Crisi della famiglia, sottrazione dei minori
L'aumento delle separazioni e dei divorzi negli ultimi decenni, rendono sempre più attuale il tema della tutela dei minori
La crisi familiare in vista della separazione è certamente un momento particolare e molto difficile da gestire per la coppia, ma è altrettanto importante sottolineare che, nei litigi tra i coiniugi, coloro che ne fanno le spese sono sempre i figli, il più delle volte minori.
La "bigenitorialità", quale regola generale per la disciplina della crisi della famiglia, è stata uno dei principi cardini della riforma avvenuta con la L. 54/2006. L'affidamento condiviso del minore ad entrambi in genitori si può considerare come un radicale cambio di prospettiva rispetto alla disciplina precedente (affidamento esclusivo del minore ad uno dei due genitori), tutto in funzione della tutela preminente dell'interesse dei minori,volto al mantenimento di un rapporto paritario con entrambi i genitori e con le rispettive famiglie di origine degli stessi.
Dalla lettura dell'art. 337 bis, I comma c.c. si coglie l'essenza della riforma difatti "il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".
Ciò premesso va rilevato altresì che sono in aumento i casi in cui uno dei due coniugi, poco prima o subito dopo la separazione, si allontana dalla casa familiare, portando con sé il minore, senza il consenso dell'altro coniuge, ignorando, e comunque non tenedo conto che tale condotta determina un grave pregiudizio per il minore, oltre ad avere gravi risvolti penali ai sensi dell'art. 574 c.p.
Il tema, molto attuale, fornisce l'occasione per chiarire alcuni profili relativi alla fattispecie penale della sottrazione di minore incapace.
Il reato previsto dal sopracitato articolo punisce coloro che, contro la volontà di colui che esercita la responsabilità genitoriale, sottraggono il figlio minore per un tempo rilevante, impedendone l'esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dal proprio habitat familiare.
Tale comportamento si configura quale delitto contro la famiglia, plurioffensivo in quanto lede, non soltanto il diritto di chi esercita la responsabilità genitoriale , ma anche quello del figlio di vivere secondo le indicazioni e determinazioni del genitore da cui viene allontanato, o da chi ha la responsabilità genitoriale sul minore.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è dunque, il regolare esercizio della potestà genitoriale, comprendente le attività di assistenza e di cura, la vicinanza affettiva e la funzione educativa della prole da parte di entrambi i genitori, con l'evidente finalità di non far perdere al minore il legame affettivo con la madre e con il padre o comunque con chi esercita la responsabilità genitoriale (ad esempio tutore).
In merito all'elemento soggettivo del reato, esso è configurabile nella coscienza e volontà di sottrarre il minore all'altro coniuge o all'altro genitore (nel caso di coppie di fatto) o a chi esercita comunque la potestà genitoriale sul minore, nel senso che l'agente deve avere piena consapevolezza che il suo comportamento realizza una situazione antigiuridica, mediante il trattenimento del minore, eseguito con un comportamento sempre attivo, diretto a mantenere un controllo esclusivo sullo stesso.
Il delitto di sottrazione di persone incapaci, previsto dall'art. 574 c.p., ha natura di reato permanente e si caratterizza per i seguenti elementi: a) un'azione iniziale costituita dalla sottrazione del minore; b) la protrazione della situazione antigiuridica mediante la ritenzione del minore, attuata attraverso una condotta sempre attiva, perché intesa a mantenere il controllo sullo stesso; c) la possibilità, per il reo, di porre fine alla situazione antigiuridica fino a quando la cessazione di tale situazione non intervenga per sopravvenuta impossibilità o per la pronunzia della sentenza di primo grado.
Preme evindenziare che, anche in caso di affidamento esclusivo ad uno dei due coniugi del figlio minore, comunque la responsabilità genitoriale ricade anche sull'altro genitore.
Difatti "rischia il carcere per sottrazione di minore colui che, pur essendo affidatario del figlio minore, lo porta lontano dall'ex (...). Infatti risponde del delitto ex art. 574 c.p. il genitore che, senza consenso dell'altro, porta via con sé il figlio minore, allontanandolo dal domicilio stabilito, ovvero lo trattiene presso di sé, quando tale condotta determina un impedimento per l'esercizio delle diverse manifestazioni della patria postesti dell'altro genitore" (Cass. Pen. 42370/2009).
