Diritto penale e corruzione
Non è reato corrompere un arbitro di collegio arbitrale stante la sua qualifica di soggetto privato delegato

DIRITTO PENALE E CORRUZIONE
PAGARE UN ARBITRO NON E’ REATO
L’arbitro nel giudizio civile è un soggetto privato delegato, da altri privati, a dirimere una controversia tra loro insorta. Invero, costituisce un metodo alternativo di risoluzione delle controversie rispetto al modello giudiziario, che si caratterizza per l’affidamento a uno o più soggetti terzi dell’incarico di risolvere la controversia insorta o che può insorgere tra le parti.
La sua decisione viene equiparata, sul piano dell’efficacia, a una sentenza di un giudice.
Pur tuttavia alle figure degli arbitri - quali soggetti privati scelti dai cittadini non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Ed è sulla scorta di tanto che, sul piano penale corrompere un arbitro non è reato.
Invero, nel delitto di corruzione, come è noto, soggetto attivo qualificato della corruzione in atti giudiziari ovvero autore del reato è proprio il pubblico ufficiale o l’ incaricato di pubblico servizio - categorie nelle quali l’arbitro non è stato inserito.
Pertanto - come chiarito di recente da un decreto di archiviazione emesso dalla sezione GIP tribunale di Milano n. 28512/17 - non è reato corrompere un arbitro di un collegio arbitrale malgrado gli effetti del lodo siano sempre più equiparati alla sentenza.
Invero, il decreto ha voluto rimarcare che, se l’esito dell’attività svolta dagli arbitri, proprio perché regolamentata dalla legge e soggetta all’applicazione del diritto, può equipararsi all’esito dell’attività svolta dai giudici, il rapporto in forza del quale gli arbitri esercitano le loro funzioni è e rimane pur sempre privatistico con possibilità di dolersi di eventuali condotte illecite degli arbitri in sede civilistica. Gli arbitri intervengono e sono legati alle parti private solo per effetto di un contratto privato, ovvero di un mandato.
Va da sé che l’esclusione della qualità di agente pubblico per gli arbitri ex art. 813 cpc opera solo per il processo civile; invero il Codice penale all’art. 357 cp afferma la natura di pubblico ufficiale dei soggetti che esercitano una pubblica funzione giudiziaria, rilevante per l’integrazione dei delitti di corruzione.
Dissentendo dall’inapplicabilità tout cour del codice penale a siffatto comportamento resta la sola strada civilistica. In tale sede si potrà chiedere il risarcimento del danno causato dalla eventuale illegittima condotta dell’arbitro di turno.
PAGARE UN ARBITRO NON E’ REATO
L’arbitro nel giudizio civile è un soggetto privato delegato, da altri privati, a dirimere una controversia tra loro insorta. Invero, costituisce un metodo alternativo di risoluzione delle controversie rispetto al modello giudiziario, che si caratterizza per l’affidamento a uno o più soggetti terzi dell’incarico di risolvere la controversia insorta o che può insorgere tra le parti.
La sua decisione viene equiparata, sul piano dell’efficacia, a una sentenza di un giudice.
Pur tuttavia alle figure degli arbitri - quali soggetti privati scelti dai cittadini non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Ed è sulla scorta di tanto che, sul piano penale corrompere un arbitro non è reato.
Invero, nel delitto di corruzione, come è noto, soggetto attivo qualificato della corruzione in atti giudiziari ovvero autore del reato è proprio il pubblico ufficiale o l’ incaricato di pubblico servizio - categorie nelle quali l’arbitro non è stato inserito.
Pertanto - come chiarito di recente da un decreto di archiviazione emesso dalla sezione GIP tribunale di Milano n. 28512/17 - non è reato corrompere un arbitro di un collegio arbitrale malgrado gli effetti del lodo siano sempre più equiparati alla sentenza.
Invero, il decreto ha voluto rimarcare che, se l’esito dell’attività svolta dagli arbitri, proprio perché regolamentata dalla legge e soggetta all’applicazione del diritto, può equipararsi all’esito dell’attività svolta dai giudici, il rapporto in forza del quale gli arbitri esercitano le loro funzioni è e rimane pur sempre privatistico con possibilità di dolersi di eventuali condotte illecite degli arbitri in sede civilistica. Gli arbitri intervengono e sono legati alle parti private solo per effetto di un contratto privato, ovvero di un mandato.
Va da sé che l’esclusione della qualità di agente pubblico per gli arbitri ex art. 813 cpc opera solo per il processo civile; invero il Codice penale all’art. 357 cp afferma la natura di pubblico ufficiale dei soggetti che esercitano una pubblica funzione giudiziaria, rilevante per l’integrazione dei delitti di corruzione.
Dissentendo dall’inapplicabilità tout cour del codice penale a siffatto comportamento resta la sola strada civilistica. In tale sede si potrà chiedere il risarcimento del danno causato dalla eventuale illegittima condotta dell’arbitro di turno.
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