Decreto Dignità, le "altre misure per il lavoro"


Oltre alla rivoluzione del contratto a termine, le altre misure riguardanti il mondo del lavoro
Decreto Dignità, le "altre misure per il lavoro"

E' passato circa un mese dall’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Dignità, che, per i contenuti normativi, tanto ha tenuto impegnati stampa, organi di comunicazione e addetti ai lavori.

Per quanto riguarda l’ambito strettamente giuslavoristico, l’intervento che ha ovviamente monopolizzato l’attenzione dei più è stato quello relativo alla riforma del contratto di lavoro a termine, quasi che l’intero decreto consistesse nella sola introduzione di misure atte a contrastare in maniera decisa l’utilizzo del rapporto di lavoro a tempo determinato.

In realtà il decreto prima, e la legge di conversione poi, presentano articoli che riguardano gli ambiti più disparati sia per quanto riguarda la normativa fiscale che il mondo del lavoro, seppure in quest’ultimo ambito, le ulteriori misure inserite nella legge non hanno avuto certo l’impatto che si diceva poc’anzi in riferimento al contratto a termine.

Si riassumono qui di seguito, quindi, le ulteriori novità introdotte dalla legge 96/2018 che hanno interessato il mondo del lavoro.

 

Lavoro Occasionale (ex lavoro accessorio - vouchers)

La nuova legge affronta nuovamente un argomento che, proprio come il contratto a termine, ha subito alterne vicende a seconda della maggioranza di governo e del momento storico in cui le norme venivano varate: il lavoro occasionale (accessorio), salito agli onori della cronaca semplicemente, ed impropriamente, come “Voucher”.

L’ultimo esecutivo ad interessarsi del lavoro occasionale è stato il Governo Gentiloni che, sotto le minacce referendarie della CGIL in primis e delle altre maggiori organizzazioni sindacali, aveva emanato un Decreto Legge, anch’esso fonte di molteplici problematiche, che in pratica aboliva l’istituto, salvo poi aggiustare il tiro in fase di conversione.

Similarmente l’attuale legge 96/2018 è andata a ritoccare la normativa relativa al lavoro occasionale, nome già di per sé infelice che crea confusione con le prestazioni autonome di natura occasionale ex art.2222 c.c.

L’intervento non stravolge comunque l’istituto, ma va ad alleggerire i limiti di utilizzo per quel che riguarda il settore della ricettività turistica e quello agricolo

Per quanto concerne il settore Turismo che, per quel che qui interessa, ricomprende solo le strutture ricettive che offrono anche il servizio di pernottamento, escludendo quindi le aziende di sola somministrazione o le agenzie di viaggio, è stata introdotta la possibilità di instaurare rapporti di lavoro occasionali per quelle aziende che occupino fino ad otto lavoratori dipendenti (rapporto di lavoro subordinato), diversamente da quanto previsto per tutti i restanti settori che mantengono il limite di 5 lavoratori dipendenti oltre i quali non è possibile ricorrere al lavoro occasionale.

La condizione per poter derogare alla soglia dei 5 dipendenti, però, prevede che i prestatori per i quali viene attivato il rapporto occasionale appartengano alle seguenti categorie:

  • titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità (sembrerebbero escluse le pensioni anticipate);
  • studenti con meno di venticinque anni di età;
  • disoccupati;
  • percettori di prestazioni integrative della retribuzione, prestazioni a sostegno del reddito in generale oppure di reddito di inclusione.

Si ricorda che per tali categorie di lavoratori viene anche innalzato il limite dei compensi erogati dal committente, computando tali compensi al 75% del loro valore effettivo.

Il settore turistico, inoltre, condivide con il settore agricolo una maggior flessibilità negli adempimenti per la comunicazione preventiva della prestazione ad INPS. Essi potranno infatti indicare nella comunicazione la data di inizio della prestazione e la durata oraria complessiva prevista che, quindi, potrà essere suscettibile di modifiche, laddove invece gli altri committenti continueranno a dover comunicare puntualmente la data della prestazione e la sua durata. Inoltre la comunicazione potrà coprire un periodo massimo di dieci giorni (prima erano tre) ed il limite minimo di 4 ore per il corrispettivo al prestatore non è riferito alla singola giornata ma all’intero periodo di 10 giorni.

