Democrazia o tirannia in famiglia
La relazione tra figli e genitori. Quale comportamento avere con i figli
Vorrei concentrare questo mio scritto su quei genitori cosi amorevoli e attenti ai propri figli da voler regalare loro solo sorrisi, giornate felici e momenti d' incanto. A quei genitori tanto amorevoli da non essere capaci di inserirsi in quello spazio tra le legittime e autentiche richieste del figlio che a volte però portano anche aspetti di confusione e risultano controproducenti. Preciso. La mia riflessione parte dal quotidiano incontro di adulti che faticano a dare risposte di qualità. Pur con un ottima premessa, molti genitori che vogliono davvero bene ai loro figlioli si comportanano in modo non adeguato.
I genitori sono cosi importanti per i figli e i figli cosi importanti per i genitori da diventare, a volte, un continuum, un unicum. Vorrebbero offrire, e spesso la ricerca è puntuale e precisa, le situazioni migliori, il miglior corso di danza o di pittura, il piu prestigioso corso di inglese e cosi via. Genitori che si attivano subito dopo aver chiesto ai figli quello che desiderano offrendo un prodotto spesso di qualita. A questo primo passo di solito segue il test di gradimento: ti è piaciuto? Ci vuoi ritornare? E in funzione della risposta il percorso iniziato continua o si interrompe. Dove sta l'inganno? L'inganno sta nel pensare che ascoltare e soddisfare sia un binomio vincente, equivale a regalare la felicità. Perchè questo indice di coerenza non è poi così del tutto foriero di amore? Perchè mi pare che così facendo si corra il rischio di mettere al centro del bambino solo i suoi pensieri, la sua capacità di giudizio, ma un bambino ha la capacità di giudicare con sufficiente distacco e imparzialità? Nel caso in cui il bambino non voglia continuare il percorso, va sempre assecondato o aiutato a imparare che i desideri comportano anche fatica, impegno? Questo compito appartiene al piccolo o all'adulto? Accontentare il bambino a cercare un nuovo corso, più piacevole, non significa abituarlo ad arrendersi all'impegno, a evitare la fatica? O ancor più a pensare che esiste un posto in cui lui starà bene e tutto si focalizza sulla ricerca, sul procrastinare, convinti che non appena si troverà questo luogo si ritroverà la felicità? Ora un adulto ha il compito di assecondare o di aiutare a riflettere? Fermarsi a riflettere cosa?
Sono fermamente convinta che aiutare il figlio a cercare solo gli aspetti positivi sia come proporre o prepararlo ad avvicinarsi a un mondo irreale, immaginario. Sono invece profondamente dell'idea che il genitore debba prendere le distanze dal figlio per aiutarlo a comprendere le fatiche che in ogni luogo di incontro si incontrano, cioè deve aiutarlo a a crescere. Spesso la motivazione che porta a questa convinzione di far bene, nasce da un esperienza personale in cui il genitore è stato da piccolo, a suo dire, inascoltato di fronte ai propri desideri e pertanto, a mò di risarcimento posticipato, si corre il rischio di non intervenire. Da bambino non legittimato al desiderio, ad adulto incapace di fare interventi, anche necessari, sul proprio figlio. Una esperienza dolorosa che si proietta sul figlio come `Non ripeterò l'esperienza di mio padre o mia madre, io ti lascerò scegliere liberamente` Questo è l'inganno della mente, pensare che laddove c' è pensiero ci sia poi interferenza e per assurdo coercizione.
Si impara a diventare genitori, a comprendere i propri genitori, quando si aiutano i bambini a non scappare di fronte agli insuccessi, a saper attendere, a mettersi in ascolto. Ma occorre spezzare quell'idea di continuum figlio-papà o mamma e vedersi come adulti che sanno gestire un momento di tristezza o di scoraggiamento, aiutando il proprio figliolo a mantenere, rimanere dentro nel desiderio che inevitabilmente comporta anche situazioni di sofferenza.
