Distanze dei fabbricati dai confini
Alcune questioni riguardanti le costruzioni e la distanza da mantenere dai confini con le altrui proprietà
Quando si ha a che fare con edifici, soprattutto se si tratta di fabbricati non condominiali, pare opportuno prestare la massima attenzione a tematiche inerenti i confini e la distanza dei fabbricati da essi. E' accaduto nella pratica che fabbricati apparentemente regolari sotto il profilo urbanistico , con tanto di permesso di costruire o di altro provvedimento autorizzativo, risultassero, poi, non regolari nei confronti delle pretese dei vicini. Prima di affrontare il tema è opportuno precisare alcuni punti fermi. Innanzi tutto l'articolo 873 del codice civile che prevede che le costruzioni su fondi confinanti non unite o aderenti, debbano essere tenute a distanza non minore di tre metri o della maggiore distanza stabilita dai regolamenti locali. Normalmente i regolamenti locali prevedono due tipi di distanze: quelle fra costruzioni e quelle dal confine. Altrettanto sovente, si tratta di distanze maggiori rispetto a quelle previste dal codice civile. Altro dato importante riguarda il concetto di costruzione. Secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, la nozione di costruzione ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali, comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità e immobilizzazione rispetto al suolo. Orbene: tornando al tema iniziale, occorre sottolineare come sia abbastanza frequente che le norme urbanistiche adottino concetti di costruzione non coincidenti con quelli derivanti dall'insegnamento della Suprema Corte in sede civile. In particolare, la tematica più delicata riguarda l'individuazione delle costruzioni completamente interrate che, come tali, non rilevano ai fini delle distanze dal confine. Sulla base di quanto previsto da molti regolamenti locali, si intendono costruzioni completamente interrate quelle il cui intradosso (la parte inferiore della soletta) della copertura sia posta a quota inferiore alla "quota zero". Nei giudizi civili tale parametro non viene seguito e il riferimento viene effettuato sull'estradosso della soletta che, per non essere rilevante ai fini del rispetto delle distanze, deve essere esso stesso completamente interrato e, quindi, posto a quota inferiore allo zero. Il principio enunciato dalla Corte di Cassazione è il seguente: la nozione di costruzione agli effetti di cui all'art. 873 c.c. è unica e non può subire deroghe da parte delle norme dei regolamenti locali in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte di detto articolo del codice ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza superiore a quella ivi indicata (Cass. 7 ottobre 2005 n. 19530). Può, quindi, capitare di essere conviti di essere proprietari di una casa con annessa autorimessa interrata che in realtà, non è costruita nel rispetto della distanza dai confini. Ciò può accadere quando, lo si ribadisce, l'estradosso della soletta superiore dell'autorimessa è posto a una quota superiore rispetto alla quota zero (che varia a seconda delle località ed è normalmente individuata con la quota della strada pubblica o del marciapiede). In tali casi il vicino potrebbe chiedere l'arretramento del fabbricato sino alla distanza legale o, comunque, l'abbassamento dell'intera soletta sotto la quota zero con costi particolarmente importanti.
Allo scopo di temperare le possibili preoccupazioni che quanto precede può avere generato nel lettore, pare opportuno dare atto di altra questione. Sino a qualche anno fa la Corte di Cassazione riteneva che la facoltà di mantenere un edificio a distanza inferiore a quella prevista dai regolamenti comunali non si potesse usucapire (in termini di servitù), cioè non potesse divenire incontestabile a seguito del trascorrere del ventennio (Cass. 3/10/2007 n. 20769). La ragione risiedeva nel fatto che trattandosi di normativa posta a tutela di interessi pubblici, non potesse rientrare nella disponibilità dei privati e, quindi, nemmeno potesse essere derogata mediante usucapione. Recentemente tale orientamento è completamente mutato, nel senso che la suprema corte ritiene oggi ammissibile l'acquisto per usucapione del diritto a mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale, sia essa fissata dalle norme del codice civile come da quelle regolamentari (Cass. 18/02/2013 n. 3979).
Allo scopo di temperare le possibili preoccupazioni che quanto precede può avere generato nel lettore, pare opportuno dare atto di altra questione. Sino a qualche anno fa la Corte di Cassazione riteneva che la facoltà di mantenere un edificio a distanza inferiore a quella prevista dai regolamenti comunali non si potesse usucapire (in termini di servitù), cioè non potesse divenire incontestabile a seguito del trascorrere del ventennio (Cass. 3/10/2007 n. 20769). La ragione risiedeva nel fatto che trattandosi di normativa posta a tutela di interessi pubblici, non potesse rientrare nella disponibilità dei privati e, quindi, nemmeno potesse essere derogata mediante usucapione. Recentemente tale orientamento è completamente mutato, nel senso che la suprema corte ritiene oggi ammissibile l'acquisto per usucapione del diritto a mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale, sia essa fissata dalle norme del codice civile come da quelle regolamentari (Cass. 18/02/2013 n. 3979).
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