Differenze generazionali nelle organizzazioni. Risorsa o problema?
Le diversità nelle organizzazioni
All’interno di ogni organizzazione, oltre alla cultura prevalente, possono esserci sottoculture, legate a differenze specifiche: genere, generazione, cultura, ecc. Fra le varie forme di diversità ci sono quelle legate alla generazione di appartenenza. Ognuno, infatti, vive in un periodo storico con eventi che incidono sulla rappresentazione interna di valori, convinzioni, simboli, così come di possibili miti e idoli. Rappresentazioni che possono influenzare le visioni della vita presente e futura, l’immagine del lavoro e dei rapporti e che, se non viste e gestite, creare nelle aziende un gap o conflitto generazionale. Termini utilizzati per la prima volta, nei Paesi occidentali degli anni sessanta, per indicare le differenze culturali che si erano create tra la nuova generazione e quella dei loro genitori.
Precisiamo che nella distinzione fra generazioni, come in tutte le generalizzazioni, per evitare di cadere nel rischio dei cliché o degli stereotipi, va tenuto conto che sono tendenze e che possono esistere divergenze individuali rispetto a quelle prevalenti nella propria generazione, legate alla storia personale così come delle specificità dovute alle altre appartenenze: genere, cultura, ecc.
Il concetto di coorte e la pluralità di generazioni nell’attuale mercato del lavoro
”Le scienze sociali usano il termine coorte per descrivere i gruppi di individui che, nati all’interno di un arco di tempo abbastanza ristretto, condividono le stesse esperienze storiche negli stessi periodi della loro vita. Il concetto di coorte può aiutarci in due modi, spiegandoci a) perché persone appartenenti a un dato punto di età sono simili tra loro e b) perché gruppi di età ravvicinata possono avere traiettorie evolutive molto differenti”(Bee H. 1998).
Già nel 1928 Karl Mannheim scriveva che tra i sedici e i venticinque anni di età gli individui, entrando in contatto con la “vita pubblica”, attivano una sorta di “memoria collettiva generazionale”: un insieme di credenze, simboli e miti, destinati a perdurare a lungo.
Negli ultimi decenni il mondo del lavoro ha visto un prolungamento di età occupazionale e vissuto cambiamenti epocali, fra cui quelli legati all’innovazione tecnologica e all’occupazione femminile. Ciò nonostante, per decenni gli studi sulla popolazione lavorativa hanno riguardato quella maschile, sottovalutando le differenze di genere e considerando “le organizzazioni stesse come neutre” (Cozza M., Gennai F. 2009).
Nell’attuale mercato del lavoro sono presenti quattro, se non cinque generazioni di donne e uomini, nati in Italia o arrivati negli ultimi anni da altri paesi.
I tradizionalisti
È la generazione di persone, nate fra il 1928 e il 1945, formate durante il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale, e definita da alcuni anche “silenziosa”, perché cresciuta in un’epoca in cui era rischioso esporre il proprio punto di vista, o “della ricostruzione”, perché, dopo le sofferenze e le privazioni della guerra, grande protagonista della ricostruzione post bellica.
Una generazione più legata ai valori e usi della nostra tradizione che ai cambiamenti e, nel lavoro, motivata al rispetto della gerarchia, autorità e regole, con spirito di sacrificio personale, e non sempre alla competenza informatica (Pierantoni I., 2015).
Aggiungiamo che è la generazione più attenta alle esigenze dell’organizzazione che personali, fra cui la conciliazione fra tempi di vita e lavoro, e che era ancora composta soprattutto da uomini con accanto “casalinghe”, cui era demandata la cura familiare e che li affrancava da ogni esigenza di conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro. Le donne, presenti nelle aziende pubbliche e private, si dovevano adeguare ai modelli organizzativi maschili e, spesso, nelle loro famiglie, mantenevano anche i tradizionali ruoli di cura familiare.
