Diritto di difesa negli appalti e rito accelerato

Come noto, l’art. 120 c. 2 bis c.p.a, introdotto dall'art. 204 del nuovo Codice degli Appalti (D.lgs. n. 50/2016) ha congegnato un sub-rito speciale - c.d. "super-accelerato" o "super-speciale" (Cons. Stato, parere 10 aprile 2016, n. 855) − inserito all'interno del rito già speciale previsto in materia di appalti pubblici.
Il nuovo e speciale rito processuale (disciplinato ai commi 2 bis e 6 bis dell'art. 120 c.p.a.), si applica alle impugnazioni dei provvedimenti che - all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali dei concorrenti - dispongano le esclusioni dalle, o le ammissioni alle, procedure di affidamento di contratti pubblici. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale.
I provvedimenti in questione debbono essere impugnati nel termine di 30 giorni dalla relativa pubblicazione sul profilo della stazione appaltante, nella sezione "Amministrazione Trasparente", ai sensi dell'art. 29, c. I, del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Agli interessati è, quindi, imposto un onere di immediata impugnazione di tali provvedimenti. Una volta decorso il termine suddetto, questi ultimi, infatti, non possono più essere contestati. In altri termini, la selezione dei partecipanti alla procedura selettiva diviene definitiva, indipendentemente e in un momento anteriore, rispetto alla conclusione della procedura medesima.
Ne deriva, così, che il successivo provvedimento di aggiudicazione sopraggiunto in corso di causa debba essere necessariamente gravato con ricorso autonomo oppure, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, anche con motivi aggiunti; in ogni caso il gravame comporta un significativo esborso economico collegato alla duplicazione del contributo unificato da versare: in sostanza, viene in questo modo ad essere introdotto un "nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza" (Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2017, ord. n. 1059).
Le peculiarità del rito in esame hanno già spinto la giurisprudenza a delinearne un’interpretazione restrittiva, coerentemente con il carattere speciale e derogatorio dello stesso, ritenendo estranei all’ambito di applicazione dei summenzionati commi 2 bis e 6 bis i provvedimenti di esclusione che non dipendano dalla mancanza dei requisiti soggettivi (come letteralmente indica la norma), ma da altri motivi. A titolo esemplificativo, si pensi alle ipotesi afferenti alla garanzia provvisoria, al mancato esercizio del potere di soccorso istruttorio (ovviamente non riguardante profili inerenti i requisiti di partecipazione dei concorrenti), alla documentazione di cui si compone l'offerta ecc. (Cfr. Tar Campania, Napoli, I, sentenza 20 febbraio 2017, n. 1020).
Tale profilo costituisce solo uno degli aspetti problematici sollevati dall’applicazione concreta dell’istituto − primo fra tutti la sussistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale − tanto da comportare, come si dirà nel prosieguo, da un lato rilevanti ricadute sull’annosa questione dei ricorsi incidentali escludenti e, dall’altro, la remissione alla Corte di Giustizia del vaglio circa la legittimità della disciplina sul rito super-accelerato rispetto al diritto di difesa in giudizio (Tar Piemonte, Sez. I, ordinanza 17 gennaio 2018, n. 88).
Gli effetti del rito speciale sui ricorsi incidentali escludenti e sulla decorrenza del termine di impugnazione - Il rito super-speciale, come supra accennato, estende espressamente la preclusione relativa alla contestazione immediata (entro 30 giorni dalla pubblicazione dei medesimi sul profilo della stazione appaltante) degli atti di ammissione ed esclusione alle procedure di gara anche alla possibilità di esperire il ricorso incidentale.
Le ricadute di tale previsione condizionano in particolar modo i c.d. ricorsi incidentali escludenti, ossia quelli diretti a far valere, con l’impugnazione dell’aggiudicazione, non tanto l’illegittimità per vizi propri del provvedimento, ma l’illegittimità derivata dal fatto che l’aggiudicazione sia stata disposta a favore di un operatore economico che è stato illegittimamente ammesso.
Fino al novum processuale in esame, secondo i principi generali del processo, l’interesse a far valere tale profilo di invalidità si concretizzava in capo all’operatore economico non aggiudicatario soltanto al momento dell’aggiudicazione, mentre era rinvenibile in capo all’aggiudicatario esclusivamente nel momento in cui quest’ultimo subiva il ricorso principale da parte di un concorrente illegittimamente ammesso, aprendo lo scenario alla proposizione di un ricorso incidentale.