Indispensabile sotto il profilo della configurabilità del reato è anche il comportamento diretto a contrastare il diritto dell'altro coniuge, sempre nella considerazione che nella specie si tratta di condizioni potestative e cioè non dettate nell'interesse esclusivo del loro titolare, ma per il soddisfacimento di quello del minore, difatti il legislatore, con le ultime riforme in materia di diritto di famiglia di cui alla L. 54/2006, ma soprattutto con il D.Lgs. n. 154/2013, ha rafforzato ed incentrato sempre di più la famiglia su quelli che sono gli interessi del minore, che deve essere tutelato, soprattutto nella fase della sua crescita ed educazione, con l'apporto affettivo di entrambi i genitori.
Con il suddetto Decreto Legislativo n. 154/2013 si è introdotto anche il concetto di responsabilità genitoriale, ora contenuto nell'art. 316 c.c., che va a superare il concetto di "potestà".
Tale concetto, assai diffuso in ambito europeo, secondo il legislatore, rafforza e meglio definisce i contenuti dell'impegno genitoriale, non più da interpretare come una "potestà", ma come un'assunzione di responsabilità da parte dei genitori in maniera eguale nei confronti del figlio, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni e personalità.
Proprio in virtù di queste modifiche al diritto di famiglia, stante il rimedio civilistico previsto dall'art. 316 c.c. per il caso di utilizzo improprio delle facoltà conferite dalla contitolarità della potestà, il reato di sottrazione dei minori ex art. 574 c.p. è da interpretarsi come estrema ratio, a tutela di tutta la famiglia e a salvaguardia dei minori.
In conclusione, si ritiene che le condotte sanzionate all'art. 574 c.p. vadano valutate con cautela, e quindi il ricorso alla denuncia vada effettuato solo nei casi di reale necessità e non certo come "dispetto" nei confronti dell'altro coniuge. E ciò per non esporre i figli minori ad un procedimento penale che, coinvolgendo tutta la famiglia, finisce comunque per danneggiare proprio i soggetti più fragili, appunto i minori, asalvaguardia dei quali il legislatore ha inteso porre detta normativa.
Roma 17.12.2015
La "bigenitorialità", quale regola generale per la disciplina della crisi della famiglia, è stata uno dei principi cardini della riforma avvenuta con la L. 54/2006. L'affidamento condiviso del minore ad entrambi in genitori si può considerare come un radicale cambio di prospettiva rispetto alla disciplina precedente (affidamento esclusivo del minore ad uno dei due genitori), tutto in funzione della tutela preminente dell'interesse dei minori,volto al mantenimento di un rapporto paritario con entrambi i genitori e con le rispettive famiglie di origine degli stessi.
Dalla lettura dell'art. 337 bis, I comma c.c. si coglie l'essenza della riforma difatti "il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".
Ciò premesso va rilevato altresì che sono in aumento i casi in cui uno dei due coniugi, poco prima o subito dopo la separazione, si allontana dalla casa familiare, portando con sé il minore, senza il consenso dell'altro coniuge, ignorando, e comunque non tenedo conto che tale condotta determina un grave pregiudizio per il minore, oltre ad avere gravi risvolti penali ai sensi dell'art. 574 c.p.
Il tema, molto attuale, fornisce l'occasione per chiarire alcuni profili relativi alla fattispecie penale della sottrazione di minore incapace.
Il reato previsto dal sopracitato articolo punisce coloro che, contro la volontà di colui che esercita la responsabilità genitoriale, sottraggono il figlio minore per un tempo rilevante, impedendone l'esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dal proprio habitat familiare.
Tale comportamento si configura quale delitto contro la famiglia, plurioffensivo in quanto lede, non soltanto il diritto di chi esercita la responsabilità genitoriale , ma anche quello del figlio di vivere secondo le indicazioni e determinazioni del genitore da cui viene allontanato, o da chi ha la responsabilità genitoriale sul minore.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è dunque, il regolare esercizio della potestà genitoriale, comprendente le attività di assistenza e di cura, la vicinanza affettiva e la funzione educativa della prole da parte di entrambi i genitori, con l'evidente finalità di non far perdere al minore il legame affettivo con la madre e con il padre o comunque con chi esercita la responsabilità genitoriale (ad esempio tutore).