I Baby bomber
Con questo termine s’indicano le numerose persone nate fra il 1946 e il 1965, negli anni dell’esplosione demografica, il “baby boom”, da cui appunto questa generazione prende il nome. Sono le ragazze e i ragazzi che, dagli anni ’60 in poi, per la prima volta nella nostra storia, hanno condiviso la vita scolastica in classi miste, l’esperienza del ’68, l’emancipazione femminile e gli anni ’70 con le grandi trasformazioni sociali, segnate da alcune leggi come quelle sul divorzio e l’aborto. Hanno vissuto gli anni di piombo in Italia, ma anche la capacità dei partiti di coalizzarsi per debellarlo e i cambiamenti degli anni ’80, il periodo della guerra Fredda e in Vietnam, e si sono impegnati per diverse cause civili e sociali, dando valore alla propria identità politica e alla nascita dei movimenti pacifisti e ambientalisti.
È la generazione del sorpasso delle ragazze nella scuola secondaria e dell'epoca in cui è stata affermata l’esigenza di pari opportunità uomo/donna nella vita privata e pubblica.
Nei vari studi i “baby boomers” sono considerati prevalentemente ottimisti, attratti anche dalla dimensione del “piacere”con disponibilità nei confronti dei consumi e cura del proprio corpo. Nel mondo del lavoro, anche se formali e rispettosi di una struttura gerarchica, sono ritenuti più centrati della generazione precedente sulla crescita personale, sull’autoaffermazione lavorativa, acquisita con impegno, grinta, talvolta con competizione, e motivati dal riconoscimento del loro merito, responsabili e amanti di una loro autonomia lavorativa.
Generazione X
Le persone di questa generazione, nate fra il 1966 e il 1980, che si differenziano dalle precedenti per una maggiore competenza tecnologica e per essere in numero inferiore, perché nati in un periodo di decrescita demografica, oggi sono nel pieno dell’attività professionale. Hanno vissuto in un periodo di grandi progressi tecnologici (i viaggi nello spazio, lo sviluppo d’internet), ma anche di catastrofi ambientali come Chernobyl o il buco nell’ozono.
Anche questa generazione è orientata verso l’efficienza, ma si differenzia dalle precedenti per l’importanza data al tempo libero e alla qualità di vita. Molti uomini, e non solo donne, avvertono l’esigenza di poter conciliare i tempi di vita con quelli lavorativi. La crescente presenza di donne nel mercato del lavoro “porta con sé una modifica dei modelli culturali delle famiglie e quindi dei comportamenti di genere maschili”(Bombelli M. C. 1998).
Millennials
La generazione millennials (o anche Generation Y, Generation Next o Net Generation o per alcuni MTV)) è quella delle persone nate fra il 1981 e il 1995, durante l’epoca del sorpasso delle donne nell’università, con inevitabili ripercussioni anche nel mondo del lavoro. “La percentuale di donne sul totale dei laureati è passata dal 45,4% del 1984 al 50,7% del 1992 (fonte ISTAT)” (Bombelli M. C. 1998). Sono anche gli anni dell’euro, della cittadinanza europea, e, dal 15 luglio 1987, delle esperienze Erasmus[1], ma anche della crescita del cambiamento climatico e del terrorismo.
Grazie alla sua abitudine ad accedere al mondo digitale, è “la prima generazione globale, che al di là delle differenze linguistiche e culturali derivanti dalla propria localizzazione, condivide strumenti e possibilità di dialogo in grado di annullare qualsiasi distanza fisica e temporale” (Martone D. 2015). Le persone di questa generazione sono prevalentemente mosse da un nuovo spirito multiculturale, e, di fronte alla precarietà o all’insoddisfazione lavorativa, molte hanno cercato anche opportunità all’estero.
S’impegnano, soprattutto se c’è flessibilità oraria. Vogliono avere tempo per sé e crescere, formandosi continuamente. Preferiscono lavori che esprimano valori di utilità sociale. Sono competenti e collaborativi e disposti a cambiare. Il 60%, dopo tre anni, tende a sperimentare esperienze diverse e multitasking, che spesso portano a un lavoro autonomo.
Pur essendo flessibili e particolarmente adatti al mercato globale attuale, spesso è difficile la loro interazione con le generazioni precedenti per alcune loro specifiche caratteristiche: demotivazione per le strutture burocratizzate e molto gerarchiche, interesse nel lavoro, non solo per la retribuzione economica, ma anche per la gratificazione personale, la crescita e il desiderio di altri progetti di vita extralavoro e la tendenza ad adattare il lavoro alla propria vita e non l’opposto. (AA.VV. 2014,2023).
