Dimmi come comunichi e ti dirò chi è l'altro


La comunicazione è lo specchio della relazione che abbiamo con l'altro e comunicare non vuol dire semplicemente trasmettere ciò che si ha in mente
Dimmi come comunichi e ti dirò chi è l'altro
Perché ci comportiamo in un certo modo, che cosa vogliamo veramente, dove abbiamo imparato un determinato comportamento (o meglio: chi ce lo ha insegnato?), quali reazioni sono il frutto di una situazione oggettiva presente e quali invece conseguenze di relazioni passate?
Attraverso la lettura della persona si possono raccogliere molti dati, che si aggiungono alla comunicazione verbale e non-verbale. In una relazione capo-collaboratore che tipo di rapporto c’è ad esempio? Una protezione paterna del più anziano verso chi ha meno esperienza od invece la dominanza verso chi è in una posizione subalterna? Il collaboratore si adatta in parte volontariamente in parte no a situazioni positive e negative, ha in generale un atteggiamento ribelle anche quando non ce ne sarebbe bisogno, cerca il dialogo e la spiegazione delle cose che gli vengono chieste?
Perché il capo protettivo mi fa sentire bene, ma non mi sento completamente autonomo nel mio lavoro? Perché il mio collega non si ribella a quello che ha me sembra un’ingiustizia? Come posso relazionarmi meglio con un collega che sembra voler avere sempre una regola per tutto e per tutti? Fondamentale infatti è la conoscenza di come siamo fatti e come reagiamo per attuare sempre più comportamenti per noi vincenti e sempre meno comportamenti che ci mettono in difficoltà. Quanto più ognuno di noi conosce la propria natura, tanto più sarà in grado di cercare e vivere situazioni gradevoli per se stesso e superare i propri limiti nelle situazioni avverse. Comprendere inoltre le nostre reazioni, leggere il vero significato di uno scambio di comunicazione tra persone facilita il superamento di eventuali equivoci e conduce ad un risultato più efficacie.

In realtà la comunicazione non è solo un invio a senso unico di informazioni, ma è uno scambio innanzitutto, che è influenzato dal contesto in cui si sviluppa e che crea una relazione tra le parti. Gli assiomi della comunicazione furono definiti da Paul Watzlawick e altri studiosi della Scuola di Palo Alto (California) allo scopo di identificarne alcune proprietà ed utilizzarle per diagnosticare alcune patologie. Ne definì cinque: l'impossibilità di non comunicare; i livelli comunicativi di contenuto e relazione; la punteggiatura della sequenza di eventi; la comunicazione numerica e analogica; l'interazione complementare e simmetrica.

Primo assioma: Non si può non comunicare. Anche quando non rispondiamo ad una domanda o rimaniamo in silenzio in compagnia di un’altra persona stiamo comunicando ad esempio una insoddisfazione o la noia o la semplicità di una relazione tanto intima che non ha bisogno di parole per vivere l’intensità di una emozione.
Secondo assioma: Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (che cosa) ed uno di relazione (come). I canali attraverso i quali vengono percepiti i messaggi trasmessi concorrono al processo comunicativo nella misura del 10% per quanto riguarda il "che cosa" e del 90% per quanto riguarda il "come".
Terzo assioma: La natura della comunicazione dipende anche dall’intonazione che usiamo, le pause, le ripetizioni, etc.
Quarto assioma: Gli esseri umani comunicano sia con il linguaggio digitale (verbale) e sia quello analogico (non verbale). Ad esempio gli sguardi, la postura, la vicinanza, ma anche strumenti "analoghi" al messaggio che si vuole passare, come un disegno.
Quinto assioma: Tutti gli scambi di comunicazione si basano sull’uguaglianza o sulla differenza. La comunicazione può quindi svolgersi su uno stesso livello oppure su livelli diversi, ad esempio nel caso in cui ci sia una gerarchia, allora la direttività dell'individuo dipende non solo dalla propria autorevolezza, ma anche dal ruolo che svolge e dal ruolo svolto dall’altro. Una relazione complementare si svolge quindi tra due soggetti che non sono sullo stesso piano. Ad esempio un genitore con un figlio, un dipendente con il superiore, un medico con il paziente, etc.
La sintesi estrema di tutto quanto detto sopra potrebbe essere la frase di Mac Luhan:

"Non so ciò che ho detto finché non ascolto il mio interlocutore".

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di Barbara Fossi

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