Divieto di trasferire un lavoratore che assiste un familiare disabile.


Il lavoratore che assiste un familiare disabile non può essere trasferito in altra sede di lavoro, anche se facente parte della stessa unità produttiva
Divieto di trasferire un lavoratore che assiste un familiare disabile.

Trasferimento di lavoratore che assiste un familiare disabile, la legge lo vieta.

Il lavoratore che assiste un familiare disabile, di cui all’art. 33, comma 5, L. 104/1992, non può essere trasferito in un luogo geografico diverso da quello dove presta l’attività, anche se facente parte della medesima unità produttiva. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 21670/2019 del 23/8/2019. Esaminiamo il caso che ha dato origine alla pronuncia.

 

La fattispecie della sentenza n. 21670/2019 della Suprema Corte.

Un dipendente di Poste Italiane Spa aveva adito il Tribunale, affinché fosse accertata la illegittimità del trasferimento da un ufficio postale ad altro ufficio postale, più distante del primo dal luogo di dimora della persona disabile assistita, tale da incidere sul concreto esercizio del diritto all’assistenza.

Della vicenda, dopo il primo e secondo grado, era stata investita la Corte di Cassazione, al fine di sentire dichiarare da parte del lavoratore la illegittimità del trasferimento, in violazione del divieto di trasferimento.

 

La legislazione applicabile alla fattispecie in esame.

La materia è disciplinata dall’art. 33, comma 5, L. 104/1992, il quale recita “Il lavoratore di cui al comma 3 (ndr: persona handicappata) ha diritto di scegliere, ove possibile la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.


La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, in applicazione della sopracitata norma, ha stabilito che il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile opera ogni volta che si verifichi un mutamento del luogo geografico del lavoro, anche nell’ambito della stessa unità produttiva, poiché la legge fa riferimento alla “sede di lavoro”, e non alla “unità operativa”, di cui all’art. 2103 cc.

Di qui, la illegittimità del trasferimento e la ricollocazione del dipendente nella originaria sede di lavoro.

 

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di Avv. Emanuela Manini

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