Diritto della madre all'anonimato anche dopo la sua morte?


Sussiste il diritto della madre all’anonimato anche dopo la sua morte, in caso di accertamento giudiziale della maternità?
Diritto della madre all'anonimato anche dopo la sua morte?

Con la sentenza n. 19824/2020, depositata il 22 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha stabilito un nuovo, interessante principio in materia di durata del diritto a restare “madre anonima”.

La nuova direzione assunta dagli Ermellini, nella materia in oggetto, mira a trovare un contemperamento tra il diritto della madre a mantenere l’anonimato e quello del figlio a vedere riconosciuta la genitorialità, dopo la morte della madre.

IL CASO: gli eredi della de cuius formulavano opposizione al riconoscimento giudiziale di maternità richiesto dal figlio, sostenendo che il diritto all’anonimato della madre non possa essere compromesso anche oltre la durata della vita della stessa.

La Corte d’Appello di Lecce, quindi, confermava la sentenza di primo grado che riconosceva l’accertamento della maternità della signora sulla scorta di una consulenza immunogenetica, della deposizione di testi non legati da vincoli di parentela o affinità e, infine, sul verbale di testamento olografo in cui il riconoscendo era nominato fra gli eredi.

La figlia legittima affidava, quindi, il ricorso per Cassazione a tre motivi.

LA DECISIONE: la Suprema Corte ha osservato preliminarmente che il diritto della madre a mantenere l’anonimato al momento del parto è un diritto fondamentale che trova il suo fondamento costituzionale nell’esigenza di salvaguardare madre e neonato da qualsiasi perturbamento, connesso alla più eterogenea gamma di situazioni, personali, ambientali, culturali, sociali, tali da generare l’emergenza di pericoli per la salute psicofisica o la stessa incolumità di entrambi e da creare, al tempo stesso, le premesse perché la nascita possa venire nelle condizioni migliori possibili”.

Esso, inoltre, trova riconoscimento in una pluralità di norme che ne consentono un’ampia tutela, sia a livello ospedaliero che in materia di tutela dei dati personali in termini di legislazione interna, che rispecchia il diritto fondamentale sancito dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.

E’ altrettanto chiaro, secondo la Corte, che tale diritto si contrappone al diritto del figlio all’identità personale, nel senso di conoscenza della propria storia biologica, che si riflette inesorabilmente sulla vita individuale e relazionale di quest’ultimo.

Per questo motivo il diritto della madre a non comparire sul certificato di nascita del figlio, generalmente non sacrificabile o comprimibile per tutelare la difficile scelta della donna, deve, in particolari situazioni, attenuarsi di fronte alle mutate peculiarità della situazione storica che si è prospettata.

Per questo motivo tale regola può essere “derogataconsentendo l’accertamento giudiziale della maternità – se la madre, con inequivocabile condotta, ha manifestato la volontà di revocare nei fatti la scelta di rinunciare alla genitorialità ovvero se la stessa premuore rispetto al figlio che chiede l’accertamento”.

In questi ultimi due casi, infatti, la necessità di tutela del diritto alla salute e alla vita espresso dalla madre con l’esercizio dell’anonimato deve trovare necessario indebolimento a fronte del diritto, parimenti garantito dalla Costituzione, del figlio di conoscere le sue origini biologiche, quest’ultimo prevalendo rispetto ai diritti (aventi natura patrimoniale) di eredi e discendenti.

 

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di Avv. Luana Momesso

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