Diffamazione via e-mail


Può una comunicazione offensiva inviata via mail integrare il reato di diffamazione aggravata dal mezzo della stampa?
Diffamazione via e-mail
La questione se sussista l’aggravante del delitto di diffamazione dell'avere commesso il fatto "col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità" ai sensi dell'art dall'art. 595, comma 3 c.p. in relazione ad una comunicazione offensiva avvenuta mediante e-mail, è stata recentemente affrontata nel merito dal Tribunale di Milano (GM Sez. X, sent. 2016, n. 1624).
In effetti la questione è di notevole rilievo, in quanto proprio la sussistenza dell’aggravante in oggetto segna il discrimine tra la competenza del giudice monocratico e quella del giudice di pace.
Si tratta in effetti di verificare se la posta elettronica possa o meno integrare un mezzo di pubblicità, equiparato alla stampa dal comma terzo dell'art. 595 c.p.
Sin dalla fine degli anni novanta, con la diffusione delle comunicazioni via web, la giurisprudenza di legittimità ha inevitabilmente affrontato anche il problema delle diffamazioni via web, distinguendo tra i mezzi di comunicazione che possono raggiungere un numero indeterminato di destinatari (come i siti internet, i blogs, i forum e i social) e quelli che per loro natura sono diretti a soggetti determinati, come le e-mail o i messaggi in chat private.
Già nel 2000, la V Sezione della S.C. affermava che "nel caso di diffamazione commesso, ad esempio, a mezzo posta, telegramma o e-mail, è necessario che l'agente compili e spedisca una serie di messaggi a più destinatari", che risultano pertanto ben individuati, differentemente da quanto accade "nel caso in cui egli crei o utilizzi uno spazio web" laddove la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes.
Partendo da tale premessa la S.C. è giunta alla conclusione che "l'utilizzo di internet integra una delle ipotesi aggravate di cui dell'art. 595 co. 3 c.p., in quanto la particolare diffusività del mezzo usato rende l'agente "meritevole di un più severo trattamento penale" (Cass. Sez. V, 17/11/2000, n. 4741).
Un contrasto interpretativo si registra però in relazione alla comunicazione diffusa mediante posta elettronica e indirizzata a una pluralità di destinatari: una prima opzione interpretativa, infatti, vede nell'invio ad un numero chiuso di destinatari un elemento che escluderebbe il mezzo di pubblicità; una seconda soluzione, invece, valorizzando la semplicità di effettuare comunicazioni via internet e la potenziale "vasta cerchia di utenti", riconosce alle condotte in esame l'applicabilità dell'aggravante di cui al terzo comma dell'art 595 c.p., facendo leva sul "particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica, con lo strumento del "forward" a pluralità di destinatari" (Cass. Sez. V n. 29221/11).
In questo contrastato quadro giurisprudenziale, si inserisce la pronuncia di merito del Tribunale di Milano che, aderendo alla prima soluzione interpretativa, afferma che "la condotta di invio di una lettera o una e-mail ad un numero determinato di destinatari non è idonea ad integrare l'aggravante in esame, anche se inviata ad un numero cospicuo di persone".
In effetti, a ben vedere, la casella di posta elettronica può essere definita come "uno spazio riservato, messo a disposizione da un fornitore di servizi Internet"e la forma di comunicazione via e-mail non differisce in modo sostanziale dai tradizionali mezzi di comunicazioni scritte, quali ad esempio il servizio postale o il telegrafo.
Ragione per cui, solo le forme di comunicazione in incertam personam ("rivolte ad una generalità indifferenziata e indeterminata di destinatari, anche potenziali") sono le uniche in grado di integrare eventualmente l'aggravante di cui al 3° comma dell’art 595 c.p.
D’altronde, anche la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. I n. 24431/15) si è espressa in tal senso, sostenendo ad esempio che possa integrare il mezzo di pubblicità previsto dall’aggravante, anche un messaggio diffuso con le modalità consentite da una bacheca facebook, in quanto potenzialmente idonea a raggiungere un numero indeterminato di persone.
Di contro, la condotta di invio di una lettera o una mail ad un numero determinato di destinatari non è idonea ad integrare l'aggravante in parola, anche se il contenuto è in concreto inviato ad un numero cospicuo di persone.
Tale circostanza potrebbe eventualmente influire sulla valutazione della gravità del fatto ai fini della determinazione della pena, ma, in mancanza di un intervento legislativo, non può integrare l'aggravante, ostandovi il principio di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali ed il divieto di analogia "in malam partem".

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di Avv. Fabio Laviano

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