Dalla Riforma del 1975 alla Sentenza del 22 maggio 2025

Cinquant'anni fa, la Riforma del diritto di famiglia ha cambiato il volto della legge italiana.
Con la legge n. 151 del 1975, l'Italia ha posto fine alla discriminazione tra figli legittimi e naturali, garantendo pari diritti a tutti i bambini, indipendentemente dal fatto che fossero nati all'interno o al di fuori del matrimonio.
Un atto di civiltà che ha segnato una svolta epocale.
La storica Sentenza n. 68/2025: un altro passo verso l'uguaglianza
Il 22 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza n. 68/2025, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 40/2004 nella parte in cui «non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale».
Nella sentenza si afferma che «L’interesse del minore consiste nel vedersi riconoscere lo stato di figlio di entrambe le figure – la madre biologica e la madre intenzionale – che abbiano assunto e condiviso l’impegno genitoriale attraverso il ricorso a tecniche di procreazione assistita. Il riconoscimento, per sua natura, opera da subito e indipendentemente dalle vicende della coppia e da eventuali mutamenti, al momento della nascita, della stessa volontà delle due donne che hanno fatto ricorso alla PMA e in particolare della madre intenzionale».
La Corte Costituzionale ritiene fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 2, 3 e 30 Cost., con assorbimento degli ulteriori profili, rilevando che «La disamina delle suddette questioni involge la relazione tra genitore e minore che, con l’affermarsi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ha visto emergere una responsabilità scaturente dalla «volontà [che] porta alla nascita una persona che altrimenti non sarebbe nata» (sentenza n. 127 del 2020) e che implica il diritto del nato a vedersi riconosciuto come figlio di chi quella nascita ha voluto» ed aggiunge che «La possibilità che il vincolo genitoriale scaturisca da un atto di assunzione di responsabilità è, del resto, coerente con l’essenza stessa del rapporto genitori-figli che, anche quando sorga dal fatto naturale della procreazione, comporta una assunzione di responsabilità, come testimonia emblematicamente il passaggio dalla potestà alla responsabilità genitoriale (art. 316 cod. civ.). Questa costituisce piena e appropriata attuazione del principio sotteso all’art. 30 Cost., nella cui formula questa Corte già individuava «gli obblighi di mantenimento ed educazione della prole, derivanti dalla...».
PMA e interesse del minore: la portata innovativa della pronuncia
La stessa Corte Costituzionale specifica che la sentenza non attiene alle condizioni che legittimano l’accesso alla PMA in Italia, evidenziando che l’impedimento del riconoscimento non garantisce il miglior interesse del minore e costituisce violazione: dell’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell’articolo 3 della Costituzione, per l’irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; dell’articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori.
Cosa cambia con la sentenza della Corte Costituzionale?
- Un bambino nato da due madri tramite procreazione medicalmente assistita (PMA) all'estero, nel rispetto delle norme in materia, potrà essere riconosciuto da entrambe le madri fin dalla nascita e quindi anche dalla madre intenzionale e non solo da quella biologica, come avveniva prima della sentenza.
- Si afferma, con forza, il principio per cui ogni bambino ha diritto ad avere due genitori, se entrambi hanno scelto consapevolmente di metterlo al mondo.
- Si elimina la grave discriminazione giuridica che interessava i minori italiani nati da due madri mediante procreazione medicalmente assistita.
- Viene data attuazione al principio secondo cui tutti i figli sono uguali davanti alla legge, a prescindere dalle modalità con cui sono nati.
Un parallelismo con la Riforma del 1975
Questa sentenza richiama la portata della Riforma del diritto di famiglia del 1975, che a suo tempo abolì la distinzione tra figli "legittimi" e "naturali".
Oggi, come allora, si riafferma che la dignità dei bambini viene prima di tutto.
Ogni bambino ha diritto a non vedersi discriminato per il modo in cui è nato o per la composizione della sua famiglia.
Perché è una svolta storica
- È una vittoria per i diritti dei minori e per l'infanzia perché viene data attuazione al principio imprescindibile di uguaglianza ed a diritti fondamentali della persona come quello all’ identità personale.
- Rafforza i principi costituzionali di uguaglianza, identità personale e responsabilità genitoriale.
- Risponde a una realtà sociale già esistente, che il diritto ora riconosce e tutela.
Conclusione
A cinquant'anni dalla Riforma del 1975, questa sentenza della Corte Costituzionale ci ricorda che il cammino verso un diritto di famiglia davvero inclusivo è ancora in corso, ma procede nella giusta direzione. Una direzione che mette al centro i bambini, la loro identità e il loro diritto ad avere una famiglia riconosciuta dalla legge.
Studio Legale Avv. Donatella De Caria
✨ Specializzato in diritto di famiglia, minorile e delle persone fragili
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