Diritto penale tributario e revoca del giudicato
Dichiarazione infedele, condanna penale e riabilitazione giuridica delle imprese.
Il reato di dichiarazione infedele è previsto e disciplinato dall’art. 4 D. lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, decreto modificato, prima facie dal D.L. n. 138 del 13 agosto 2011 e successivamente dal D. lgs. 158 del 24 settembre 2015. È importante ricostruirne l’iter normativo, perché inevitabilmente legato all’evoluzione socio-politica del reato. Le modifiche, in linea generale, non hanno interessato la condotta tipica, secondo la quale, la fattispecie delittuosa in esame consiste nell’indicazione, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o di elementi passivi fittizi, in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte (co. 1).
Tuttavia la fattispecie de qua può dirsi integrata, solo laddove vengano superate "congiuntamente" delle soglie prestabilite, specificatamente se:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a Euro 150.000,00 (prima 50.000,00);
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a Euro 3.000.000,00 (prima 2.000.000,00).
Tale schema normativo è stato arricchito dall’inserimento di altri due commi, frutto di intensi dibattiti parlamentari, che ponevano al centro della discussione il cosiddetto "rischio penale" del contribuente e consequenzialmente la "competizione tra ordinamenti". Nella relazione alla proposta di legge n. 282/C (e, prima ancora, dalla relazione al disegno di legge n. 5291/C) si legge: "l’incertezza in campo fiscale, come in altri campi, è deleteria per le decisioni di investimento e quindi di crescita". Il rischio è dunque rappresentato dal disincentivo all’allocazione delle imprese sul territorio italiano, stante la prospettiva che una semplice divergenza di vedute tra contribuente e organi dell’accertamento fiscale, in ordine agli esiti delle operazioni valutative considerate, porti, con inesorabile automatismo, all’avvio di un procedimento penale.
Una volta sottolineate le motivazioni teoriche di tale scelta di campo, è bene evidenziare gli aspetti pratici sottesi a tali modifiche:
- L’innalzamento delle predette soglie di punibilità, che per l’orientamento maggioritario, rappresentano un elemento costitutivo , in quanto elemento fattuale di cui si compone la situazione tipica, determina il venir meno della rilevanza penale di una parte delle sotto-fattispecie precedentemente sussumibili all’interno di tali figure di reato[1]. Si può parlare secondo autorevole dottrina di abolitio criminis parziale, dunque seguendo le norme di procedura penale, in particolare l’art. 673 c.p.p. , se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali, ed il giudice dell’esecuzione deve revocare la sentenza di condanna o il decreto penale, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato, adottando i provvedimenti conseguenti. In altri termini si attribuisce all’abolitio una retroattività illimitata, una sorta di portata risolutiva del giudicato penale.
Le conseguenze, in termini economici, incideranno, in particolare, su tutte quelle imprese, raggiunte da taluni provvedimenti revocabili, le quali ricorrendo all’istituto della revoca, potranno ritornare ad una riabilitata reputazione commerciale, nonché usufruire di tutte quelle agevolazioni (vedi finanziamenti europei) il cui accesso è precluso da una condanna o da un procedimento penale relativo alle materie del diritto penale e tributario
[1] Diritto Penale Contemporaneo, Abolitio Criminis e reati tributari "sotto-soglia": uno dei primi provvedimenti di revoca del giudicato.
Tuttavia la fattispecie de qua può dirsi integrata, solo laddove vengano superate "congiuntamente" delle soglie prestabilite, specificatamente se:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a Euro 150.000,00 (prima 50.000,00);
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a Euro 3.000.000,00 (prima 2.000.000,00).
Tale schema normativo è stato arricchito dall’inserimento di altri due commi, frutto di intensi dibattiti parlamentari, che ponevano al centro della discussione il cosiddetto "rischio penale" del contribuente e consequenzialmente la "competizione tra ordinamenti". Nella relazione alla proposta di legge n. 282/C (e, prima ancora, dalla relazione al disegno di legge n. 5291/C) si legge: "l’incertezza in campo fiscale, come in altri campi, è deleteria per le decisioni di investimento e quindi di crescita". Il rischio è dunque rappresentato dal disincentivo all’allocazione delle imprese sul territorio italiano, stante la prospettiva che una semplice divergenza di vedute tra contribuente e organi dell’accertamento fiscale, in ordine agli esiti delle operazioni valutative considerate, porti, con inesorabile automatismo, all’avvio di un procedimento penale.
Una volta sottolineate le motivazioni teoriche di tale scelta di campo, è bene evidenziare gli aspetti pratici sottesi a tali modifiche:
- L’innalzamento delle predette soglie di punibilità, che per l’orientamento maggioritario, rappresentano un elemento costitutivo , in quanto elemento fattuale di cui si compone la situazione tipica, determina il venir meno della rilevanza penale di una parte delle sotto-fattispecie precedentemente sussumibili all’interno di tali figure di reato[1]. Si può parlare secondo autorevole dottrina di abolitio criminis parziale, dunque seguendo le norme di procedura penale, in particolare l’art. 673 c.p.p. , se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali, ed il giudice dell’esecuzione deve revocare la sentenza di condanna o il decreto penale, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato, adottando i provvedimenti conseguenti. In altri termini si attribuisce all’abolitio una retroattività illimitata, una sorta di portata risolutiva del giudicato penale.
Le conseguenze, in termini economici, incideranno, in particolare, su tutte quelle imprese, raggiunte da taluni provvedimenti revocabili, le quali ricorrendo all’istituto della revoca, potranno ritornare ad una riabilitata reputazione commerciale, nonché usufruire di tutte quelle agevolazioni (vedi finanziamenti europei) il cui accesso è precluso da una condanna o da un procedimento penale relativo alle materie del diritto penale e tributario
[1] Diritto Penale Contemporaneo, Abolitio Criminis e reati tributari "sotto-soglia": uno dei primi provvedimenti di revoca del giudicato.
Articolo del: