Edilizia Energia Ecologia
Edifici passivi: la costruzione dell’architettura implica nuove responsabilità, dalla scelta dei materiali all'impiego di energia, al progetto

Sempre più il tema del rapporto tra energia e ambiente, tra l’attività dell’Uomo e le modificazioni climatiche ed ambientali del pianeta, esce dalle discussioni tra specialisti per arrivare con vari mezzi a vasti strati della popolazione. Tant'è che ormai frequentemente riviste e quotidiani ci propongono studi, ricerche e sondaggi sullo stato di "salute" del pianeta. Questo fervore, forse dettato, in alcuni casi, da una certa esigenza di "spettacolo" giornalistico, può comunque essere utile per farci riflettere sull'evoluzione in atto.
In duecentomila anni l'HOMO SAPIENS ha raggiunto, solo all'inizio del ‘9OO, il primo miliardo di esseri viventi e in appena un secolo, alla fine del XX, ha moltiplicato per sei la propria presenza. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la Terra, che ha raggiunto la già ragguardevole cifra di 6 miliardi di persone, arriverà nel 2050 quota 11 miliardi di individui per poi iniziare a calare molto lentamente. Diversi studi si sovrappongono nel definire quale sia il limite di popolazione del Pianeta; parrebbe, secondo una delle teorie più autorevoli, che tale soglia sia fissata attorno ai 12 miliardi di individui.
Anche se ufficialmente non è stato calcolato quanto il Pianeta possa dare all'Uomo, è stato possibile, almeno in modo approssimativo, definire la così detta IMPRONTA ECOLOGICA dell'Uomo sulla Terra. Con questo termine s’intende indicare quale incidenza, in tema di consumo delle risorse e dell'ambiente, può essere ascritta a un determinato modello di sviluppo e di tenore di vita. L'impronta ecologica del modello occidentale ha un impatto elevato: si pensi, infatti, che il 2O% della popolazione del pianeta, quella che risiede nelle nazioni industrializzate, impiega 80% delle risorse attualmente disponibili.
Di fronte ad un simile scenario il primo obiettivo che dovremmo porci credo sia quello di ricercare la miglior qualità della vita con il minor impegno di risorse. Secondo un razionale modo di pensare la prima forma di energia pulita è quella risparmiata. Infatti, ancor prima dell’impiego di combustibili più o meno puliti, energie più o meno rinnovabili occorre pensare quanto sia necessario e opportuno (ed anche più facile ed immediatamente realizzabile) non impiegare energia e /o limitarne il più possibile il suo impiego.
A questo proposito la costruzione dell’architettura implica nuove responsabilità: dalla scelta dei materiali, all'impiego di energia, via via sino a coinvolgere il progetto e la sua conduzione. La qualità ambientale di un progetto di architettura, nella sua capacità di minimizzare l'impatto del prodotto edilizio sull'ambiente (valutando i materiali sia per il loro impatto ambientale in fase di produzione, di applicazione, di esercizio dell’opera e del suo successivo smaltimento) potrà rappresentare quindi un ulteriore requisito richiesto all'architetto del nuovo millennio.
Quando, a metà degli scorsi anni settanta, la così detta crisi energetica ci rese consapevoli della limitazione delle fonti energetiche abituali, consumatori e progettisti furono colti di sorpresa. Per molto tempo l'energia apparentemente disponibile in modo illimitato e a un costo contenuto aveva consentito d'impostare le costruzioni senza alcuna importante attenzione alle riduzioni dei consumi. Dopo un primo periodo di smarrimento si diede avvio sia ad un impiego maggiormente consapevole dell'uso di energia che più in generale nella definizione di materiali, tecnologie e progetti rispettosi dell'ambiente.
E' all'involucro edilizio, alla costruzione della facciata intesa come elemento di confine tra ambito esterno e interno,che ovviamente si pone la maggior attenzione per operare un sensibile risparmio energetico? La riduzione dei consumi energetici non deve essere determinata solo da immediate questioni economiche ma soprattutto dall'esigenza ambientale. Il consumo di combustibili per la produzione di energia, il riscaldamento, il condizionamento corrisponde all'emissione di gas combusto che hanno determinato gli ormai tristemente noti casi d'inquinamento ambientale e della biosfera.
E' stato stimato (eurima.org), campionando oltre 1O milioni di edifici, che circa il 4O% dell'energia totale consumata in Europa nelle aree urbane è da iscriversi alle carenze prestazionali di questo patrimonio edilizio. Se tutte le case costruite in Europa rispettassero i nuovi requisiti (come quelli stabiliti con le passive house) il risparmio sarebbe equivalente a 500 milioni di metri cubi di gas al giorno. Tre volte e mezzo l’energia che il gasdotto proveniente dalla Russia (la cosiddetta linea Nord tra Russi e Germania) è in grado di fornire al’Europa occidentale. Facendo un paragone con il petrolio (a 100 dollari il barile) l’Europa risparmierebbe 385 miliardi di euro l’anno (ad esempio il PIL di uno stato come il Belgio).
Risulta quindi evidente che il miglioramento delle caratteristico fisico-tecniche unitamente a quelle architettonico-ambientali degli edifici possa contribuire in modo significativo al miglioramento, oltre che del comfort abitativo, delle emergenze ambientali. L'impiego di tecnologie a basso impatto ambientale, l'isolamento degli edifici,il raffrescamento e la ventilazione naturali, il controllo della luce e delle ombreggiature, il recupero delle energia, la scelta delle forme e dei materiali per l'edificio,il suo orientamento risultano fondamentali per uno sviluppo edilizio sostenibile.
Da queste premesse nasce l’esperienza degli edifici passivi (passive house, passive on per citare alcuni standard) che vuole definire quel tipo di costruzioni in cui il benessere ed comfort sono raggiunti, grazie alle caratteristiche tecniche dei sistemi costruttivi adottati per l’involucro (le sue componenti opache e trasparenti), senza l’impiego di riscaldamento (o condizionamento) di tipo convenzionale (l’energia necessaria viene eventualmente reperita ad esempio da pannelli solari, pompe di calore, geotermia... e dal recupero energetico dall’edificio stesso).
In questo senso la sostenibilità della produzione edilizia non può essere delegata totalmente alla sensibilità, pur determinante, del progettista (alla sua coscienza ambientale); bensì deve entrare a far parte di una più ampia politica produttiva in cui concorrono responsabilmente più soggetti: da chi definisce e pianifica lo sviluppo del territorio, a chi indirizza le tecniche di produzione dei componenti edilizi sino a chi progetta i singoli interventi. La qualità del vivere deve essere quindi un obiettivo fondamentale della nuova architettura e l'obiettivo va perseguito cercando di accordare quelle esigenze che spesso paiono conflittuali dei sistemi naturali e costruiti.
In duecentomila anni l'HOMO SAPIENS ha raggiunto, solo all'inizio del ‘9OO, il primo miliardo di esseri viventi e in appena un secolo, alla fine del XX, ha moltiplicato per sei la propria presenza. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la Terra, che ha raggiunto la già ragguardevole cifra di 6 miliardi di persone, arriverà nel 2050 quota 11 miliardi di individui per poi iniziare a calare molto lentamente. Diversi studi si sovrappongono nel definire quale sia il limite di popolazione del Pianeta; parrebbe, secondo una delle teorie più autorevoli, che tale soglia sia fissata attorno ai 12 miliardi di individui.
Anche se ufficialmente non è stato calcolato quanto il Pianeta possa dare all'Uomo, è stato possibile, almeno in modo approssimativo, definire la così detta IMPRONTA ECOLOGICA dell'Uomo sulla Terra. Con questo termine s’intende indicare quale incidenza, in tema di consumo delle risorse e dell'ambiente, può essere ascritta a un determinato modello di sviluppo e di tenore di vita. L'impronta ecologica del modello occidentale ha un impatto elevato: si pensi, infatti, che il 2O% della popolazione del pianeta, quella che risiede nelle nazioni industrializzate, impiega 80% delle risorse attualmente disponibili.
Di fronte ad un simile scenario il primo obiettivo che dovremmo porci credo sia quello di ricercare la miglior qualità della vita con il minor impegno di risorse. Secondo un razionale modo di pensare la prima forma di energia pulita è quella risparmiata. Infatti, ancor prima dell’impiego di combustibili più o meno puliti, energie più o meno rinnovabili occorre pensare quanto sia necessario e opportuno (ed anche più facile ed immediatamente realizzabile) non impiegare energia e /o limitarne il più possibile il suo impiego.
