Counseling: un nuovo approccio per il ben-essere
Il Counseling, termine che deriva dal verbo inglese “to counsel” cioè “consigliare”, in realtà nulla a che fare col dare consigli, bensì indica quella forma di aiuto ed intervento professionale rivolto a stimolare la capacità del cliente di fronteggiare sofferenze, disagi e problematiche relative soprattutto a difficoltà relazionali in campo familiare, sociale, sentimentale, professionale ed altre ancora.
Fondamentalmente non è corretto dare consigli per varie ragioni:
- Le persone spesso non vogliono consigli, ma desiderano essere ascoltate e comprese
- Il dare consigli potrebbe essere offensivo e svalutante
- Il dare consigli deresponsabilizza il cliente
- Molte persone non accettano consigli
- Il dare consigli è un metodo comunicativo a senso unico, mentre il counseling deve coinvolgere attivamente il cliente nei processi di evoluzione.
Il termine Counselor nasce grazie allo psicologo Carl Rogers, intorno agli anni ’50, per indicare un approccio empatico con il cliente caratterizzato dal rispetto del cliente stesso che all’interno della relazione dovrà sentirsi libero di esprimersi, di essere se stesso e di assumersi le sue responsabilità; il compito del Counselor, infatti, consiste nel fornire al cliente (senza valutazioni o giudizi) gli strumenti per ritrovare indipendenza, conoscenza di sé, libertà di pensiero e azione, al fine di fare scelte consapevoli, responsabili e funzionali.
Le difficoltà che ogni individuo può incontrare nel suo percorso spesso derivano da:
- pensieri inutili,
- emozioni sgradevoli
- comportamenti inadeguati
L’intervento di counseling ha lo scopo di favorire un cambiamento nel modo di pensare, sentire ed agire così da rendere la vita più adattiva e soddisfacente; di conseguenza essendo pensieri, emozioni e comportamenti strettamente correlati, il Counselor potrà inizialmente sostenere il cliente a promuovere un cambiamento nell’ambito più “sentito”, fidente che risonanze positive potranno manifestarsi anche negli altri contesti.
Il nostro periodo storico è caratterizzato da un processo chiamato digitalizzazione, che racchiude un modo completamente nuovo di approcciare le relazioni e di conseguenza la comunicazione, il che comporta l’adattamento a nuovi spazi relazionali con nuove caratteristiche:
- nuovo linguaggio
- comunicazione veloce
- maggiore confronto
- velocità di spostamento
- richiesta di maggiore efficienza
- richiesta di migliori prestazioni
- aumento della competitività
e molti tra genitori, anziani, adolescenti hanno spesso difficoltà a orientarsi nella società a queste condizioni, ad accettarsi e sentirsi accettati, manifestando sempre più frequentemente rabbia, paura, frustrazione, rifiuto.
L’associazione Laboratorio dell’Essere, offre assistenza specifica anche attraverso la Gestalt e l’Analisi Transazionale.
GESTALT
Il termine Gestalt deriva dal verbo gestalten, che significa “dare una forma” o “dare una struttura”, è una corrente psicologica incentrata sui temi della percezione e dell'esperienza, nata intorno al 1920 in Germania ed affinatasi come terapia verso il 1950 in America grazie a Fritz Perls.
L'idea fondante la della Gestalt è definita da una famosa massima: "Il tutto è diverso dalla somma delle singole parti" che sta a significare che la totalità di quanto percepito è caratterizzato oltre che dalla somma dalle singole attivazioni sensoriali, da qualcosa in più, che permette di comprendere la forma nella sua totalità, ovvero ciò che percepiamo non è una semplice somma di elementi, ma una sintesi della realtà.
Nel percepire il mondo esterno, insomma, non cogliamo delle semplici somme di stimoli sensoriali, ma percepiamo l’insieme, che è qualcosa di più e di diverso della semplice somma degli elementi; esattamente come accade quando ascoltiamo una melodia: non percepiamo le singole note, ma il suo insieme, la sua totalità.
La teoria della Gestalt esalta il modo in cui viene percepita la realtà, non quella che è realmente; quindi mette in risalto le modalità uniche di percezione di ogni singolo individuo, perché la cosa fondamentale è che la realtà che ognuno di noi percepisce è la nostra vera realtà, personalizzata da emozioni, sentimenti, stati d’animo, educazione, cultura ed il nostro comportamento sarà condizionato da tutto questo “bagaglio”.
Altro aspetto importante della teoria della Gestalt sono i tre pilastri:
Responsabilità: è la capacità di rispondere agli stimoli esterni in modo congruente, ovvero consiste nell’attitudine ad osservare consapevolmente se stessi in rapporto con gli altri e di rispondere ad una situazione conosciuta, in modo nuovo, differente. La gestalt insiste molto sulla responsabilità non in termini etici, ma nel senso di attivazione in relazione alle situazioni.
Qui e Ora: è la capacità di vivere pienamente il momento presente. Costituisce una dimensione spazio-temporale all’interno della quale ogni persona entra in contatto con sé stessa e con il mondo, rompendo le “antiche strutture” e rendendole disponibili nell’attimo presente. E’ la capacità di vivere il presente non in modo edonistico, ma in maniera più profonda, intima e vera, essendo il momento presente l’unico momento reale, che esiste, è un eterno istante inafferrabile, poiché nell’attimo prima è già passato e nell’attimo dopo non esiste ancora, quindi l’unico momento reale da vivere è il momento presente, il qui e ora appunto, dove possiamo vivere la nostra vera natura e comprendere che è l’unico momento per scoprire chi siamo veramente.