Ma per essere capaci di crescere come genitori bisogna forse far pace con il bambino insoddisfatto e ancora alla ricerca di desideri che abitano dentro. Occorre capire e comprendere se stessi per non confondersi con il figlio e pensare che essere buoni genitori significa desiderare gli stessi desideri dei figli.
I genitori sono cosi importanti per i figli e i figli cosi importanti per i genitori da diventare, a volte, un continuum, un unicum. Vorrebbero offrire, e spesso la ricerca è puntuale e precisa, le situazioni migliori, il miglior corso di danza o di pittura, il piu prestigioso corso di inglese e cosi via. Genitori che si attivano subito dopo aver chiesto ai figli quello che desiderano offrendo un prodotto spesso di qualita. A questo primo passo di solito segue il test di gradimento: ti è piaciuto? Ci vuoi ritornare? E in funzione della risposta il percorso iniziato continua o si interrompe. Dove sta l'inganno? L'inganno sta nel pensare che ascoltare e soddisfare sia un binomio vincente, equivale a regalare la felicità. Perchè questo indice di coerenza non è poi così del tutto foriero di amore? Perchè mi pare che così facendo si corra il rischio di mettere al centro del bambino solo i suoi pensieri, la sua capacità di giudizio, ma un bambino ha la capacità di giudicare con sufficiente distacco e imparzialità? Nel caso in cui il bambino non voglia continuare il percorso, va sempre assecondato o aiutato a imparare che i desideri comportano anche fatica, impegno? Questo compito appartiene al piccolo o all'adulto? Accontentare il bambino a cercare un nuovo corso, più piacevole, non significa abituarlo ad arrendersi all'impegno, a evitare la fatica? O ancor più a pensare che esiste un posto in cui lui starà bene e tutto si focalizza sulla ricerca, sul procrastinare, convinti che non appena si troverà questo luogo si ritroverà la felicità? Ora un adulto ha il compito di assecondare o di aiutare a riflettere? Fermarsi a riflettere cosa?
Sono fermamente convinta che aiutare il figlio a cercare solo gli aspetti positivi sia come proporre o prepararlo ad avvicinarsi a un mondo irreale, immaginario. Sono invece profondamente dell'idea che il genitore debba prendere le distanze dal figlio per aiutarlo a comprendere le fatiche che in ogni luogo di incontro si incontrano, cioè deve aiutarlo a a crescere. Spesso la motivazione che porta a questa convinzione di far bene, nasce da un esperienza personale in cui il genitore è stato da piccolo, a suo dire, inascoltato di fronte ai propri desideri e pertanto, a mò di risarcimento posticipato, si corre il rischio di non intervenire. Da bambino non legittimato al desiderio, ad adulto incapace di fare interventi, anche necessari, sul proprio figlio. Una esperienza dolorosa che si proietta sul figlio come `Non ripeterò l'esperienza di mio padre o mia madre, io ti lascerò scegliere liberamente` Questo è l'inganno della mente, pensare che laddove c' è pensiero ci sia poi interferenza e per assurdo coercizione.
Si impara a diventare genitori, a comprendere i propri genitori, quando si aiutano i bambini a non scappare di fronte agli insuccessi, a saper attendere, a mettersi in ascolto. Ma occorre spezzare quell'idea di continuum figlio-papà o mamma e vedersi come adulti che sanno gestire un momento di tristezza o di scoraggiamento, aiutando il proprio figliolo a mantenere, rimanere dentro nel desiderio che inevitabilmente comporta anche situazioni di sofferenza.
Ma per essere capaci di crescere come genitori bisogna forse far pace con il bambino insoddisfatto e ancora alla ricerca di desideri che abitano dentro. Occorre capire e comprendere se stessi per non confondersi con il figlio e pensare che essere buoni genitori significa desiderare gli stessi desideri dei figli.
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