In merito all'elemento soggettivo del reato, esso è configurabile nella coscienza e volontà di sottrarre il minore all'altro coniuge o all'altro genitore (nel caso di coppie di fatto) o a chi esercita comunque la potestà genitoriale sul minore, nel senso che l'agente deve avere piena consapevolezza che il suo comportamento realizza una situazione antigiuridica, mediante il trattenimento del minore, eseguito con un comportamento sempre attivo, diretto a mantenere un controllo esclusivo sullo stesso.
Il delitto di sottrazione di persone incapaci, previsto dall'art. 574 c.p., ha natura di reato permanente e si caratterizza per i seguenti elementi: a) un'azione iniziale costituita dalla sottrazione del minore; b) la protrazione della situazione antigiuridica mediante la ritenzione del minore, attuata attraverso una condotta sempre attiva, perché intesa a mantenere il controllo sullo stesso; c) la possibilità, per il reo, di porre fine alla situazione antigiuridica fino a quando la cessazione di tale situazione non intervenga per sopravvenuta impossibilità o per la pronunzia della sentenza di primo grado.
Preme evindenziare che, anche in caso di affidamento esclusivo ad uno dei due coniugi del figlio minore, comunque la responsabilità genitoriale ricade anche sull'altro genitore.
Difatti "rischia il carcere per sottrazione di minore colui che, pur essendo affidatario del figlio minore, lo porta lontano dall'ex (...). Infatti risponde del delitto ex art. 574 c.p. il genitore che, senza consenso dell'altro, porta via con sé il figlio minore, allontanandolo dal domicilio stabilito, ovvero lo trattiene presso di sé, quando tale condotta determina un impedimento per l'esercizio delle diverse manifestazioni della patria postesti dell'altro genitore" (Cass. Pen. 42370/2009).
Indispensabile sotto il profilo della configurabilità del reato è anche il comportamento diretto a contrastare il diritto dell'altro coniuge, sempre nella considerazione che nella specie si tratta di condizioni potestative e cioè non dettate nell'interesse esclusivo del loro titolare, ma per il soddisfacimento di quello del minore, difatti il legislatore, con le ultime riforme in materia di diritto di famiglia di cui alla L. 54/2006, ma soprattutto con il D.Lgs. n. 154/2013, ha rafforzato ed incentrato sempre di più la famiglia su quelli che sono gli interessi del minore, che deve essere tutelato, soprattutto nella fase della sua crescita ed educazione, con l'apporto affettivo di entrambi i genitori.
Con il suddetto Decreto Legislativo n. 154/2013 si è introdotto anche il concetto di responsabilità genitoriale, ora contenuto nell'art. 316 c.c., che va a superare il concetto di "potestà".
Tale concetto, assai diffuso in ambito europeo, secondo il legislatore, rafforza e meglio definisce i contenuti dell'impegno genitoriale, non più da interpretare come una "potestà", ma come un'assunzione di responsabilità da parte dei genitori in maniera eguale nei confronti del figlio, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni e personalità.
Proprio in virtù di queste modifiche al diritto di famiglia, stante il rimedio civilistico previsto dall'art. 316 c.c. per il caso di utilizzo improprio delle facoltà conferite dalla contitolarità della potestà, il reato di sottrazione dei minori ex art. 574 c.p. è da interpretarsi come estrema ratio, a tutela di tutta la famiglia e a salvaguardia dei minori.
In conclusione, si ritiene che le condotte sanzionate all'art. 574 c.p. vadano valutate con cautela, e quindi il ricorso alla denuncia vada effettuato solo nei casi di reale necessità e non certo come "dispetto" nei confronti dell'altro coniuge. E ciò per non esporre i figli minori ad un procedimento penale che, coinvolgendo tutta la famiglia, finisce comunque per danneggiare proprio i soggetti più fragili, appunto i minori, asalvaguardia dei quali il legislatore ha inteso porre detta normativa.
Roma 17.12.2015
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