Consapevolezza: è un processo più complesso del semplice apprendere: è coscienza, comprensione, apertura, disponibilità, acume e fa si che la visione personale dell’ambiente sia congruente con ciò che realmente accade:
- è un’attività della mente
- è un tipo di conoscenza, anche corporea
- nasce dall’esperienza
- ha sempre un soggetto ed un oggetto
- porta ad un cambiamento.
Esistono 3 aree di consapevolezza:
INTERNA: ovvero la consapevolezza che ho di me (corpo, pensieri emozioni),
INTERMEDIA: rappresenta le nostre fantasie, i nostri pensieri, è la zona in cui filtriamo il mondo esterno
ESTERNA: è la consapevolezza che ho dell’altro, di ciò che ho di fronte a me, dell’ambiente
Svigorire la zona intermedia è lo scopo di ogni percorso, in quanto più sgombra sarà la “zona intermedia” minore sarà la nevrosi*.
*incapacità di gestire i contenuti emotivi in maniera funzionale, di dare un senso vitale alle proprie emozioni.
Lo scopo della gestalt è di rendere le persone coscienti della propria forma, ovvero dell’interezza di sé e di come sono (attraverso l’accettazione), individui unici, diversi dagli altri e costituiti da tante parti differenti. La via per raggiungere tale scopo è la sperimentazione, l’esplorazione di se stessi e di come ci si muove nel mondo.
ANALISI TRANSAZIONALE
L’Analisi Transazionale è una teoria psicologica messa a punto da Eric Berne negli anni cinquanta; è una teoria della personalità, molto strutturata ed orientata, col fine di crescita e cambiamento della persona. Ma è al contempo una filosofia umanistica e positiva, una concezione dell’essere umano che promuove il cambiamento in modo sicuro, fiducioso e chiaro; è basata su tre principi:
Okness: trae origine dalla psicologia umanistica, pone al centro dell’attenzione del Counselor non il problema bensì l’uomo, al fine di scoprire i suoi valori i suoi lati positivi, i suoi punti di forza. L’okness è organizzata sulle seguenti posizioni esistenziali:
- Io sono OK, Tu non sei OK: posizione paranoica, diffidente
- Io non sono OK, Tu sei OK: posizione introiettiva, gli altri sono migliori, atteggiamento vittimistico.
- Io non sono OK, Tu non sei OK: posizione distruttiva verso se stessi e verso il mondo.
- Io sono OK, Tu sei OK: posizione in cui tutti hanno valore, ognuno si accetta per come è ed accetta gli altri per come sono, libertà, ottimismo, positività. E’ un po’ l’utopia dell'AT.
Ridecisionalità: Eric Berne sosteneva che ogni decisione presa nell’infanzia, poteva essere ridecisa in futuro. Ogni bambino nel corso del suo sviluppo interagisce con i genitori e/o figure genitoriali, e all’interno di questo rapporto passano dei messaggi. Quando i messaggi sono positivi, come effetto stimolano nel bambino fiducia in se stesso, autostima e autonomia. Di contro se i messaggi sono prevalentemente negativi (ingiunzioni), andranno a limitare sia la fiducia che l’autostima, creando così le premesse per difficoltà relazionali o la costruzione di copioni* limitanti e infelici. La teoria della ridecisionalità fu introdotta dai coniugi Mary e Bob Goulding, che definirono le ingiunzioni non solo sotto forma di linguaggio verbale, ma anche da atteggiamenti non verbali, modi di essere, modalità relazionali. Le principali ingiunzioni identificate dai Goulding hanno la caratteristica di iniziare con l’avverbio “non” ovvero:
Non essere
Non entrare in intimità
Non essere importante
Non essere un bambino
Non crescere
Non avere successo
Non essere te stesso
Non essere sano di mente
Non star bene in salute
Non far parte
Non sentire
Non pensare
Ovviamente ogni genitore nella relazione educativa farà ciò che sa fare e darà ciò che è in grado di dare, cercando a suo modo di manifestare affetto, sostegno e vicinanza. Il rapporto genitori/figli sarà naturalmente condizionato dalla condizione esistenziale dei primi che difficilmente saranno in grado di non trasmettere e non condizionare i figli.
*Copione, definizione di E. Berne: “Piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi che culmina in una scelta decisiva”. Ovvero un “piano di vita” alla cui base c’è una decisione presa dal bambino per la sua sopravvivenza.
Contrattualità: è un momento fondamentale del percorso counselor/cliente in cui si stipula il contratto terapeutico, all’interno del quale il cliente decide cosa vuole o cosa gli serve e di conseguenza si assume le responsabilità riguardo ai cambiamenti, sempre di comune intento con il Counselor. Questo passaggio inoltre serve a creare una profonda alleanza, in cui sia il Counselor che il cliente vivono un’esperienza di comunicazione e partecipazione in una relazione di reciproco coinvolgimento.
Il counseling si inserisce in un contesto di miglioramento del benessere personale, all’interno del quale una persona sceglie di affrontare alcune tematiche proprio perché inizia ad avere un disagio, una difficoltà e vuole far chiarezza, esplorare degli aspetti di sé, al fine di poter migliorare la propria vita.
Uno degli scopi delle sedute di counseling è quello di approfondire la conoscenza di sé e degli altri, migliorare le proprie capacità relazionali, e saper operare scelte più consapevoli: tutto questo lo colloca ad essere un grande strumento preventivo.
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