Con la nuova disciplina, invece, la contestazione in ordine all’illegittima ammissione di un concorrente è sottoposta al termine decadenziale di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento che dispone le ammissioni e le esclusioni, precludendo la facoltà di successiva impugnazione dell’aggiudicazione per invalidità derivata, anche con ricorso incidentale.
La ratio della previsione è indubbiamente quella di porre rimedio alla prassi della sovrapposizione di censure incrociate sulla fase iniziale della procedura di gara quando essa sia già giunta a conclusione. Al fine di tutelare la stabilità della gara, dunque, il ricorso incidentale escludente, sarà precluso qualora con esso si voglia contestare la mancanza di requisiti in capo al ricorrente principale.
Ciò, secondo parte della dottrina, con buona pace del dibattito giurisprudenziale relativo all’ordine di esame tra il ricorso incidentale e quello ricorso principale (cfr. Cons. St. Ad. plen., 10 novembre 2008, n. 11; Cons. St., Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4; Corte giusstizia UE, sez. X, 4 luglio 2013, in C-100/12 "Fasweb"; Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; Corte giustizia UE, Grande Sezione, 5 aprile 2016, in C689/13, "Puglienica").
Diverso orientamento, invece, sostiene che la questione possa dirsi solo parzialmente superata dalla novella legislativa, posto che la necessità di contemperare la finalità deflattiva del contenzioso con il diritto di difesa impone di attribuire all’art. 120, c. 2 bis del d.lgs. 104 del 2010 un’interpretazione strettamente letterale in forza della quale il nuovo rito speciale ha un raggio di operatività che non comprende, genericamente, tutti gli atti di esclusione e di ammissione, ma riguarda esclusivamente: "il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali". Parrebbero, dunque, esclusi da questa dizione le ammissioni o le esclusioni riguardanti altri aspetti delle offerte, come ad esempio l’anomalia o il contenuto delle offerte tecniche od economiche.
Pertanto, così come dimostrato dalle recenti pronunce rese in materia di ricorsi incidentali escludenti, l’attuale formulazione della norma non può essere considerata del tutto idonea a evitare il rischio di ricorsi incrociati escludenti destinati a provocare la ripetizione della gara.
Interpretazioni restrittive della disciplina in esame, come supra evidenziato (Tar Napoli, cit.), sono già state confermate dalla giurisprudenza con riferimento alla decorrenza del termine per impugnare con ricorso incidentale l’ammissione di un altro concorrente in gara.
In particolare è stato affermato che "Il dies a quo per proporre il ricorso incidentale avverso l’ammissione di altro concorrente dalla gara decorre, in applicazione del principio dettato dall’art. 42, c. 1, c.p.a., dalla notifica del ricorso principale e non dalla conoscenza del provvedimento di ammissione pubblicato sul profilo del committente, ferma restando la preclusione all’attivazione di tale rimedio processuale quale strumento per dedurre, in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, le censure riferite alla fase di ammissione (Cons. St., sez. III, 10 novembre 2017, n. 5182).
L’intervento del Consiglio di Stato - che ha riformato in parte la sentenza Tar Napoli, Sez. I, 13 giugno 2017, n. 3226 − è stato necessario al fine di impedire che anche il termine di decadenza per la proposizione del ricorso incidentale fosse ancorato alla pubblicazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, mediante l’affermazione del principio per cui in termini di rapidità di celebrazione del contenzioso, la posposizione del ricorso incidentale alla notifica del ricorso principale importa un incremento dei tempi processuali non significativo (30 gg) e, comunque, del tutto equivalente all’analogo differimento tollerato in caso di proposizione dei motivi aggiunti (art. 120, c. 6 bis, c.p.a.).
Dal punto di vista testuale, inoltre, il fatto stesso che l’art. 120, c. 6 bis c.p.a. faccia espressa menzione del ricorso incidentale, induce a ritenere che la portata di tale rimedio processuale sia da intendersi estesa (quantomeno anche) agli atti che costituiscono l’oggetto proprio di questa tipologia di rito.
