Crescita e Internazionalizzazione


Le novità del Decreto Crescita e Internazionalizzazione - Terza parte
Crescita e Internazionalizzazione
Il Decreto Crescita e Internazionalizzazione reca svariate novità relative al concetto e all'individuazione di stabile organizzazione e domicilio delle imprese internazionali, istanza d'interpello, dividendi, interessi, costi black list, consolidato nazionale, trasferimento della residenza, perdite, utili, credito d'imposta estero e spese di rappresentanza. Di seguito pubblichiamo la terza e ultima parte (artt. 13 - 16).
Articolo 13 - Perdite su crediti
Gli articoli del TUIR che sono interessati dalla disposizione in esame sono l'88, il 94 e il 101.
Vengono, in principio, definiti dei nuovi criteri di individuazione delle sopravvenienze tassabili, stabilendo che la rinuncia dei soci ai crediti è considerata sopravvenienza attiva per la sola parte che eccede il relativo valore fiscale. Il socio ha l'onere di comunicare (dichiarazione sostitutiva di atto notorio) il valore fiscale del credito che, in assenza di tale dichiarazione, sarà considerato come pari a zero.
Con riferimento alla conversione dei crediti in partecipazioni, il valore della partecipazione diventa pari al valore del credito convertito, al netto delle perdite su crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa.
Inoltre, non costituiranno sopravvenienze attive, le riduzioni di debiti dell’impresa in sede di procedure concorsuali estere (previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni), sempre che la legge vigente nella nazione interessata preveda una procedura concorsuale equivalente a quella esistente in Italia.
E' stato, altresì, inserito un riferimento ai piani di risanamento attestati da un professionista indipendente e qualificato. Pertanto, viene chiarito che anche le perdite su crediti conseguenti all'esecuzione di tali piani sono automaticamente deducibili a decorrere dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese.
Per quanto attiene alle perdite su crediti di modesta entità, l'intervento accoglie le indicazioni già fornite dall'Amministrazione Finanziaria, la quale aveva riconosciuto che il termine dei sei mesi dalla scadenza, previsto dalla norma per i crediti di modesta entità, rappresenta unicamente il momento a partire dal quale la perdita può essere fiscalmente dedotta, considerato che la stessa diviene effettivamente deducibile dal reddito d'impresa solo nell'esercizio in cui è imputata a conto economico (eventualmente, anche a titolo di svalutazione).
Lo stesso criterio viene adottato pure in relazione alle perdite su crediti vantate nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali (o a esse equiparate). Con riguardo a queste ultime, infatti, gli interventi finora effettuati dal legislatore e i chiarimenti forniti dall'Amministrazione Finanziaria, unitamente all'andamento della giurisprudenza, non sembrano aver risolto in maniera definitiva il nodo dell'individuazione dell'esercizio di competenza fiscale della perdita.
A fronte, infatti, di un dato normativo che si limita a individuare il momento in cui il debitore si considera assoggettato a procedure concorsuali e, dunque, il dies a quo a decorrere dal quale si rende possibile la deducibilità della perdita su crediti, tanto la Giurisprudenza quanto la prassi dell'Amministrazione Finanziaria sono intervenute per circoscrivere il momento esatto in cui (l'imputazione in bilancio e) la deduzione deve avvenire, con risultati che tuttavia alimentano notevoli incertezze sul piano operativo.
Al fine di ovviare a tali incertezze applicative, è ora stabilito che la mancata deduzione - in tutto o in parte - come perdite fiscali, delle svalutazioni contabili dei crediti nell'esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisca alcuna violazione del principio di competenza fiscale, sempre che detta deduzione avvenga non oltre il periodo di imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.
Si precisa, infine, che la rinuncia dei soci ai crediti non è ammessa in deduzione nei limiti del valore fiscale del credito stesso oggetto di rinuncia.
Articolo 14 - Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti
L’articolo 14 introduce nel nostro ordinamento la branch exemption, ovverosia la possibilità che in capo a un’impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero, da determinarsi in ogni caso in base ai criteri di cui all’articolo 152 del TUIR.
