Crisi d’azienda: continuità anche nel fallimento


Conferimento dell’azienda prima del fallimento e successiva cessione delle quote o concordato fallimentare: una possibile soluzione
Crisi d’azienda: continuità anche nel fallimento
La continuità dell’azienda in crisi è una delle priorità nel fallimento e il concordato fallimentare potrebbe offrire una nuova soluzione per la preservazione dell’azienda.
Affitto d’azienda, accordi di affitto con successiva cessione e conferimento dell’azienda in una società, anche di nuova costituzione, finalizzato alla successiva cessione delle partecipazioni, sono istituti praticabili anche qualora la crisi sia destinata a sfociare in un fallimento o in altra procedura, con il solo limite che queste operazioni non si configurino come abuso.
Questa interpretazione sembra confermata indirettamente dal provvedimento del Tribunale di Como del 9 febbraio 2017, prima sezione civile, che, traendo origine da una procedura di concordato preventivo, ha ritenuto sussistere le circostanze di concordato in continuità, anche se la proposta era "strutturata attraverso il meccanismo dell’affitto d’azienda finalizzata alla successiva cessione alla affittuaria" (cit. Sent.).
Questa soluzione inizialmente era stata considerata dirimente al fine di considerare il concordato come liquidatorio, posto che non vi era prosecuzione di attività d’azienda da parte della procedura. Successivamente invece, rivedendo la propria decisione, il Tribunale ha ritenuto che il concordato potesse essere considerato "in continuità" e non liquidatorio, anche senza che si fosse in presenza di esercizio diretto di azienda, facendo ricorso al concetto di concordato con continuità indiretta.

La tutela dell’azienda nelle procedure concorsuali è sancita, in primis, dalla legge fallimentare, che all’art. 105 privilegia la prosecuzione dell’attività e la vendita in blocco dell’azienda rispetto alle ipotesi di vendita atomistica dei beni, prevedendo che si possa procedere alla cessione dei singoli beni solo "quando risulta prevedibile che la vendita dell'intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori."
L’art. 105, ottavo comma, stabilisce poi che il curatore "può procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella presente sezione.".
In altri termini, qualora il curatore lo ritenesse conveniente, potrebbe procede al conferimento dell’azienda o di uno o più rami di questa, in una o più società, prima di procedere alla successiva vendita.

La normativa fallimentare prevede quindi che vada privilegiata dagli organi della procedura la via migliore per realizzare quanto più possibile nella vendita dei beni, anche attraverso formule nuove e innovative, con il fine di massimizzare l’interesse dei creditori, e che tale fine sia meglio perseguito mantenendo il valore aziendale intatto.

Maggiore e diversa portata, a nostro giudizio, si deve dare invece al citato provvedimento del Tribunale di Como del 9 febbraio 2017, le cui considerazioni assumono una valenza che supera il caso specifico e possono, per analogia, essere applicate a qualunque fattispecie concorsuale.

Nella Sentenza si sottolinea la valenza da riconoscersi al "la intenzione del legislatore chiaramente rivelatrice di un netto favor nei confronti della continuità aziendale, anche in forma indiretta" e la conferma si desume sintomaticamente dalla recente approvazione alla Camera dei deputati del c.d. disegno di legge Rordorf di riforma della legge fallimentare ove prevede di "dare priorità di trattazione, fatti salvi i casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche tramite un diverso imprenditore, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un’idonea soluzione alternativa".

Applicando quanto sopra al caso in cui la crisi d’azienda sia destinata a trasformarsi in un fallimento, si può ritenere che sia praticabile una soluzione in cui si proceda ad un conferimento dell’azienda in una newco, al fine di semplificarne la successiva cessione o di facilitare un concordato fallimentare.
Nel primo caso, il curatore potrebbe procedere alla cessione delle azioni/quote della newco anziché, come avviene solitamente, alla cessione dell’azienda.
Nel caso di una proposta di concordato fallimentare, invece una formula interessante è quella di prevedere nella proposta di concordato il pagamento dei creditori mediante cessioni di partecipazioni o mediante l’emissione di strumenti finanziari partecipativi (SFP) della nuova società.
La soluzione può risultare realmente efficacie e rispondere al giusto compendio degli interessi che deve tutelare la procedura: la salvaguardia dell’azienda, delle parti sociali (lavoratori e terzi), dei creditori e del loro interesse a massimizzare il credito realizzato nonché a ridurre i tempi e i costi della procedura e, infine, del Tribunale, che ha tutto il beneficio alla chiusura in tempi brevi della procedura.

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di Dott. Francesco Perini

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