Sempre sul piano testuale e nel medesimo senso, è apprezzabile il fatto che l’art. 120, c. 2 bis, precluda, in caso di mancata impugnativa nel ristretto termine ivi previsto, la sola facoltà di far valere con ricorso incidentale "l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento", con ciò riferendosi espressamente ad attività ulteriori e posteriori rispetto ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dei candidati, quali l’esito della valutazione delle offerte o l’aggiudicazione; e che, a contrario, alcuna espressa preclusione sia prevista con riferimento ad ulteriori modalità di esplicazione del rimedio incidentale. Il che porta a ritenere che il c. 2 bis non abbia voluto in alcun modo limitare l’attivazione del rimedio nelle modalità ordinarie tracciate dall’art. 42, c. 1, c.p.a.
Esaminati questi aspetti, il Consiglio di Stato ha affermato che ove il dies a quo decorresse dalla conoscenza dei provvedimenti di ammissione, il rimedio processuale azionato dal concorrente convenuto in giudizio finirebbe per risultare del tutto svincolato e indipendente dal ricorso principale: ciò sia sotto il già esaminato profilo del termine decadenziale della sua introduzione in giudizio e sia sotto il profilo della essenzialità della sua cognizione, poiché il giudice sarebbe chiamato in ogni caso a scrutinare il mezzo incidentale anche in ipotesi di acclarata infondatezza del rimedio principale. Più in generale, il giudice dovrebbe esaminare entrambe le impugnative, indipendentemente dai loro esiti rispettivi, trattandole alla stregua di azioni del tutto autonome e prive di reciproche implicazioni. Dunque, non di "ricorso incidentale" in senso proprio potrebbe discorrersi, una volta sterilizzatene tutte le più specifiche proprietà che lo configurano come strumento di difesa riconvenzionale, proponibile in via consequenziale all’impugnativa principale; di più: del ricorso incidentale non resterebbe nemmeno il nomen, poiché al giudizio di primo grado è del tutto estranea - in quanto nota solo al grado d’appello - la variante del ricorso "incidentale nella forma, ma principale nella sostanza".
Senonché, l’espunzione della modalità procedurale prevista dall’art. 42 c.p.a. comporta - in danno della parte resistente - una considerevole compromissione delle sue facoltà di difesa, non bilanciata da vantaggi o ragioni sistematiche di analogo rilievo. Ed invero, la parte intimata in giudizio, vista contestata la sua ammissione in gara, non potrebbe paralizzare in via riconvenzionale l’iniziativa avversaria; più in generale, il concorrente ammesso alla procedura che volesse tutelarsi da eventuali iniziative avversarie miranti a provocarne l’esclusione dalla gara, non avrebbe altra via che quella di agire in via preventiva, impugnando le altrui ammissioni prima ancora di avere notizia di analoghe iniziative proposte nei suoi confronti e senza poter saggiare l’utilità difensiva della sua iniziativa processuale. Il che rileva quanto negare - in contrasto con l’art. 24 Cost. - l’idea di un esercizio proporzionato e consapevole del diritto di difesa, commisurato cioè ad una valutazione di necessità e di preventiva stima dei costi e dei benefici che, correlandosi ad ogni intrapresa processuale, ne suggeriscono o sconsigliano l’onerosa attivazione.
Per converso, l’interpretazione offerta dai giudici di Palazzo Spada preserva l’esigenza di concentrare in un unico giudizio, caratterizzato dalla snellezza e celerità di cui al c. 6 bis dell’art. 120, tutte le questioni attinenti alla fase di ammissione ed esclusione dei concorrenti, nella piena esplicazione dei principi della "parità delle armi" e della "effettività del contraddittorio"; e al contempo salvaguarda la natura dell’impugnazione incidentale quale mezzo di tutela dell’interesse che sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale.
Ulteriori problematiche applicative inerenti la nuova disciplina processuale concernono l’idoneità o meno della presenza del rappresentante dell’impresa nel corso di gara a far decorrere il termine di impugnazione delle ammissioni o delle esclusioni.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il termine per ricorrere decorerebbe in ogni caso dall’avvenuta conoscenza dell’atto di ammissione o esclusione, anche a prescindere dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente ai sensi dell’articolo 29, c. 1, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50; ciò purché siano percepibili i profili che ne rendono evidente l’immediata e concreta lesività per la sfera giuridica dell’interessato (Tar Toscana, sez. I, 18 aprile 2017, n. 582; Tar Puglia - Bari, sez. III, 8 novembre 2016, n. 1262).