Attenzione che l'opzione è irrevocabile e va esercitata per tutte le stabili organizzazioni della medesima impresa, a condizione che non siano localizzate in Stati o territori inclusi nel decreto o nel provvedimento emanati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR, ovvero che non ricorrano congiuntamente le condizioni di cui al comma 8-bis del medesimo articolo 167.
In caso di opzione per l'applicazione della branch exemption, tali stabili organizzazioni sono assoggettate alla disciplina prevista per le CFC dall'articolo 167 del TUIR, a meno che non ricorrano le esimenti ivi previste.
Non sarà, dunque, possibile esercitare l'opzione solo per alcune delle stabili organizzazioni, in funzione della particolare convenienza. Se, a esempio, un'impresa italiana ha quattro stabili organizzazioni, due delle quali localizzate in uno Stato White List, una nel Paese Black List A, e una nel Paese Black List B, l'opzione deve essere esercitata per tutte e quattro le stabili organizzazioni, tenendo conto, tuttavia, che le stabili organizzazioni ubicate in Stati o territori Black List sono trattate diversamente a seconda che:
- sussistano le esimenti di cui all'articolo 167, in tal caso sono incluse obbligatoriamente nel perimetro della branch exemption;
- non sussistano le esimenti dell'articolo 167, in tal caso dette Permanent Establishment sono tassate per trasparenza in via separata.
Nell'esempio considerato, pertanto, se l'esimente sussiste solo per la stabile organizzazione Black List A, il perimetro della branch exemption comprenderà, oltre alle due PE White List, anche quella del Paese Black List B; mentre quella del Paese Black List A deve essere tassata per trasparenza in via separata.
Un'ulteriore previsione normativa mira, poi, a disciplinare il regime transitorio, ossia l'eventuale passaggio dall'attuale regime dell'imputazione dei redditi della stabile organizzazione con riconoscimento del credito per le imposte assolte all'estero, al regime dell'esenzione.
Al fine di consentire alle imprese di adeguare i propri sistemi contabili al nuovo regime, è riconosciuta la possibilità di esercitare l'opzione per la branch exemption entro il secondo periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore della norma, con effetto dal medesimo periodo di imposta.
Un ulteriore comma introduce il c.d. recapture delle perdite che scatta quando l'impresa intende passare al metodo dell'esenzione e in passato ha importato perdite fiscali dalla propria PE.
La disposizione in esame, in particolare, prevede che l'impresa debba ricalcolare il reddito della stabile organizzazione nei cinque periodi di imposta precedenti rispetto a quello di effetto dell'opzione, e se dalla relativa somma algebrica risulta una perdita fiscale, nonostante la vigenza della branch exemption, gli utili successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono tassati in Italia fino al riassorbimento di tale perdita.
Dall'imposta dovuta, poi, si detraggono le eventuali eccedenze positive di imposte sul reddito assolte all'estero dall'impresa in relazione al reddito ivi prodotto dalla PE in discorso.
Subito a seguire, il Legislatore dispone per una norma antielusiva, prevedendo che l'applicazione del predetto regime di tassazione si attua anche quando venga trasferita a qualsiasi titolo la PE (o parte della stessa) ad altra impresa del gruppo che fruisca del diritto di esercitare l'opzione. In tal caso, l'impresa cedente deve indicare nell'atto di trasferimento se, nei cinque periodi di imposta precedenti, ha importato dalla stabile organizzazione trasferita (o da una parte della stessa) una perdita fiscale netta, la quale, in seguito al trasferimento, passerà all'impresa acquirente per assumere rilevanza ai fini dell'eventuale opzione per la branch exemption da parte di quest'ultima.
Vengono, altresì, disciplinate le modalità di determinazione del reddito della stabile organizzazione in vigenza della branch exemption, prevedendo che la base imponibile vada definita secondo il principio/finzione elaborato in ambito OCSE, che vede la PE quale "functionally separate entity". Ai fini in esame, dunque, assumerà particolare importanza la conformità degli oneri documentali alle linee guida elaborate dall'OCSE in materia di transfer pricing, compresa quindi l'eventuale disapplicazione delle sanzioni.
Si riconosce, comunque, al contribuente la possibilità di interpellare l’Agenzia delle Entrate in merito all’esistenza di una sua stabile organizzazione estera.
