Danni da vaccinazione (in particolare contro il Covid)

Sul danno da vaccinazione, in particolare contro il Covid-19
Tradizionalmente, per i danno da vaccinazione valgono i principi posti in tema di danno da trasfusione, per cui se di regola il Ministero della Salute italiano è il soggetto passivamente legittimato rispetto alla rivendica del risarcimento dei danni, generalmente l’inquadramento dogmatico di tale responsabilità non è l’art. 2050 c.c., ma l’art. 2043 c.c. in forza dei compiti istituzionali gravanti su detto Ministero, quale tutore della salute pubblica (v. ex pluribus l. 13 marzo 1958 n. 296).
La colpa del Ministero della Salute
La colpa del Ministero dunque viene, generalmente, fatta consistere nella conoscenza o conoscibilità della pericolosità del vaccino o dei possibili effetti collaterali derivanti dalla vaccinazione. Il Ministero della salute, difatti, è gravato da una posizione di garanzia discendente dalla normativa primaria e secondaria.
La norma primaria consiste nel cd. neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. Se sussistono controindicazioni, il Ministero deve infatti provvedere a proibire la somministrazione. La proibizione del farmaco postula la conoscenza della pericolosità del vaccino o quantomeno la sua conoscibilità, sulla scorta di studi scientifici o epidemiologici o di particolari situazioni, quali le reazioni individuali specifiche sottovalutate o altro.
La colpa del Ministero deve essere causale rispetto al danno (Cass. 27 aprile 2011 n. 9406), perché vi sia danno risarcibile. Ai sensi dell’art. 32 Cost., secondo comma, nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
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La tutela indennitaria
Con la tutela indennitaria si ottiene ovviamente meno rispetto al danno effettivo derivante dall'inoculazione del vaccino.
L'indennizzo é correlato, infatti, a parametri di legge.
Quanto alla tutela indennitaria, seppure unificate dalla medesima normativa (l. 25 febbraio 1992, n. 210, d.l. 23 ottobre 1996 n. 548, l. 25 luglio 1997 n. 238), i danni da vaccinazione e quelli da trasfusione sono ben diversi. L’indennizzo previsto da tale legge ha la funzione non di risarcire un danno, ma di compensare il sacrificio individuale ritenuto corrispondente ad un vantaggio collettivo (Corte Cost. 26 aprile 2012 n. 107).
La domanda di indennizzo va presentata dall'interessato all'azienda sanitaria di residenza, la quale svolge una istruttoria e invia copia del fascicolo alla commissione medica ospedaliera (CMO) competente, che provvede a convocare a visita l'interessato ed ad esprimere il giudizio sul nesso causale tra l'infermità e la vaccinazione e sulla categoria di ascrizione dell'infermità e sulla tempestività della domanda.
Il verbale contenente il giudizio é inviato all'azienda sanitaria e successivamente notificato al richiedente che, nei trenta giorni successivi, potrà richiedere la presentazione del ricorso avverso il giudizio della CMO.
Si tratta di un ricorso amministrativo (art. 5 l. n. 210/1992) al Ministero della Salute. Il procedimento termina con l'emissione di decreto ministeriale e la notifica dello stesso all'interessato.
Quest'ultimo, entro un anno dalla comunicazione della decisione, può presentare ricorso dinnanzi al Giudice ordinario del lavoro, atteso che si tratta di diritto soggettivo.
Peraltro, nel caso di aggravamento dell'infermità oggetto di riconoscimento, si può presentare all'Azienda Sanitaria, entro sei mesi dalla conoscenza dell'evento, la cd. domanda di revisione disciplinata dall'art. 6 L. n. 210/1992, per ottenere l'ascrizione ad una diversa categoria tabellare.
La legge prevede in particolare un importo prefissato, con versamento di un indennizzo vitalizio, che prescinde dall’analisi degli elementi tipici dell’illecito aquiliano. L’importo prevede un giudizio medico legale di una commissione medica che classifica l’infermità post vaccinica all’interno di una tra 8 categorie di gravità decrescente (la prima patologia contempla le patologie più gravi).
