Danno differenziale


Il risarcimento del danno differenziale e indennizzo INAIL
Danno differenziale
Il lavoratore vittima di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, pur percependo la relativa prestazione dell’Inail, ha la possibilità di incardinare un’azione nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del c. d. "danno biologico differenziale" nel caso fossero sussistenti i presupposti della responsabilità civile di quest’ultimo qualora vi sia la presenza di una menomazione superiore al 5%.
La relativa prestazione Inail per danno biologico permanente, infatti data la sua natura indennitaria, non arriva a coprire integralmente il danno quantificato secondo i consueti criteri civilistici calcolati applicando le c. d. "tabelle di Milano".
L'erogazione effettuata dall'INAIL è, invero, strutturata nei termini di un indennizzo che, a differenza del risarcimento, si connota come svincolato dalla sussistenza di un illecito (contrattuale o aquiliano) e può conseguentemente essere disposto anche a prescindere dall'elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e, peraltro, anche in assenza di un responsabile diverso dal danneggiato.
Può pertanto accadere che le somme versate dall’INAIL non possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo all'infortunato, laddove l'applicazione delle usuali tabelle di liquidazione del danno portino a ritenere sussistente un danno "differenziale" ulteriore rispetto all'ammontare liquidato dall'INAIL stesso.
L'indennizzo INAIL, infatti, assolve ad una funzione sociale ed è finalizzato a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore ex art. 38 della Costituzione, mentre il sistema civilistico è finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato.
Quando, pertanto, vi è responsabilità, contrattuale e/o extracontrattuale del datore di lavoro per aver cagionato o concorso a cagionare la patologia contratta dal lavoratore o l’infortunio subìto, vi sarà la possibilità di richiedere nei confronti del datore di lavoro il risarcimento del danno differenziale sull’imprescindibile presupposto che il datore di lavoro ha lo specifico onere di osservare, nell’ambito dell’esecuzione dei lavori, tutte le procedure atte a tutelare la salute dei propri dipendenti, rispettando le prescritte misure di prevenzione e protezione dovute imposte ex lege.
Il risarcimento del danno in sede civilistica, rappresentando l’oggetto di un’obbligazione extracontrattuale da fatto illecito, quale la violazione del generale obbligo del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. o, comunque, la violazione dell’obbligazione contrattuale di sicurezza gravante sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., presuppone ovviamente l’imputabilità del fatto lesivo (dolo/colpa) e la piena prova del danno cagionato dal danneggiante. La tutela risarcitoria inoltre costituisce non una "tutela minima", ma una "tutela piena ed integrale" che deve coprire cioè in modo pieno ed esaustivo tutte le componenti del danno subito dal soggetto danneggiato dall’illecito. La giurisprudenza è, infatti, oramai unanime nel ritenere che la tutela risarcitoria deve tendere a risarcire il danno nella sua pienezza ed effettiva consistenza.

In definitiva il risarcimento del danno differenziale rappresenta dalle voci (rectius componenti) di danno (biologico e/o patrimoniale), rientranti nell’oggetto della copertura assicurativa I.N.A.I.L. e che, per effetto dei più favorevoli criteri di liquidazione previsti in base alle ordinarie regole civilistiche, possono conseguire una misura del risarcimento del danno superiore (per l’appunto differenziale) rispetto all’indennizzo sociale erogato dall’Inail.

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di Avv. Marta Vacca

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