Generazione Z.
Con il termine Centennials o Generation Z s’indicano le persone nate dopo il 1996. Questa generazione, che sta cominciando ad entrare nel lavoro, è la prima ad essere cresciuta accedendo ad Internet sin dall'infanzia. “La cosiddetta generazione Z, che comprende indicativamente i giovani tra i 18 e i 24 anni, è quella dei nativi digitali che fanno un uso massiccio della tecnologia, in particolare dei social media. La digitalizzazione gioca quindi un ruolo cruciale, a tutti i livelli, nei loro processi di socializzazione: da quelli più informali, come le relazioni amicali, ai rapporti lavorativi. Per la generazione Z le priorità nella scelta del datore di lavoro sono l’atmosfera che si respira in ufficio, la visibilità del percorso di crescita, l’attenzione a diversità e inclusione. Questo ultimo indicatore, sostanzialmente ignorato dalle altre generazioni, è ritenuto molto importante per i giovanissimi "(AGI, 2020).
Sono attratti dalle persone più grandi che percepiscono autentici e interessati a far emergere il loro potenziale. Sono motivati a orari di lavoro flessibili e per questo legano con i Millennials. Cercano una conciliazione serena fra vita e lavoro. Sono attenti alla collettività, ai valori condivisi, al rispetto per l’ambiente, al salutismo. Curiosi, hanno bisogno di continui stimoli. Globali, multiculturali, hanno un concetto di genere meno rigido delle generazioni precedenti.
Come motivare un sistema lavorativo multigenerazionale?
Con una varietà generazionale, come quella attuale, per evitare i rischi di conflitti lavorativi e la demotivazione, è indispensabile che nelle varie organizzazioni ci si occupi di favorire la conoscenza reciproca, affinché le differenze assumano più la connotazione di opportunità - per le singole persone, i gruppi di lavoro e l’azienda nel suo complesso - che di scontro intergenerazionale. Questo richiede necessariamente una formazione continua, la creazione di una cultura aziendale che agisca per l’inclusione delle diverse generazioni e per processi di collaborazione effettiva con un confronto di punti di vista differenti, visti non come degli assoluti, ma piuttosto come delle rappresentazioni della realtà, più o meno consapevoli e legate alla propria storia individuale e collettiva. Solo con uno spirito di reciproco scambio di conoscenze, valori di riferimento competenze, motivazioni e ricerca di mediazioni, possono essere costruiti confronti e non rifiuti reciproci.
Bibliografia
AG I- Generazione Z. Generazione Z Nativi digitali. In Agenzia Giornalistica Italia. Reperibile in https://www.agi.it/native/innovazione/news/2022-06-20/innovazione-assunzioni-eni-17163518/.
.AA.VV. Istituto Giuseppe Toniolo (2014). La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2014. Pubblicato on line.
AA. VV. Istituto Giuseppe Toniolo (2023). La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2023. Bologna: Il Mulino.
Bee H. (1994). La psicologia dello sviluppo. Dall’età prenatale all’età senile. Bologna: Zanichelli.
Bombelli M. C. (1998). Management delle differenze: gestire il genere. In Economia & Management – SDA BOCCONI. Milano: ETASLIBRI Periodici.
Cozza M. Gennai F. (2009). IL genere nelle organizzazioni. Roma: Carocci.
Mannheim K. (2008). Le generazioni. Bologna: Il Mulino.
Martone D. (2015). I nuovi Dei dell’Olimpo dei Consumi: alla conquista dei Millennials. La Generazione Y Italiana a confronto con quella Europea e Mondiale. Diego Martone Editore e-book.
Pierantoni I. (2015). Come gestire 5 generazioni in azienda. La convivenza multi generazionale per lo sviluppo del business. GiveMeAChange – editoria online.
[1] ERASMUS, che è acronimo di “EuRopean community Action Scheme for the Mobility of University Students”, è un programma di mobilità studentesca dell’Unione europea.
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