Depenalizzazione: come ci si difende dall`ingiuria
“Attenzione. L’offesa ha ancora un costo”

Sino ad oggi l’ingiuria è stata punita, in base al codice penale, con la reclusione fino a 6 mesi o la multa fino a 516 euro. Nella realtà dei fatti la sanzione non veniva quasi mai applicata. Molto spesso infatti il colpevole otteneva l’archiviazione del procedimento, senza applicazione della pena. Altre volte le parti - querelante e querelato - si accordavano su una somma simbolica a titolo di ristoro dell’offesa subita con successiva remissione della querela. In pratica: la norma penale aveva perso il proprio carattere deterrente considerato che nessuno temeva il dover essere sottoposto ad un processo penale per tale reato.
Con l’arrivo della depenalizzazione cambia tutto. La sanzione, infatti, anche se si configura come civile (l’illecito, infatti, non è più penale) potrà andare da 100 a 8.000 euro. Se, invece, c’è l’attribuzione di un fatto determinato o commesso in presenza di più persone, al posto della reclusione fino a 1 anno o alla multa fino a 1.032 euro si passa alla sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 euro.
Ma nella realtà dei fatti la vittima dell’ingiuria come si tutela?
Niente più deposito di querela presso gli uffici della procura della repubblica o presso i carabinieri. Oggi l’offeso dovrà instaurare un vero e proprio giudizio civile tramite il proprio avvocato. A seconda della gravità del danno che l’attore riterrà di aver subito e, quindi, dell’importo richiesto in risarcimento, il giudizio andrà intrapreso davanti al Giudice di Pace (fino a 5.000 euro) o al Tribunale (da 5.000 euro in su).
Dal momento della notifica dell’atto di citazione avrà inizio una causa ordinaria che avrà durata più o meno lunga a seconda dell’istruttoria della stessa (testimoni da sentire, rinvii a seguito di impedimenti del giudice, carichi di lavoro dei magistrati ecc.) durante la quale lo Stato non interverrà. La controversia riguarderà solo l’offeso e il colpevole.
Lo Stato subentrerà solo nel momento finale, dopo la pronuncia da parte del giudice della sentenza.
Con l’emissione della sentenza di condanna, il giudice obbligherà il colpevole a pagare sia il risarcimento dei danni alla persona offesa più le spese processuali da questo anticipate sia una sanzione civile alla cosiddetta Cassa Ammende, ossia allo Stato.
Laddove l’offeso non ritenga opportuno iniziare una causa civile, come sopra descritta, ma solo diffidare l’offensore tramite il proprio legale, quest’ultimo non incorrerà in nessuna sanzione verso lo stato, né verserà alcun risarcimento all’offeso, al quale invierà al limite soltanto una lettera di scuse.
Quindi offendere qualcuno, pur se non ha più conseguenze penali, continua ad avere un costo importante, poiché potrà essere oggetto di una causa civile, che potrà giungere ad un risarcimento del danno a favore dell’offeso oltre che ad una sanzione da versare allo stato da parte dell’offensore.
Con l’arrivo della depenalizzazione cambia tutto. La sanzione, infatti, anche se si configura come civile (l’illecito, infatti, non è più penale) potrà andare da 100 a 8.000 euro. Se, invece, c’è l’attribuzione di un fatto determinato o commesso in presenza di più persone, al posto della reclusione fino a 1 anno o alla multa fino a 1.032 euro si passa alla sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 euro.
Ma nella realtà dei fatti la vittima dell’ingiuria come si tutela?
Niente più deposito di querela presso gli uffici della procura della repubblica o presso i carabinieri. Oggi l’offeso dovrà instaurare un vero e proprio giudizio civile tramite il proprio avvocato. A seconda della gravità del danno che l’attore riterrà di aver subito e, quindi, dell’importo richiesto in risarcimento, il giudizio andrà intrapreso davanti al Giudice di Pace (fino a 5.000 euro) o al Tribunale (da 5.000 euro in su).
Dal momento della notifica dell’atto di citazione avrà inizio una causa ordinaria che avrà durata più o meno lunga a seconda dell’istruttoria della stessa (testimoni da sentire, rinvii a seguito di impedimenti del giudice, carichi di lavoro dei magistrati ecc.) durante la quale lo Stato non interverrà. La controversia riguarderà solo l’offeso e il colpevole.
Lo Stato subentrerà solo nel momento finale, dopo la pronuncia da parte del giudice della sentenza.
Con l’emissione della sentenza di condanna, il giudice obbligherà il colpevole a pagare sia il risarcimento dei danni alla persona offesa più le spese processuali da questo anticipate sia una sanzione civile alla cosiddetta Cassa Ammende, ossia allo Stato.
Laddove l’offeso non ritenga opportuno iniziare una causa civile, come sopra descritta, ma solo diffidare l’offensore tramite il proprio legale, quest’ultimo non incorrerà in nessuna sanzione verso lo stato, né verserà alcun risarcimento all’offeso, al quale invierà al limite soltanto una lettera di scuse.
Quindi offendere qualcuno, pur se non ha più conseguenze penali, continua ad avere un costo importante, poiché potrà essere oggetto di una causa civile, che potrà giungere ad un risarcimento del danno a favore dell’offeso oltre che ad una sanzione da versare allo stato da parte dell’offensore.
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