Crescita personale e crescita professionale


Counselor, psicologi, coach, medici, assistenti sociali... Per tutte le figure che si occupano di relazioni di aiuto crescere è essenziale
Crescita personale e crescita professionale
Da qualche anno, in Italia, c’è un libro che fa capolino dagli scaffali delle librerie e che parla di: Usare il cervello per arrivare al cuore, lo ha scritto Gianfranco Damico.

Da poco, a Cosenza, è in programma un corso che si intitola Dal cervello al cuore e dal cuore al cervello, fatto di 10 laboratori esperienziali che accompagnano chi li segue ad esplorare una porzione del mondo interpersonale ed una del mondo intrapersonale, condotto da me che sto scrivendo e da un’ottima collega.

Al centro di ciò, tra un libro ed un corso, nell’ampio campo spazio-temporale che li unisce e li separa, c’è un concetto, spesso inseguito, a volte esplicitato, in altri casi evocato, in talune circostanze banalizzato, ma quasi sempre rispettato: crescita personale.

Basta poco per rendersi conto di quanta energia e di quante aspettative vi ruotino intorno, è sufficiente digitare le due paroline sulla tastiera e la connessione fa il resto, propone immagini, indirizzi, web e non, libri, appuntamenti formativi, video, audio, lettere di chi chiede aiuto e risposte di chi lo offre.

C’è un grande mercato che si muove e che esprime un fatto palese, ovvero che esiste, nei singoli e nei tanti, la tensione verso qualcosa che dia una risposta e che garantisca una condizione migliorativa rispetto all’attuale.

Detto ciò possiamo aprire la polemica, sì perché ho appena usato tre parole che possono fare indignare, soprattutto se si parla del disagio delle persone, le parole sono: mercato, risposta e garanzia.

Eppure la realtà così come essa è, perciò spesso ben differente da come la vorremmo, mostra dati oggettivi, cioè che il mercato c’è e che la domanda e l’offerta di aiuto ne regolano l’andamento.

È stato così, lo è e lo sarà, quindi occorre una bussola, ovvero uno strumento che consente di tenere nella propria mano un’opportunità di orientamento e che suggerisce l’esistenza di due presupposti: la direzione e il viaggio.

Ansia, angoscia, paura, rabbia, rifiuto, sconcerto, guadagno, conflitto, vuoto sono solo alcune delle tante orme del lungo percorso che si snoda all’interno ed all’esterno degli individui, sono tracce di vita che si imprimono nei campi professionali ed in quelli sentimentali.

Si tratta di contrassegni che ciascuno cerca, come sa e come può, di organizzare e di rendere il meno dolorosi possibile, spesso ignorando o dimenticando che il senso che attribuiamo loro è frutto di come siamo abituati a giudicare, apponendo etichette che frequentemente diventano prigioni.

Così occorre tornare alla base, a quell’origine semplice e biologica che consente di riposizionare i nostri mattoni, per imparare a scegliere così come abbiamo imparato a camminare: prima gattonando.

La direzione e il viaggio sono i presupposti di ciò che ogni individuo chiama vita, lo sono anche nella loro assenza, assenza di direzione ed assenza di movimento, che però conducono lo stesso da qualche parte: per esempio in un gorgo che si avvita su se stesso, come accade a chi, estremizzando, precipita nelle dipendenze, o nello stallo, come accade a chi, sempre estremizzando, si invischia immancabilmente in rapporti violenti; un blocco che fa ripetere giorni, errori ed atti come se fossimo canne imprigionate in un pantano.

Oppure no. Almeno non solo.

Accogliere l’idea che la crescita personale sia un concetto ovvio, per poi accettare quella che sia fattibile farne un concetto unico, è uno di quei mattoni.

Accogliere l’idea che questo concetto, divenuto unico, sia anche disponibile a farsi da parte un po’, per consentire la relazione e ad affermarsi un altro po’, per consentire la differenziazione, è un altro di quei mattoni.

Mattoni che ogni individuo può modellare, incastrare nella propria storia e fermare con la malta di un’esperienza che non ha mercato, perché nessuno ha il potere di racchiuderla in una pagina, per quanto ben scritta, né in un’attività didattica, per quanto ben calibrata.

Non c’è la risposta né c’è la garanzia.

C’è invece un pezzetto di strada, una porzione di quella lunga e a volte scorrevole, altre volte accidentata, minacciosa e bellissima via, piena di insidie e di scoperte, per affrontare la quale ciascuno cerca una soluzione.

Che non c’è, almeno non quella univoca ed assoluta che in fondo desideriamo.

È questo il cuore della crescita personale, che c’è a prescindere, perché pulsa e batte comunque, ed è in questo che essa rivela di possedere anche un cervello, perché può essere decodificata, presa ed usata, anche per imparare a lasciare andare.

Decidere, usando quel libero arbitrio di cui disponiamo, di procurarsi aiuti, stimoli ed opportunità per dirigere, orientare, nutrire e definire ciò che siamo, sappiamo e sentiamo, è un atto connaturato nell’essere umano, il solo a poter usare la parola consapevolezza, comprendendo che essa è sempre nel qui ed ora.

Perché, dopotutto, domani è un altro giorno.


Riferimenti bibliografici dell’articolo:
Gianfranco Damico, Il codice segreto delle relazioni. Usare il cervello per arrivare al cuore, Urra, Milano 2013
Giorgio Nardone e Paul Watzlawick, L’arte del cambiamento, Ponte alle Grazie , Milano 1990
Ronald D. Siegel, Qui e Ora. Strategie quotidiane di mindfulness, Erickson, Trento 2010
W. Hugh Missildine, Il bambino che sei stato, Erickson, Trento 1996,
Viktor E. Frankl, Uno psicologo nei Lager, Ares, Milano 2012



Articolo del:


di Dr.ssa Paola Ancarani

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