 

Indennità risarcitoria per i licenziamenti illegittimi

In questo caso l’intervento del legislatore è stato più conservativo rispetto ai proclami del governo. Infatti già il D.L. 87/2018 non era intervenuto  sulle fattispecie previste dal Jobs Act per i casi di illegittimità / nullità dei licenziamenti e tantomeno sui casi previsti di applicazione della tutela reale.

Questo assetto è stato poi riconfermato dalla legge di conversione. Pertanto l’attuale normativa ha solamente a ritoccato al rialzo i limiti minimi e massimi previsti a suo tempo dal Jobs Act per le indennità risarcitorie.

La portata di tali modifiche ha incidenze diverse a seconda del requisito dimensionale dell’azienda che procede al licenziamento. Si riepilogano qui di seguito le varie casistiche:

 

AZIENDA

JOBS ACT

DECRETO DIGNITA’

>15 Dipendenti

Min. 4 – max 24 mensilità (2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Min. 6 – max 36 mensilità (2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

< 15 Dipendenti

Min. 2 – max 6 mensilità (1 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Min. 3 – max 6 mensilità (1 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Nota: in tutti i casi la mensilità a base del calcolo è l’ultima retribuzione mensile utile per il calcolo del TFR.

 

Ovviamente la nuova normativa riguarda solamente i lavoratori assunti con le c.d. “tutele crescenti”, ossia a partire dal 07 marzo 2015, in quanto per gli assunti in precedenza vale l’art.18 così come riformato dalla “Riforma Fornero” (L.92/2012).

I licenziamenti  che subiscono gli effetti della nuova legge, sono quelli posti in essere dopo il 14 luglio 2018. Per i licenziamenti intervenuti prima di tale data ci si rifà comunque alla disciplina previgente anche se il contenzioso, sia esso giudiziale o stragiudiziale, si sia protratto oltre la data di entrata in vigore del Decreto Dignità.

Per ovvie ragioni di omogeneità il Legislatore della legge di conversione è intervenuto anche sull’istituto della Conciliazione Volontaria, anch’essa introdotta a suo tempo dal D.Lgs. 23/02015 (Jobs Act), in modo da mantenere la proporzione tra le indennità risarcitorie e, appunto, gli importi previsti per la sottoscrizione della Conciliazione Volontaria.

Quindi, per evitare un evidente calo di interesse nell’istituto, che in termini economici non sarebbe più risultato appetibile quanto una vertenza, sono state previste delle nuove soglie come segue:

 

AZIENDA

JOBS ACT

LEGGE 96/2018

>15 Dipendenti

Min. 2 – max 18 mensilità (1 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Min. 3 – max 27 mensilità (2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

< 15 Dipendenti

Min. 1 – max 6 mensilità (1 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Min. 1.5 – max 6 mensilità (1 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale)

Nota: in tutti i casi la mensilità a base del calcolo è l’ultima retribuzione mensile utile per il calcolo del TFR. Se la conciliazione viene sottoscritta, le somme erogate sono esenti sia da imposizione contributiva che fiscale.

 

 

Sgravio Assunzioni “Under 35”

La Legge 96/2018, francamente scarna per quel che riguarda incentivi e sgravi, essendosi occupata in maniera molto più pregnante nello scoraggiare l’instaurazione di rapporti di lavoro precari, ha introdotto una misura che non fa altro che prolungare gli effetti di quanto previsto dal precedente governo con la Legge di Bilancio 2018 (L.205/2017).

Lo sgravio previsto è praticamente lo stesso, ma viene scongiurato per gli anni 2019 e 2020 l’abbassamento da 35 a 30 anni del limite di età dei lavoratori che possono essere interessati dallo sgravio e che era previsto dalla L.205/2017.

Per il resto tutto rimane invariato: sgravio del 50% dei contributi previdenziali (esclusa la contribuzione INAIL) con un massimo di Euro 3.000,00 annuali per 36 mesi alle aziende che assumono a tempo indeterminato un lavoratore al di sotto dei 35 anni di età. Il lavoratore assunto non deve aver mai avuto nella sua vita un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con nessun datore di lavoro.

Lo sgravio si applica anche a seguito del mantenimento in servizi degli apprendisti al termine del periodo formativo, ma in questo caso la durata è di soli 12 mesi e non di 36.

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di Dario Forte

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