A questo proposito la costruzione dell’architettura implica nuove responsabilità: dalla scelta dei materiali, all'impiego di energia, via via sino a coinvolgere il progetto e la sua conduzione. La qualità ambientale di un progetto di architettura, nella sua capacità di minimizzare l'impatto del prodotto edilizio sull'ambiente (valutando i materiali sia per il loro impatto ambientale in fase di produzione, di applicazione, di esercizio dell’opera e del suo successivo smaltimento) potrà rappresentare quindi un ulteriore requisito richiesto all'architetto del nuovo millennio.
Quando, a metà degli scorsi anni settanta, la così detta crisi energetica ci rese consapevoli della limitazione delle fonti energetiche abituali, consumatori e progettisti furono colti di sorpresa. Per molto tempo l'energia apparentemente disponibile in modo illimitato e a un costo contenuto aveva consentito d'impostare le costruzioni senza alcuna importante attenzione alle riduzioni dei consumi. Dopo un primo periodo di smarrimento si diede avvio sia ad un impiego maggiormente consapevole dell'uso di energia che più in generale nella definizione di materiali, tecnologie e progetti rispettosi dell'ambiente.
E' all'involucro edilizio, alla costruzione della facciata intesa come elemento di confine tra ambito esterno e interno,che ovviamente si pone la maggior attenzione per operare un sensibile risparmio energetico? La riduzione dei consumi energetici non deve essere determinata solo da immediate questioni economiche ma soprattutto dall'esigenza ambientale. Il consumo di combustibili per la produzione di energia, il riscaldamento, il condizionamento corrisponde all'emissione di gas combusto che hanno determinato gli ormai tristemente noti casi d'inquinamento ambientale e della biosfera.
E' stato stimato (eurima.org), campionando oltre 1O milioni di edifici, che circa il 4O% dell'energia totale consumata in Europa nelle aree urbane è da iscriversi alle carenze prestazionali di questo patrimonio edilizio. Se tutte le case costruite in Europa rispettassero i nuovi requisiti (come quelli stabiliti con le passive house) il risparmio sarebbe equivalente a 500 milioni di metri cubi di gas al giorno. Tre volte e mezzo l’energia che il gasdotto proveniente dalla Russia (la cosiddetta linea Nord tra Russi e Germania) è in grado di fornire al’Europa occidentale. Facendo un paragone con il petrolio (a 100 dollari il barile) l’Europa risparmierebbe 385 miliardi di euro l’anno (ad esempio il PIL di uno stato come il Belgio).
Risulta quindi evidente che il miglioramento delle caratteristico fisico-tecniche unitamente a quelle architettonico-ambientali degli edifici possa contribuire in modo significativo al miglioramento, oltre che del comfort abitativo, delle emergenze ambientali. L'impiego di tecnologie a basso impatto ambientale, l'isolamento degli edifici,il raffrescamento e la ventilazione naturali, il controllo della luce e delle ombreggiature, il recupero delle energia, la scelta delle forme e dei materiali per l'edificio,il suo orientamento risultano fondamentali per uno sviluppo edilizio sostenibile.
Da queste premesse nasce l’esperienza degli edifici passivi (passive house, passive on per citare alcuni standard) che vuole definire quel tipo di costruzioni in cui il benessere ed comfort sono raggiunti, grazie alle caratteristiche tecniche dei sistemi costruttivi adottati per l’involucro (le sue componenti opache e trasparenti), senza l’impiego di riscaldamento (o condizionamento) di tipo convenzionale (l’energia necessaria viene eventualmente reperita ad esempio da pannelli solari, pompe di calore, geotermia... e dal recupero energetico dall’edificio stesso).
In questo senso la sostenibilità della produzione edilizia non può essere delegata totalmente alla sensibilità, pur determinante, del progettista (alla sua coscienza ambientale); bensì deve entrare a far parte di una più ampia politica produttiva in cui concorrono responsabilmente più soggetti: da chi definisce e pianifica lo sviluppo del territorio, a chi indirizza le tecniche di produzione dei componenti edilizi sino a chi progetta i singoli interventi. La qualità del vivere deve essere quindi un obiettivo fondamentale della nuova architettura e l'obiettivo va perseguito cercando di accordare quelle esigenze che spesso paiono conflittuali dei sistemi naturali e costruiti.
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