Infine, la norma prescrive che l'Agenzia delle Entrate debba provvedere a pubblicare sul proprio sito istituzionale, a titolo esemplificativo, le fattispecie ritenute elusive delle precedenti disposizioni, da aggiornarsi periodicamente.
Articolo 15 - Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero
L’articolo 15 modifica il regime del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero (articolo 165 del TUIR), al fine di eliminare le disparità di trattamento presenti nel sistema, estendendo a tutti i contribuenti il regime di detraibilità per competenza, e di riporto avanti e indietro delle eccedenze di tali crediti, di cui attualmente beneficiano i soli soggetti passivi imprenditori, purché le medesime imposte estere siano state pagate a titolo definitivo entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo.
Sono ammesse in detrazione sia le imposte estere oggetto di una convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra I'Italia e lo Stato estero in cui il reddito che concorre alla formazione dell'imponibile è prodotto, sia le altre imposte o gli altri tributi esteri sul reddito. Nel caso in cui sussistano obiettive condizioni di incertezza in merito alla natura di un tributo estero non oggetto delle anzidette convenzioni, il contribuente può inoltrare all'Amministrazione Finanziaria istanza d'interpello.
Articolo 16 - Regime speciale per lavoratori rimpatriati
Alla conclusione dell'iter legislativo, accogliendo le indicazioni formulate dalle Commissioni Parlamentari, il Consiglio dei Ministri ha introdotto una nuova norma rispetto allo schema iniziale del decreto, che si pone l'evidente scopo di incentivare l'attrazione in Italia di manodopera altamente qualificata.
Viene, infatti, inserita una disposizione tributaria (di carattere temporaneo), in funzione della quale il reddito prodotto in Italia dai lavoratori dipendenti i quali trasferiscano la loro residenza fiscale nel territorio nazionale, concorre a formare la base impositiva complessiva solamente per il 70% del suo effettivo ammontare.
E', peraltro, indispensabile il verificarsi delle seguenti condizioni:
- i lavoratori non devono essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento;
- l’attività lavorativa deve essere svolta presso un’impresa residente in Italia sulla base di un rapporto di lavoro instaurato con la medesima azienda, o con società che direttamente o indirettamente la controllano, ne sono controllate, o che in ogni caso risultino essere controllate dalla società che controlla l’impresa;
- l’attività lavorativa deve essere in prevalenza prestata nel territorio dello Stato;
- i lavoratori devono rivestire una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione, e devono essere in possesso almeno del diploma di laurea.
Tabella riepilogativa della decorrenza delle disposizioni
In conclusione del presente elaborato, considerato che la normativa dispone diverse date di entrata in vigore, pare utile esporre di seguito una sorta di riepilogo concernente i differenti termini di decorrenza delle svariate disposizioni inserite nel decreto.
Eccettuata la nuova norma di carattere temporale aggiunta, di cui si è appena trattato (Articolo 16 - regime speciale per lavoratori rimpatriati), i restanti provvedimenti entreranno in vigore alle seguenti date:
Articolo 1 - Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale
Articolo 2 - Interpello sui nuovi investimenti
La decorrenza di tali disposizioni è stabilita a partire dalla data fissata dal provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate da emanarsi, comunque, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Articolo 3 - Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato
Articolo 5 - Disposizioni in materia di costi black list e di valore normale
Articolo 6 - Consolidato nazionale
Articolo 8 - Disciplina delle controllate e delle collegate estere
Articolo 10 - Liste dei Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni e coordinamento Black List
Articolo 11 - Sospensione della riscossione della tassazione in caso di trasferimento all’estero
Articolo 12 - Trasferimento della residenza nel territorio dello Stato
Articolo 13 - Perdite su crediti
Articolo 15 - Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero
Per le norme in parola, invece, l'entrata in vigore è prevista a partire dal periodo di imposta in corso alla data del decreto legislativo.
Articolo 4 - Interessi passivi
Articolo 7 - Stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti
Articolo 9 - Spese di rappresentanza
Articolo 14 - Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti
Con riguardo, infine, alle suddette disposizioni, l'entrata in vigore è prevista a decorrere dal periodo di imposta successivo alla data del decreto legislativo.

Articolo del:


di Dr. Paolo Soro

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