Affitti e locazioni nel tempo del Covid: riduzione dei canoni o scioglimento del contratto

Ormai il diritto delle locazioni è un caso sanitario sia in senso giuridico che per gli effetti che ha sulla salute delle persone che non riescono a tener fede ai propri programmi di spesa locatizia in presenza della costante pretesa statale di imposte, tasse e balzelli vari sulla proprietà immobiliare.
Si consiglia la mediazione e se occorre lo scioglimento del contratto o la riduzione proporzionale dei canoni per tenere in piedi i contratti in termini di prezzo sostenibile.
Sta diventando sempre più grave la situazione dei conduttori inquilini degli immobili che siano liberi professionisti o lavoratori autonomi o "piccoli esercenti" di fronte alla rigidità della proprietà a negare.
Nelle riviste specializzate c'è poco e qualche giudice si è espresso con riduzione dal 20% al 70%, ma solo in relazione ai mesi di chiusura totale.
Nessuna legge, nessuna norma sul periodo che oramai dura da 14 mesi, in cui la chiusura della circolazione libera colpisce l'economia e in particolare i consulenti diversi dai commercialisti intenti ai bonus e alle casse integrazione etc. o ai consulenti del lavoro. Tutte le altre attività di servizi sono a rischio chiusura e non possono trarre beneficio dagli immobili locati, in cui le persone hanno paura di accedere data la situazione grave, psicologica ed economica.
La pandemia dal punto di vista dommatico giuridico e in base all'istituto della cd. presupposizione è effettivamente un fatto grave che può fare saltare il contratto stipulato quando non c'era.
Chiedere la riduzione del canone è un vero e proprio diritto previsto dal codice civile a causa dell'onerosità sopravvenuta per un fatto esterno e imprevedibile.
Il rifiuto di ridurre il canone, magari constatato anche nel tentativo di mediazione ante causam, obbligatoria e utile anche a prevenire uno sfratto per morosità in caso di ritardo o parzialità nei pagamenti di canoni e spese, sarà valutato negativamente dal giudice perché non giustificato.
Il Giudice civile ha il potere di modificare forzosamente il canone o stabilire delle somme risarcitorie non solo per difetti di funzionamento del bene locato, ma anche per compensare il mancato uso o sfruttamento.
Il rischio della pandemia deve cadere su entrambe le parti e se c'è una riduzione del fatturato del 90% (come succede ai piccoli professionisti in molte zone del paese, da cui la gente terrorizzata con la mascherina non va più e soprattutto non telefona più anche perché non ha urgenza o necessità essendo tutto fermo) tale importo dovrebbe proporzionalmente incidere sul canone se il rischio della pandemia si volesse far cadere solo sul proprietario.
Ciò non sarebbe giusto, però, in quanto il proprietario paga tasse salate sulle somme in contratto a prescindere se le incassa o meno e le modifiche vanno registrate.
Consigliabile per le immobiliari o le proprietà contrattualizzate, canoni più bassi onde non andare a debito a causa dei mancati pagamenti, con un risparmio generale a minori prezzi della locazione. Nel contenzioso c'è il rischio di riduzioni di canone strutturali anche dopo il trimestre febbraio-aprile 2020 in quanto le zone gialle o rosse sono effettivamente divieti di sfruttamento totale del bene locato fatto anche ai clienti di altri comuni, di altre regioni i quali, se hanno diritto di recarsi nei tribunali (che però dato lo smart working stanno viaggiando a mio avviso a meno del 20% dei ritmi), hanno difficoltà a incontrare i professionisti e preventivare svariate migliaia di euro per ogni contenzioso.
Non dimenticate che un avvocato, ad es. su una fattura di 1500 euro, mediamente si trova a pagare un contributo unificato di 300 e 200 di spese vive varie di trasferta o di copia etc.., 200 di iva e cpa su 800 euro di acconto onorari (di cui 120 sono di spese generali: luce, carta, telefono, benzina, inchiostro, fotocopia, segreteria, collaboratori, locazione, banche dati, etc..) e che sul compenso di 800 va poi a pagare una media di 40% di Irpef e di 20% di previdenza: col 40% di 800 euro che gli resta vale a dire 320 paga poi vari altri balzelli e tasse e si paga lo studio..etc... In sostanza e in piena regola per avere un reddito nello su una causa di 2000 euro ne deve fatturare anche 10.000 o più.
Poiché il rischio della pandemia non deve cadere tutto sul già tartassato proprietario (io ne seguo diversi e a mia volta sono onerato da imposte immobiliari molto forti, come una mia cliente che affitta 7 grandi appartamenti e sfora sempre causa le tasse e le spese di manutenzione del 10% in più rispetto al totale dei canoni percepiti), in questo momento sarebbe teoricamente pensabile che parte del rischio cadesse anche sul conduttore, ma non tutto sul conduttore.
Il conduttore pressato che chiude o non paga più è foriero di danno involtario al proprietario, che poi resta con l'immobile costoso e sfitto.
Se il rischio cadesse su entrambi al 50% un calo del 50% del fatturato dovrebbe comportare almeno una riduzione del 25% del canone affinché il sistema resti in equilibrio.
In caso di rifiuto di ridurre e proporzionare strutturalmente il canone in proporzione alla onerosità sopravvenuta imprevedibile il cd inquilino può andarsene subito e chiedere comunque la riduzione dei vecchi canoni non pagati o parzialmente pagati. Il Giudice potrebbe ritenere provata se documentata la giusta causa di scioglimento immediato del contratto.
In questa prospettiva, nei casi di riduzione del fatturato dell'80% che appaiono i più frequenti, la riduzione equa appare del 40% e in caso di rifiuto appare conveniente la causa per lo scioglimento e per evirare lo sfratto.
La possibilità di ottenere uno sfratto non è mai stata sospesa durante la pandemia, ma solo la possibilità di farlo forzosamente con ufficiale giudiziario.
A breve in caso di mancate misure legislative verranno liberati molti immobili in Italia e i proprietari verranno onerati da Imu e altre imposte immobiliari anche se annulleranno i vigenti contratti.
I prezzi sono già stati dimezzati ad eccezione di pochi centri italiani. E' certamente conveniente consultare il legale in previsione dell'imminente crisi e in carenza di pronte risposte da parte della legge, che si auspica intervenga su tasse immobiliari, tasse di registro, Imu, Irap. Oggi l'Imu non si paga solo in caso di immobili pressoché resi inservibili o inabitabili. Per non poter pagare la Tarsu si devono togliere tutte le utenze. Ma di ciò in altra sede (settore tributario dello Studio).
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