Dolo eventuale e colpa cosciente
A distinguere le due tipologie di elemento soggettivo è il diverso atteggiamento mentale che il reo ha nei confronti della verificazione dell'evento
La Corte di Cassazione con la sentenza 03/04/2018 n. 14776 torna a parlare del criterio distintivo tra dolo eventuale e colpa cosciente, su cui si erano già soffermate le S.U. con la sentenza n. 38343 del 24.04.2014.
Il caso è quello di un medico di una clinica privata che operava, cagionandone poi la morte, pazienti avanti con l’età solo per ottenere i rimborsi dalla Regione. Per stabilire se si tratti di dolo eventuale o colpa cosciente, bisogna accertare se il chirurgo avesse operato solo per motivi di lucro o per aumentare il proprio prestigio personale, e secondo gli ermellini si configura il dolo eventuale solo se si possa affermare con certezza che il sanitario non si sarebbe trattenuto dall'operare senza necessità il paziente neanche se fosse stato certo della morte dell'interessato.
Si può ritenere sussistente il dolo eventuale solo se si raggiunge la certezza che il medico accetta non solo il rischio che il paziente possa perdere la vita nell'intervento realizzato per motivi egoistici, ma anche che si sia rappresentato il decesso come conseguenza della sua condotta e abbia deciso di entrare in sala operatoria a costo di causare la morte dell'ammalato pur di realizzare il suo fine.
Secondo la S.C., una volta accertata la natura dolosa delle lesioni cagionate alle vittime mediante gli interventi operatori sulle stesse effettuati, in quanto la relativa attività medico-chirurgica era priva di qualsiasi legittimazione giustificativa, ed accertata la sussistenza del nesso eziologico tra le singole condotte riconducibili alla violazione dell'art. 582 c.p. e la morte dei pazienti - non può trovare alcuno spazio applicativo la fattispecie dell'omicidio colposo ex art. 589 c.p., ma il titolo di reato al quale deve essere ricondotta la responsabilità degli imputati, per la morte delle vittime, è rappresentato alternativamente dall'omicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p. oppure, nel caso di accertata esistenza dell'animus necandi, dall'omicidio volontario ex art. 575 c.p..
L'elemento psicologico dell'omicidio preterintenzionale consiste nell'aver voluto, con dolo, l'evento minore rappresentato dalle lesioni cagionate alla persona offesa, e non anche l'evento più grave (la morte della vittima), che costituisce solo la conseguenza diretta, sul piano causale, della condotta dell'agente; l'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 584 c.p. non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva, nè da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di lesioni (o percosse), in quanto la disposizione dell'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità dell'evento più grave nell'intenzione di risultato; la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto punito dall'art. 584 c.p., dunque, è nella stessa legge, e l'agente risponde, per fatto proprio, dell'evento più grave (la morte) di quello voluto (le lesioni personali), in forza dell'esplicita previsione legislativa che aggrava il trattamento sanzionatorio sulla scorta dell'assoluta probabilità che dall'azione volontariamente lesiva dell'integrità fisica della persona offesa possa derivarne la morte.
Anche con riguardo specifico alla morte del paziente che costituisca conseguenza causale diretta di un trattamento medico-chirurgico, questa Corte ha affermato il medesimo principio, per cui deve rispondere di omicidio preterintenzionale il medico che abbia sottoposto il paziente all'intervento operatorio in assenza di finalità terapeutiche, ovvero per fini estranei alla tutela della salute della vittima, provocando coscientemente un'inutile mutilazione, od agendo per scopi estranei non accettati dal paziente, siano essi di natura scientifica, dimostrativa, didattica, esibizionistica, estetica, ovvero - come accertato nel caso in esame - animati da mero fine di lucro o di affermazione personale e professionale; soltanto se la condotta non sia ab origine diretta volutamente a ledere e provocare inutili sofferenze al paziente, ma sia riconducibile al perseguimento di una finalità terapeutica, anche in assenza di un valido consenso informato e anche se esplicatasi in violazione delle leges artis, potrà configurarsi a carico del medico-chirurgo, in rapporto all'accertata violazione colposa delle regole cautelari, la diversa ipotesi di cui all'art. 589 c.p.
