto solo di ostacolare l'accesso ai procedimenti "Pinto".
Con riferimento alla eccezione del Governo italiano della strumentalità dei giudizi in questione, in quanto manifestamente infondati, e all’assenza di un genuino interesse delle parti alla loro conclusione, se non in vista dell’ottenimento dell’indennizzo ai sensi della legge Pinto, la Corte si è limitata a rilevare che essi avevano presentato due istanza di fissazione nei giudizi presupposti e che avevano poi adito prima la Corte d’appello e poi la Cassazione, così dimostrando l’esistenza del loro interesse alla conclusione del procedimento.
La Corte ha quindi riconosciuta l’esistenza di una violazione dell’art. 6 della Convenzione e condannato lo Stato italiano a 22.000 euro per ciascun ricorrente a titolo di danno morale.
La pronuncia incide in modo dirompente sull’assetto ordinamentale nazionale in materia di indennizzo della violazione del termine di ragionevole durata dei processi amministrativo, facendo cadere il principio della necessaria presentazione dell’istanza di prelievo come condizione di ammissibilità dell’istanza di indennizzo ex legge Pinto.
Si tratta di una decisione che sembra destinata anche a sconfessare il fondamento su cui poggiano le recenti norme introdotte con la legge di stabilità 2016 (nr. 208 del 28.12.2015) ispirate alla finalità di "razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi".
L’art. 1-bis co. 1° della legge Pinto, riformata nel 2015, prevede infatti l’indennizzo possa essere in taluni casi condizionato all’esperimento di rimedi preventivi alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo (rimedi ritenuti ammissibili da Corte EDU Techniki Olimpiaki A.E. contro Grecia 1.10.2013, ricorso 40547/10, pagg. 13 ss.).
Per il processo amministrativo (nuovo art. 1-ter co. 3°) tale rimedio preventivo è costituito proprio dall’istanza di prelievo con la quale la parte segnala l’urgenza del ricorso, prevista dall’art. 71 cpv. c.p.a., e in precedenza dall’art. 51 R.D. 642/07.
Tuttavia proprio sul punto della riconducibilità di tale strumento ai rimedi preventivi, di cui alla sentenza Corte EDU Techniki Olimpiaki A.E. contro Grecia 1.10.2013, la pronuncia in commento sembra avere un avviso completamente opposto.

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di avv. Mariagrazia Caruso

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