Durata irragionevole del processo e "risarcimento"
In ossequio alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, la legge riconosce il diritto ad un'equa riparazione
Il nostro Paese è purtroppo noto per l'abnorme durata di cause civili e processi penali.
La c.d. Legge Pinto (modificata in termini assai restrittivi nel 2012) riconosce il diritto ad un'equa riparazione quando un procedimento - sia esso civile o penale - si protrae oltre limiti ragionevoli.
Pertanto le parti di una causa civile, l'imputato o la parte civile nel processo penale possono proporre ricorso per vedersi riconosciuto l'ingiusto danno patito.
Anche se le ultime modifiche rendono senz'altro più difficile ottenere una riparazione.
E' fondamentale ricordare il brevissimo termine dettato dalla legge: la domanda, corredata di una serie di documenti, deve essere presentata entro 6 mesi da quando la sentenza è divenuta definitiva.
Ovviamente il risarcimento è escluso in talune ipotesi, per esempio quando nel processo penale sia intervenuta prescrizione per condotte dilatorie dell'imputato, o nell'ipotesi di condanna per lite temeraria nelle cause civili.
La competenza spetta alla Corte di Appello individuata ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale (ossia una Corte diversa rispetto alla Corte del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza), trattandosi, di fatto, anche di un giudizio sulla "condotta" del giudice nel caso specifico.
Non a caso il procedimento è stato introdotto in ossequio alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e ad alle relative pronunce della Corte di Strasburgo.
Se un cittadino è imputato o parte civile costituita in un processo penale, ovvero parte in una causa civile, e il procedimento assume tempi "biblici", è bene che cominci sin da subito a valutare l'eventualità del ricorso e, soprattutto, che tenga "sott'occhio" le date, soprattutto in ambito penale.
Anche se la domanda - in virtù delle ultime modifiche apportate alla legge - può essere proposta unicamente dopo la sentenza, nel processo penale l'imputato - una volta superati i termini di ragionevole durata previsti (tre anni per il primo grado, due per il secondo e un anno per il giudizio in Cassazione) deve presentare entro 30 giorni un'istanza di accelerazione del processo.
Le particolarità del ricorso e del relativo procedimento, gli adempimenti richiesti dalla legge all'istante ed il breve termine concesso per richiedere il giusto risarcimento senz'altro limitano fortemente il diritto riconosciuto dalla Convenzione.
Tuttavia è bene conoscere, sia come cittadini che come avvocati, le possibilità offerte dalla legge n. 89 del 2001 e, quando ne ricorrono i presupposti, avvalersi di questo - unico - strumento di tutela riconosciuto a fronte dell'ormai nota lentezza dei processi italiani.
La c.d. Legge Pinto (modificata in termini assai restrittivi nel 2012) riconosce il diritto ad un'equa riparazione quando un procedimento - sia esso civile o penale - si protrae oltre limiti ragionevoli.
Pertanto le parti di una causa civile, l'imputato o la parte civile nel processo penale possono proporre ricorso per vedersi riconosciuto l'ingiusto danno patito.
Anche se le ultime modifiche rendono senz'altro più difficile ottenere una riparazione.
E' fondamentale ricordare il brevissimo termine dettato dalla legge: la domanda, corredata di una serie di documenti, deve essere presentata entro 6 mesi da quando la sentenza è divenuta definitiva.
Ovviamente il risarcimento è escluso in talune ipotesi, per esempio quando nel processo penale sia intervenuta prescrizione per condotte dilatorie dell'imputato, o nell'ipotesi di condanna per lite temeraria nelle cause civili.
La competenza spetta alla Corte di Appello individuata ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale (ossia una Corte diversa rispetto alla Corte del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza), trattandosi, di fatto, anche di un giudizio sulla "condotta" del giudice nel caso specifico.
Non a caso il procedimento è stato introdotto in ossequio alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e ad alle relative pronunce della Corte di Strasburgo.
Se un cittadino è imputato o parte civile costituita in un processo penale, ovvero parte in una causa civile, e il procedimento assume tempi "biblici", è bene che cominci sin da subito a valutare l'eventualità del ricorso e, soprattutto, che tenga "sott'occhio" le date, soprattutto in ambito penale.
Anche se la domanda - in virtù delle ultime modifiche apportate alla legge - può essere proposta unicamente dopo la sentenza, nel processo penale l'imputato - una volta superati i termini di ragionevole durata previsti (tre anni per il primo grado, due per il secondo e un anno per il giudizio in Cassazione) deve presentare entro 30 giorni un'istanza di accelerazione del processo.
Le particolarità del ricorso e del relativo procedimento, gli adempimenti richiesti dalla legge all'istante ed il breve termine concesso per richiedere il giusto risarcimento senz'altro limitano fortemente il diritto riconosciuto dalla Convenzione.
Tuttavia è bene conoscere, sia come cittadini che come avvocati, le possibilità offerte dalla legge n. 89 del 2001 e, quando ne ricorrono i presupposti, avvalersi di questo - unico - strumento di tutela riconosciuto a fronte dell'ormai nota lentezza dei processi italiani.
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