Diritto al mantenimento: uguaglianza tra uomo e donna
La pronuncia: il concetto di tenore di vita goduto in costanza di matrimonio
La recente sentenza Cassazione Civile, sez. I, sentenza 29/04/2015 n° 8716 ha ufficilamente sancito, sulla linea di un più ampio riconoscimento di uguaglianza tra i due sessi, la piena parità di diritti fra uomo e donna in tema di assegno di mantenimento.
Il caso verteva sulla separazione di un uomo dalla moglie casalinga ma decisamente benestante, che poteva contare su oltre tre milioni di euro di patrimonio personale.
La questione approda dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione e fornisce l'occasione per confermare l'assoluta assenza di differenze tra uomo e donna dinanzi all'obbligo di mantenere il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio anche a seguito della separazione imponendo così in capo al coniuge economicamente più forte - seppur non per ragioni di reddito da lavoro ma per consistenza patrimoniale - l’obbligo di versare assegno di mantenimento, qualora lo stesso patrimonio abbia inciso sullo stile di vita goduto durante l’unione
Il diritto all'assegno di amntenimento trae la sua ragion d'essere dall'art. 156 c.c. il quale impone un'adeguato bilanciamento nel tenore di vita tra i coniugi separandi. In pratica, laddove il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio sia derivato dal benessere economico apportato da uno solo dei coniugi quest'ultimo dovrà versare alla parte economicamente più debole un assegno voilto ad integrare la somma necessaria affinchè il tenore di vita non venga modificato.
Pertanto, trovano assoluta importanza i criteri cui il giudice affida la determinazione dell'an debeatur.
Giurisprudenza costante pone come criterio il "tenore di vita che potenzialmente si sarebbe verificato in costanza di matrimonio".
Dal momento che viene in considerazione non lo stile di vita goduto, ma quello che avrebbe potenzialmente potuto essere goduto in costanza di matrimonio, e non potendo negare che dal patrimonio della donna derivasse tale agio, la Suprema Corte ha deciso di addebitare alla moglie l'obbligo di mantenimento.
Un`occasione, dunque, che la Suprema Corte non ha perduto nè per porre l'accento sulla ormai dovuta parità tra uomo e donna e, soprattutto, sulla fonte e sui criteri della determinazione del c.d. tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, delinando e meglio precisando i confini per la determinazione dell'obbligo all'assegno di mantenimento.
Avv. Irene Bonora
Il caso verteva sulla separazione di un uomo dalla moglie casalinga ma decisamente benestante, che poteva contare su oltre tre milioni di euro di patrimonio personale.
La questione approda dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione e fornisce l'occasione per confermare l'assoluta assenza di differenze tra uomo e donna dinanzi all'obbligo di mantenere il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio anche a seguito della separazione imponendo così in capo al coniuge economicamente più forte - seppur non per ragioni di reddito da lavoro ma per consistenza patrimoniale - l’obbligo di versare assegno di mantenimento, qualora lo stesso patrimonio abbia inciso sullo stile di vita goduto durante l’unione
Il diritto all'assegno di amntenimento trae la sua ragion d'essere dall'art. 156 c.c. il quale impone un'adeguato bilanciamento nel tenore di vita tra i coniugi separandi. In pratica, laddove il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio sia derivato dal benessere economico apportato da uno solo dei coniugi quest'ultimo dovrà versare alla parte economicamente più debole un assegno voilto ad integrare la somma necessaria affinchè il tenore di vita non venga modificato.
Pertanto, trovano assoluta importanza i criteri cui il giudice affida la determinazione dell'an debeatur.
Giurisprudenza costante pone come criterio il "tenore di vita che potenzialmente si sarebbe verificato in costanza di matrimonio".
Dal momento che viene in considerazione non lo stile di vita goduto, ma quello che avrebbe potenzialmente potuto essere goduto in costanza di matrimonio, e non potendo negare che dal patrimonio della donna derivasse tale agio, la Suprema Corte ha deciso di addebitare alla moglie l'obbligo di mantenimento.
Un`occasione, dunque, che la Suprema Corte non ha perduto nè per porre l'accento sulla ormai dovuta parità tra uomo e donna e, soprattutto, sulla fonte e sui criteri della determinazione del c.d. tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, delinando e meglio precisando i confini per la determinazione dell'obbligo all'assegno di mantenimento.
Avv. Irene Bonora
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