Diametralmente opposta, invece, l’impostazione per cui il termine per l’impugnativa decorrerebbe esclusivamente dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente in quanto la disposizione di cui all’art. 120, c. 2 bis, c.p.a. prevede espressamente ed inequivocabilmente che il dies a quo per proporre tale particolare impugnativa coincide con la data di pubblicazione del provvedimento che determina l’esclusione o l’ammissione sul profilo della stazione appaltante, stante la specialità di una simile previsione, che prevarrebbe su ogni altra previsione o applicazione di tipo giurisprudenziale (Tar Napoli, sez. V, 6 ottobre 2017, n. 4689; Tar Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017, n. 9379, Tar Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017, n. 9379).
L’arresto giurisprudenziale più recente, pur condividendo in linea di principio la natura speciale della normativa che impone l’onere di immediata impugnativa, ritiene che non sia sufficiente a far decorrere il termine per impugnare il provvedimento di ammissione dalla gara la sola presenza di un rappresentante della ditta alla seduta in cui viene decretata l’ammissione, e ciò in quanto tale presenza determina al più la conoscenza del provvedimento di ammissione e di quanto ivi emerso, oltre alla mera conoscibilità di eventuali ulteriori profili di illegittimità all’esito di successive indagini, ma non certamente la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità che, ove esistenti, inficino le relative determinazioni; atteso l’indicato carattere derogatorio, il criterio dell’effettiva completa conoscenza dell’atto impugnabile, comprensivo di tutti gli aspetti di lesività e illegittimità dello stesso, deve essere applicato in modo restrittivo, ai soli casi in cui, per gli elementi emersi nella seduta di gara, si evince che la parte dovesse essere sin da allora pienamente consapevole dei profili di illegittimità sollevabili (Tar Napoli, Sez. VIII, 18 gennaio 2018 n. 394).
Non vi sarebbe, infatti, ragione per procrastinare il termine di impugnativa prolungando la situazione di incertezza sulla sorte finale della gara d’appalto che la norma sull’onere di impugnativa immediata ha inteso ridurre (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 7 novembre 2017, n. 5221).
A prescindere dalla pubblicazione, in ogni caso, il criterio fondamentale sui fare riferimento è la piena conoscenza dell’atto, che può provenire da qualsiasi fonte, purché siano purché siano percepibili i profili che ne rendano evidente la lesività per la sfera giuridica dell’interessato in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. Ciò in quanto "in difetto di un’espressa e univoca correlativa espressa previsione legislativa a valenza derogatoria e in assenza di un rapporto di incompatibilità, deve escludersi che il c. 2 bis dell’art. 120 c.p.a. abbia apportato una deroga all’art. 41, c. 2, c.p.a. e al principio generale della decorrenza del termine di impugnazione dalla conoscenza completa dell’atto. La piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, può dunque provenire da qualsiasi fonte e determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso" (Cons. St., sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5870).
Il rito super speciale ed il rispetto del diritto di difesa in giudizio: la parola alla Corte di Giustizia - Solo nel mese di agosto 2017, il T.a.r. Lazio, con pronuncia n. 9379 del 22 agosto 2017, nel tentativo di offrire un’interpretazione dell’istituto processuale in esame non violativa del diritto di difesa, aveva rigettato un’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E., affermando che l’art. 120, c. 7, c.p.a., dovesse essere interpretato nel senso di riconoscere alla parte ricorrente la facoltà (e non l’obbligo) di proporre autonoma impugnativa avverso il provvedimento di aggiudicazione della gara, eventualmente sopraggiunto nel corso del non ancora esaurito giudizio sull’ammissione/esclusione di un concorrente, sussistendo comunque la possibilità o di un’impugnativa congiunta o della proposizione successiva di motivi aggiunti.
La I Sezione del Tar Piemonte − con ordinanza n. 88 decisa nella Camera di Consiglio del 27 settembre 2017 e pubblicata in data 17 gennaio 2018 − ha invece individuato una violazione dei principi europei in materia di diritto di difesa e di presupposti dell’azione rimettendo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i due seguenti quesiti riguardanti il novum processuale:
1) "se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 c. 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti";
2) "se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 c. 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato".