Sulla scorta della legge e di successivi interventi “manipolativi” della Corte Costituzionale, la tutela indennitaria (inizialmente correlata a vaccinazioni obbligatorie per legge o per un’ordinanza di un’autorità sanitaria italiana; oppure alle vaccinazioni non obbligatorie assunte per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno stato estero) è stata estesa:
a) ai danneggiati da vaccinazione antipoliomielitica (Corte Cost 26 febbraio 1998 n. 27);
b) a coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antiepatite B, assunta dopo il 1983 (Corte Cost. 16 ottobre 2000, 423);
c) alle persone danneggiate irreversibilmente dalle vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia (Corte Cost. 26 aprile 2012 n. 107);
c bis) secondo tale ultima pronuncia, per quel che qui rileva (vaccino contro il COVID 19) l’indennizzo viene poi anche concesso anche in assenza di un obbligo legislativo, qualora la vaccinazione sia stata raccomandata dalla pubblica autorità.
Orbene, essendo il vaccino contro la SARS-Cov19 caldamente raccomandato dal Governo, chiunque sosterrà di avere patito un pregiudizio a seguito della pratica della vaccinazione, potrà, salvi imprevedibili - allo stato - interventi legislativi, ricorrere alla procedura amministrativa della legge n. 210/1992.
Alla data del 15 giugno 2022, peraltro, é stato introdotto un vero e proprio obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario; i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e sociosanitarie; personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, polizia locali, istituti penitenziari, università.
Vi sono poi gli ultracinquantenni alla data del 8 gennaio 2022.
Con circolare 11 luglio 2022 il Ministero ha poi esteso la platea vaccinale.
Degno di nota é che il legislatore, con l'introduzione del comma 1 bis dell'art. 1 l. 210/1992 (art. 20 del d.l. n. 4/2022 cd. Decreto Sostegni Ter, converito in L. 28 marzo 2022 n. 25 ha definitivamente riconosciuto l'indennizzo non soltanto nel caso di obbligo vaccinale, ma anche per la platea delle persone che, pur non essendo obbligata, ha adempiuto alle raccomandazioni ministeriali, sottoponendosi all'inoculazione del cd. vaccino raccomandato.
Vanno poi annoverati tra i destinatari degli indennizzi anche i “congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente o continuativa”, ovvero se “il danneggiato è minore di età o incapace di intendere o di volere” (art. 1, co. 1 l. 229/2005). La disamina degli importi liquidati evidenzia come la tutela assistenziale prestata a favore delle persone vaccinate sia più ampia di quella riconosciuta ai danneggiati da trasfusione.
L’art. 1, 3° co. l. 29 ottobre 2005 n. 229 prevede poi che nel caso di morte in data successiva a quella di entrava in vigore della legge, l’avente diritto “può optare tra l’ulteriore indennizzo di cui al comma 1 e un assegno una tantum pari a 150.000 euro, da corrispondere in cinque rate annuali di 30.000 euro ciascuna”.
La tutela risarcitoria
Con la tutela risarcitoria, più difficile da ottenere, si può ottenere il risarcimento del danno integrale, anche superiore rispetto a quello oggetto dell'indennizzo.
La peculiarità del vaccino anti Covid-19 è la problematica attinente alla sua sicurezza, atteso che la sicurezza di un vaccino è collegata ai tempi della sua sperimentazione. Nel caso di specie, si tratta di un vaccino sperimentale, la cui fabbricazione é stata velocizzata per tentare di "stroncare", mediante la sua diffusione, quanto prime, l'insidioso virus.
I danni che possono originare da tale vaccino possono essere immediati, ma possono anche essere “lungolatenti”, cioè si possono manifestare anche a distanza di molti anni dalla somministrazione. Probabilmente ciò darà luogo ad una futura disciplina ad hoc, che potrà integrare le norme già esistenti.
La tutela risarcitoria sarà parallela alla già citata tutela indennitaria. Con la tutela risarcitoria si potrà ottenere il risarcimento del danno integrale. La tutela risarcitoria postula, come già si é detto, il risarcimento del danno da parte del Ministero della salute per l’omessa vigilanza sulla reale sicurezza del prodotto.