Il caso è quello di un medico di una clinica privata che operava, cagionandone poi la morte, pazienti avanti con l’età solo per ottenere i rimborsi dalla Regione. Per stabilire se si tratti di dolo eventuale o colpa cosciente, bisogna accertare se il chirurgo avesse operato solo per motivi di lucro o per aumentare il proprio prestigio personale, e secondo gli ermellini si configura il dolo eventuale solo se si possa affermare con certezza che il sanitario non si sarebbe trattenuto dall'operare senza necessità il paziente neanche se fosse stato certo della morte dell'interessato.
Si può ritenere sussistente il dolo eventuale solo se si raggiunge la certezza che il medico accetta non solo il rischio che il paziente possa perdere la vita nell'intervento realizzato per motivi egoistici, ma anche che si sia rappresentato il decesso come conseguenza della sua condotta e abbia deciso di entrare in sala operatoria a costo di causare la morte dell'ammalato pur di realizzare il suo fine.
Secondo la S.C., una volta accertata la natura dolosa delle lesioni cagionate alle vittime mediante gli interventi operatori sulle stesse effettuati, in quanto la relativa attività medico-chirurgica era priva di qualsiasi legittimazione giustificativa, ed accertata la sussistenza del nesso eziologico tra le singole condotte riconducibili alla violazione dell'art. 582 c.p. e la morte dei pazienti - non può trovare alcuno spazio applicativo la fattispecie dell'omicidio colposo ex art. 589 c.p., ma il titolo di reato al quale deve essere ricondotta la responsabilità degli imputati, per la morte delle vittime, è rappresentato alternativamente dall'omicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p. oppure, nel caso di accertata esistenza dell'animus necandi, dall'omicidio volontario ex art. 575 c.p..
L'elemento psicologico dell'omicidio preterintenzionale consiste nell'aver voluto, con dolo, l'evento minore rappresentato dalle lesioni cagionate alla persona offesa, e non anche l'evento più grave (la morte della vittima), che costituisce solo la conseguenza diretta, sul piano causale, della condotta dell'agente; l'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 584 c.p. non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva, nè da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di lesioni (o percosse), in quanto la disposizione dell'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità dell'evento più grave nell'intenzione di risultato; la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto punito dall'art. 584 c.p., dunque, è nella stessa legge, e l'agente risponde, per fatto proprio, dell'evento più grave (la morte) di quello voluto (le lesioni personali), in forza dell'esplicita previsione legislativa che aggrava il trattamento sanzionatorio sulla scorta dell'assoluta probabilità che dall'azione volontariamente lesiva dell'integrità fisica della persona offesa possa derivarne la morte.
Anche con riguardo specifico alla morte del paziente che costituisca conseguenza causale diretta di un trattamento medico-chirurgico, questa Corte ha affermato il medesimo principio, per cui deve rispondere di omicidio preterintenzionale il medico che abbia sottoposto il paziente all'intervento operatorio in assenza di finalità terapeutiche, ovvero per fini estranei alla tutela della salute della vittima, provocando coscientemente un'inutile mutilazione, od agendo per scopi estranei non accettati dal paziente, siano essi di natura scientifica, dimostrativa, didattica, esibizionistica, estetica, ovvero - come accertato nel caso in esame - animati da mero fine di lucro o di affermazione personale e professionale; soltanto se la condotta non sia ab origine diretta volutamente a ledere e provocare inutili sofferenze al paziente, ma sia riconducibile al perseguimento di una finalità terapeutica, anche in assenza di un valido consenso informato e anche se esplicatasi in violazione delle leges artis, potrà configurarsi a carico del medico-chirurgo, in rapporto all'accertata violazione colposa delle regole cautelari, la diversa ipotesi di cui all'art. 589 c.p.
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