La concreta applicazione del rito super-speciale comporta − secondo la più che condivisibile impostazione del Tar subalpino − gravi conseguenze in relazione all’inconsistenza dell’interesse ad agire, il quale viene irrimediabilmente a mancare sia quando venga censurata l’ammissione/mancata esclusione di una concorrente che, conclusa la gara, non si riveli poi aggiudicataria; sia nell’ipotesi in cui la stessa ricorrente, a graduatoria definita, si collochi in una posizione tale da non avere alcun interesse a contestare l’aggiudicazione.
Evidente è il vulnus al principio di effettività sostanziale della tutela, che l’art. 1 Dir. 89/665/CEE espressamente riconnette alla nozione di interesse ove impone agli Stati membri di apprestare un sistema di giustizia che garantisca un utile accesso a "chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione".
In tal senso, il Tar subalpino richiama anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia che, da ultimo, con la nota sentenza resa nel caso Puligienica (Corte Giust., C-689/13 cit.), richiede che l’operatore economico abbia e conservi sempre un interesse all’aggiudicazione dell’appalto.
L’attuale conformazione del rito impone ai partecipanti alla gara:
1) di impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti;
2) di proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è resa problematica dalla disciplina dettata nell’art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016, che al comma terzo vieta di comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, l’accesso ai quali è differito all’aggiudicazione e, al suo comma quarto, rende punibile, ai sensi dell’art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), la condotta del pubblico ufficiale o degli incaricati di pubblico servizio (endiadi in cui sono compresi tutti i funzionari addetti alla procedura di gara) inosservante del divieto. La cogenza di tale incondizionato divieto, oltre a porre questioni di coordinamento con l’art. 29 cit., lascia prevedere una giustificata ritrosia dei soggetti responsabili della procedura a rendere ostensibile, oltre al provvedimento di ammissione, la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo gli operatori a proporre ricorsi "al buio" ovvero, come confermato dalle già numerose pronunce intervenute sul punto, a presentare ulteriori ricorsi per l’accertamento del diritto di accesso alla documentazione necessaria per la proposizione del ricorso ex art. 120, c. 2 bis, c.p.a.;
3) di formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione nell’ambito della stessa procedura di gara).
Lo scenario decritto ai punti sub 1, 2 e 3 dal Tar Piemonte contrasta apertamente con i consolidati principi in forza dei quali l’interesse all’azione deve rispondere ai requisiti di attualità e concretezza, nella misura in cui il ricorrente deve aver subito una lesione certa ed effettiva in conseguenza dell’atto amministrativo impugnato.
E se, nel caso di specie, l’anticipazione della tutela ad una fase antecedente l’aggiudicazione della gara, rende sicuramente più oneroso l’esercizio del diritto di difesa, a fini di riequilibrio - come ritenuto dal Consiglio di Stato nel cit. parere n. 855/2016, reso sullo schema originario del nuovo codice dei contratti - dovrebbe essere sufficiente un intervento del legislatore ordinario volto a ridurre il contributo unificato per il contenzioso a valle e, in ogni caso, a garantire la tempestiva conoscenza degli atti e della relativa motivazione (cfr., anche, al riguardo, il parere n. 782 del 30 marzo 2017, reso sul correttivo al codice). (TAR Lazio, sez. II n. 8577/2017)
Diversamente, a detta del Tar Torino, rischia di verificarsi una sostanziale paralisi dei procedimenti di gara a causa della probabile proliferazione dei ricorsi nella fase di ammissione delle imprese negli appalti di maggiore rilevanza economica, ove gli operatori potrebbero potenzialmente essere più propensi a "rischiare" un ricorso "al buio" mentre negli appalti di minore rilevanza economica, al contrario, il rito super-speciale appare potenzialmente idoneo a dissuadere i concorrenti dall’intraprendere iniziative processuali anticipate, con un evidente vulnus per il sistema giustizia nel suo complesso, con gravissime conseguenze in relazione alla preclusione al diritto di difesa.
Chi scrive auspica che la Corte di Giustizia contribuisca a definire i confini dell’interesse a ricorrere garantendo effettività ai diritti di difesa in giudizio e di tutela del privato contro gli atti della P.a. che il recente rito super-accelerato ha sicuramente vanificato e compresso.
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