Depenalizzazione e statuizioni civili
SS.UU. n 46688/2016: La questione dei riflessi della depenalizzazione sui capi della sentenza che concernono gli interessi civili

Con ordinanza del 15 giugno 2016 la seconda sezione penale rimetteva alle Sezioni Unite, la risoluzione della seguente questione "in caso di sentenza di condanna relativa ad un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice della impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, debba revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili"?
Sul punto si erano formati in giurisprudenza due indirizzi:
Un primo orientamento era favorevole al mantenimento, in capo al giudice penale dell’impugnazione contro sentenza di condanna, del potere di decidere il ricorso agli effetti civili. Ciò sulla base dei seguenti riferimenti normativi:
In primis, l'art. 2 co. 2 c.p., statuendo in caso di abolitio criminis intervenuta dopo sentenza di condanna, la cessazione dell'esecuzione di questa e dei relativi effetti penali, determinerebbe a contrario la sopravvivenza degli effetti civili;
In secundis, l’art 11 delle preleggi, prescrivendo che "la legge non dispone che per l'avvenire", farebbe salvo il diritto acquisito dalla parte civile di vedere esaminata la propria azione già incardinata nel processo penale.
Infine la considerazione che tra i reati oggetto del decreto di abrogazione e quelli oggetto del decreto di depenalizzazione non vi sarebbe alcuna differenza ontologica, tale da giustificare la diversità della disciplina sulla sorte dei capi concernenti le statuizioni civili, stante l’esistenza di un analogo meccanismo procedurale creato dal D.Lgs. 8/2016.
Un secondo orientamento, prendendo le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 12 del 2016, che si era pronunciata sulla legittimità dell'art. 538 c.p.p. nella parte in cui, al comma 1, collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell'imputato, sosteneva che alla base di detta impostazione vi fosse la scelta di rendere tendenzialmente autonomo il giudizio penale da quello civile sullo stesso fatto.
Quest’ultimo orientamento ha trovato l’avvallo delle Sezioni Unite che, con pronuncia del 7 novembre 2016 n° 46688, hanno affermato il seguente principio di diritto:
"In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il GIUDICE della IMPUGNAZIONE, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve REVOCARE ANCHE i CAPI della sentenza che concernono gli INTERESSI CIVILI.
Con la ulteriore specificazione che il GIUDICE della ESECUZIONE, viceversa, revoca, con la stessa formula, la sentenza di condanna o il decreto irrevocabili, lasciando FERME le disposizioni e i capi che concernono gli INTERESSI CIVILI".
La Suprema Corte ha motivato la scelta di detta soluzione, sulla base dei seguenti argomenti:
In primo luogo, il dato testuale della presenza di una disciplina transitoria (l’art. 12 del D.Lgs. 7/2016), che non fa mai riferimento all'eventuale potere del giudice dell'impugnazione di decidere l'appello o il ricorso rispetto ai capi concernenti le statuizioni civili.
Il secondo luogo, l’introduzione, ad opera delle nuove disposizioni, di inedite sanzioni pecuniarie civili, in luogo delle vecchie pene previste per i reati abrogati, comminabili dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno e dotate di efficacia retroattiva.
In terzo luogo, l’analisi sistematica del D.Lgs. n 8/2016 concernente la depenalizzazione, e del D.Lgs. n 7/2016 relativa all’abrogazione, che sebbene emanati contestualmente ed ispirati dalla medesima finalità deflattiva, presentano talune differenze. L’art 9 co. 3 D.Lgs 8/2016 statuisce infatti che il giudice che dichiari la depenalizzazione, disponga parimenti del potere di decidere sull’impugnazione penale ai soli effetti civili. Se ne deduce che il legislatore abbia voluto congegnare due sistemi autonomi e differenziati, l'uno per realizzare le abrogazioni con introduzione delle sanzioni civili e l'altro per le depenalizzazioni, con seguito nella sede di applicazione delle sanzioni amministrative.
Infine, il dato testuale dell’art 538 c.p.p. che collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla formale condanna dell'imputato.
Sul punto si erano formati in giurisprudenza due indirizzi:
Un primo orientamento era favorevole al mantenimento, in capo al giudice penale dell’impugnazione contro sentenza di condanna, del potere di decidere il ricorso agli effetti civili. Ciò sulla base dei seguenti riferimenti normativi:
In primis, l'art. 2 co. 2 c.p., statuendo in caso di abolitio criminis intervenuta dopo sentenza di condanna, la cessazione dell'esecuzione di questa e dei relativi effetti penali, determinerebbe a contrario la sopravvivenza degli effetti civili;
In secundis, l’art 11 delle preleggi, prescrivendo che "la legge non dispone che per l'avvenire", farebbe salvo il diritto acquisito dalla parte civile di vedere esaminata la propria azione già incardinata nel processo penale.
Infine la considerazione che tra i reati oggetto del decreto di abrogazione e quelli oggetto del decreto di depenalizzazione non vi sarebbe alcuna differenza ontologica, tale da giustificare la diversità della disciplina sulla sorte dei capi concernenti le statuizioni civili, stante l’esistenza di un analogo meccanismo procedurale creato dal D.Lgs. 8/2016.
Un secondo orientamento, prendendo le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 12 del 2016, che si era pronunciata sulla legittimità dell'art. 538 c.p.p. nella parte in cui, al comma 1, collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell'imputato, sosteneva che alla base di detta impostazione vi fosse la scelta di rendere tendenzialmente autonomo il giudizio penale da quello civile sullo stesso fatto.
Quest’ultimo orientamento ha trovato l’avvallo delle Sezioni Unite che, con pronuncia del 7 novembre 2016 n° 46688, hanno affermato il seguente principio di diritto:
"In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il GIUDICE della IMPUGNAZIONE, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve REVOCARE ANCHE i CAPI della sentenza che concernono gli INTERESSI CIVILI.
Con la ulteriore specificazione che il GIUDICE della ESECUZIONE, viceversa, revoca, con la stessa formula, la sentenza di condanna o il decreto irrevocabili, lasciando FERME le disposizioni e i capi che concernono gli INTERESSI CIVILI".
La Suprema Corte ha motivato la scelta di detta soluzione, sulla base dei seguenti argomenti:
In primo luogo, il dato testuale della presenza di una disciplina transitoria (l’art. 12 del D.Lgs. 7/2016), che non fa mai riferimento all'eventuale potere del giudice dell'impugnazione di decidere l'appello o il ricorso rispetto ai capi concernenti le statuizioni civili.
Il secondo luogo, l’introduzione, ad opera delle nuove disposizioni, di inedite sanzioni pecuniarie civili, in luogo delle vecchie pene previste per i reati abrogati, comminabili dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno e dotate di efficacia retroattiva.
In terzo luogo, l’analisi sistematica del D.Lgs. n 8/2016 concernente la depenalizzazione, e del D.Lgs. n 7/2016 relativa all’abrogazione, che sebbene emanati contestualmente ed ispirati dalla medesima finalità deflattiva, presentano talune differenze. L’art 9 co. 3 D.Lgs 8/2016 statuisce infatti che il giudice che dichiari la depenalizzazione, disponga parimenti del potere di decidere sull’impugnazione penale ai soli effetti civili. Se ne deduce che il legislatore abbia voluto congegnare due sistemi autonomi e differenziati, l'uno per realizzare le abrogazioni con introduzione delle sanzioni civili e l'altro per le depenalizzazioni, con seguito nella sede di applicazione delle sanzioni amministrative.
Infine, il dato testuale dell’art 538 c.p.p. che collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla formale condanna dell'imputato.
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