Divorzio breve
La separazione ed il divorzio oggi, tra ripensamento e brevità
La nuova normativa sul divorzio breve appare come un compromesso tra l'esigenza di introdurre, anche nel nostro ordinamento, il divorzio immediato e l'esigenza di rispettare il cosidetto "ripensamento".
In questa delicata materia, cosa si intende per "ripensamento"?
Nel 1970, anno in cui entrò in vigore la legge sul divorzio, i tempi tra la separazione dei coniugi ed il divorzio erano molto ampi, ben 5 anni (7 qualora vi fosse stata opposizione di un coniuge).
Questo intervallo costituiva, per l'appunto, il termine del cosidetto "ripensamento", ovvero quel lasso di tempo tra la separazione (che solo sospende alcuni doveri matrimoniali) ed il divorzio (che recide definitivamente il vincolo del matrimonio), durante il quale i coniugi erano formalmente chiamati a riflettere sulla loro effettiva volontà di sciogliere l'unione materiale e spirituale discendente dal matrimonio.
In pratica, lo scopo era quello di favorire la riconciliazione ed evitare il divorzio.
Con la riforma del 1987, il termine del cosidetto "ripensamento" fu ridotto a 3 anni, per rimanere tale fino ad oggi.
Siamo nel 2015.
Dopo un lungo iter legislativo, dopo l'introduzione di una serie di disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione e di divorzio, disciplinanti un lato l'istituto della negoziazione assistita e, dall'altro, la separazione e lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio innanzi all'ufficiale dello stato civile, che manifestano comunque l'intenzione di tenere le crisi coniugali lontane dalle aule giudiziarie, arriva il divorzio breve.
Divorzio breve che, favorevoli o contrari, è ancora espressione del sistema del doppio binario che sin dal principio ha caratterizzato il nostro ordinamento in quasta delicata materia: obbligatorietà della previa ed ininterrotta separazione personale dei coniugi, per un tempo legislativamente prefissato, prima del successivo divorzio.
Per giungere al divorzio oggi bastano 6 mesi in caso di separazione consensuale e 12 mesi in caso di separazione giudiziale.
Unico presupposto è che la decisione sullo status sia divenuta definitiva, con l'omologa della separazione consensuale o il passaggio in giudicato della sentenza sullo status.
Si impone, ora, una riflessione: l'abbreviazione del termine del cosidetto "ripensamento"ha davvero un senso o era meglio introdurre il divorzio immediato?
Se il sistema del doppio binario aveva un significato nella prospettiva di concedere una pausa di riflessione ai coniugi nel percorso di disgregazione della coppia, la brevità dei termini oggi fissati rischia di essere del tutto inutile, soprattutto rispetto all'obiettivo della deflazione già perseguito dal legislatore con altri strumenti.
Anzi, il rischio è quello di affaticare ancora di più la giustizia, costringendo ancora le parti ad una doppia spesa.
In questa delicata materia, cosa si intende per "ripensamento"?
Nel 1970, anno in cui entrò in vigore la legge sul divorzio, i tempi tra la separazione dei coniugi ed il divorzio erano molto ampi, ben 5 anni (7 qualora vi fosse stata opposizione di un coniuge).
Questo intervallo costituiva, per l'appunto, il termine del cosidetto "ripensamento", ovvero quel lasso di tempo tra la separazione (che solo sospende alcuni doveri matrimoniali) ed il divorzio (che recide definitivamente il vincolo del matrimonio), durante il quale i coniugi erano formalmente chiamati a riflettere sulla loro effettiva volontà di sciogliere l'unione materiale e spirituale discendente dal matrimonio.
In pratica, lo scopo era quello di favorire la riconciliazione ed evitare il divorzio.
Con la riforma del 1987, il termine del cosidetto "ripensamento" fu ridotto a 3 anni, per rimanere tale fino ad oggi.
Siamo nel 2015.
Dopo un lungo iter legislativo, dopo l'introduzione di una serie di disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione e di divorzio, disciplinanti un lato l'istituto della negoziazione assistita e, dall'altro, la separazione e lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio innanzi all'ufficiale dello stato civile, che manifestano comunque l'intenzione di tenere le crisi coniugali lontane dalle aule giudiziarie, arriva il divorzio breve.
Divorzio breve che, favorevoli o contrari, è ancora espressione del sistema del doppio binario che sin dal principio ha caratterizzato il nostro ordinamento in quasta delicata materia: obbligatorietà della previa ed ininterrotta separazione personale dei coniugi, per un tempo legislativamente prefissato, prima del successivo divorzio.
Per giungere al divorzio oggi bastano 6 mesi in caso di separazione consensuale e 12 mesi in caso di separazione giudiziale.
Unico presupposto è che la decisione sullo status sia divenuta definitiva, con l'omologa della separazione consensuale o il passaggio in giudicato della sentenza sullo status.
Si impone, ora, una riflessione: l'abbreviazione del termine del cosidetto "ripensamento"ha davvero un senso o era meglio introdurre il divorzio immediato?
Se il sistema del doppio binario aveva un significato nella prospettiva di concedere una pausa di riflessione ai coniugi nel percorso di disgregazione della coppia, la brevità dei termini oggi fissati rischia di essere del tutto inutile, soprattutto rispetto all'obiettivo della deflazione già perseguito dal legislatore con altri strumenti.
Anzi, il rischio è quello di affaticare ancora di più la giustizia, costringendo ancora le parti ad una doppia spesa.
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