Il danneggiato deve però fornire una prova rigorosa: l'illiceità della condotta, nello specifico che all'epoca della somministrazione del vaccino era conosciuto o conoscibile la pericolosità dello stesso (secondo le cognizioni scientifiche dell'epoca), la pericolosità dello stesso, il principio di precauzione.
V'é poi la prova non indifferente del nesso causale, secondo la regola civilistica del "più probavile che non".
Sotto questo porfilo, il fattore temporale, vale a dire il periodo intercorso fra la pratica del vaccino e l'insorgere della patologia, può essere un elemento di valutazione, ma di norma non é sufficiente, sicché é buona norma valersi delle competenze di un medico legale che stili una valutazione sul punto, per valutare se vi sono profili per un'azione legale.
In conclusione, i danni da vaccino SARS-Cov. 2 é risarcibile dal Ministero solo nell'ipotesi in cui questo danno poteva, dal Ministero, essere previsto ed evitato, ergo era conosciuta e/o conoscibile la pericolosità dello stesso.
Al di fuori di questi casi, il danno irreversibile sarà solo indennizzabile.
DIFETTO DI INFROMAZIONE
Di fronte ad un soggetto che abbia patito un danno a seguito di vaccinazione e sostenga, poi, di non essere stato debitamente informato dal medico curante, in merito ai possibili effetti collaterali, si aprono due ulteriori alternative: egli potrà agire contrattualmente nei confronti della struttura sanitaria; oppure potrà optare di agire extracontattualmente nei confronti del medico stesso.
Il danneggiato potrà dunque provare che, qualora il sanitario gli avesse fornito una corretta informazione, egli non avrebbe acconsentito alla vaccinazione o avrebbe sì acconsentito, ma a ben diverse condizioni.
Responsabilità del produttore
Diverso discorso va effettuato per quanto attiene alla responsabilità del produttore. In attesa dell'evoluzione della normativa, si può prevedere che le decisioni giurisprudenziali, come sempre, potranno svolgersi sia nel senso del riconoscimento di responsabilità da prodotto difettoso (vedi Direttiva 85/374/CEE), sia nel senso della più favorevole responsabilità ex art. 2050 c.c. in materia di esercizio di attività pericolose.
Deve ora essere esaminato il d.l. n. 44 del 1° aprile 2021 sulla somministrazione del vaccino se sui profili di responsabilità del sanitario.
Questo decreto legge:
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esclude la responsabilità penale del personale medico e sanitario incaricato della somministrazione del vaccino anti SARS- Covid-2 per i delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose commessi nel periodo emergenziale, allorché le vaccinazioni siano effettuate in conformità delle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio;
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introduce disposizioni volte ad assicurare l’assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte del personale medico;
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stabilisce che le previsioni già vigenti per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite in merito alla manifestazione del consenso alla somministrazione del vaccino siano estese anche alle persone che, pur versando in condizioni di incapacità naturale, non siano ricoverate nelle predette strutture sanitarie assistite.
Uno strumento che in futuro potrà essere impiegato e che si affiancherà alle azioni ed ai rimedi tradizionali, sarà, molto presumibilmente quello della cd. “class action”.
Fra le altre innumerevoli poste di danno che si potranno chiedere a seconda della gravità delle conseguenze della vaccinazione, è recente notizia di cronaca che a breve verrà richiesto da un'associazione di consumatori, il danno non patrimoniale risentito da più soggetti per la paura o timore di ammalarsi per avere ricevuto la somministrazione di un certo tipo di vaccino (per esempio poi ritirato o sospeso dall’autorità), purché detta "paura" debba ritenersi effettiva e non futile.
Trattasi di un tipo di danno che la giurisprudenza riconosce da svariati anni ed in particolare a seguito del noto “caso Seveso” del 1976.
CONSENSO INFORMATO
Relativamente al consenso informato una tesi dottrinale (HAZAN, 2022) riconosce come possibile una responsabilità dello stato. Per altri, invece, la firma del modulo del consenso informato escluderebbe responsabilità dello stato sotto questo profilo.
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