Empatia: comprensione e comunicazione


L’empatia è un aspetto fondamentale nella comunicazione tra esseri umani, sia a livello verbale ma anche paraverbale e non verbale
Empatia: comprensione e comunicazione

L’empatia è un aspetto fondamentale nella comunicazione tra esseri umani, soprattutto nel momento in cui si incontra un cliente sia nel counseling, nella psicoterapia e anche nel coaching.

Anche in quest’ultimo ambito se ne parla molto, come pure di comunicazione empatica, in modo da capire chi ha deciso di rivolgersi a noi, qualunque sia la veste professionale che in quel momento si indossa.

Tutto parte dall’alleanza con il cliente, senza la quale non si avvia alcun processo, nemmeno in ambito business.

Mi piace e voglio ricordare che il termine “empatia” fu introdotto dall’inizio del Novecento da Theodore Flournoy, psicologo svizzero, che la definì inizialmente “intropatia”, come equivalente del termine tedesco “Einfuhlung”, che significa immedesimarsi.

All’inizio del XIX secolo Theodore Lipps, filosofo dell’arte inglese, descriveva l’empatia come il processo di sentire da dentro le emozioni che si esprimono nei movimenti o negli atteggiamenti dinamici delle persone.

Ancora più indietro lo stesso Aristotele aveva descritto il potere purificante dell’anima nell’assistere la tragedia. Questo accade perché i sommovimenti della propria anima vengono messi in scena e in contemporanea si possono vedere accadere. Il teatro risulta, quindi, la forma d’arte attraverso cui è più facile capire cosa sia l’empatia. Si ha una identificazione degli attori con i personaggi che stanno rappresentando, ne avviene anche una seconda, più sottile: quella degli spettatori con gli attori. Questo spiega come mai, oggigiorno, siano molto diffuse, in ambito psicoterapico, le tecniche attive, quali: il Role Playng e lo Psicodramma.

Tanti altri nel corso del tempo si sono occupati questo argomento: Jung, Rollo May, Adler Edith Stein…

Alla base dell’empatia esiste un meccanismo biologico molto importante, scoperto negli anni ’80: i neuroni specchio, che si attivano sia quando viene svolta un’azione che quando la si osserva fare, questo comporta l’attivarsi di quelle stesse regioni cerebrali, che vengono sollecitate nel compiere un’azione.

Molto interessante notare che il sistema di neuroni specchio si attiva non solo nel mimare un gesto, un simularlo, questo permette il decodificare l’atto compiuto e l’intenzione che ne sta alla base, ma anche quando vediamo la manifestazione delle emozioni vissute dall’altro. Quindi, secondo la teoria della simulazione interna, nello stesso osservatore sono sollecitati quegli stessi meccanismi neurologici responsabili dell’emozione.

Tutto questo cosa comporta?

All’interno della relazione con il cliente comporta un adeguare la comunicazione sia a livello verbale ma anche paraverbale e non verbale, adeguare il registro linguistico, il tono, il volume, la vicinanza o lontananza fisica, la mimica facciale…

Le parole che pronunciamo sono importanti e hanno un loro peso; tutto questo viene maggiormente sottolineato da aspetti di altra natura, come spiegato prima.

Quindi, l’empatia è un identificarsi con l’altro. Sarebbe bene che il professionista fosse in grado di uscire da se stesso, per vestire temporaneamente i panni dell’altro, senza per questo snaturarsi del tutto da una parte e senza dire al cliente come fare e come agire perché quest’ultimo è l’unico veramente esperto di se stesso, mentre il professionista è esperto di tecniche.

In vari studi si è visto che gli strumenti utilizzati hanno un effetto relativamente positivo se non esiste, tra professionista e cliente, una buona relazione.

I più ritengono che l’empatia sia una sorta di simpatia istintiva nei confronti di qualcuno, una conformità del sentire che avvenga in modo spontaneo e naturale. In realtà è una caratteristica che può essere esercitata, al di là della predisposizione personale.

A questo punto una domanda risulta importante a mio avviso: empatia e fiducia in che rapporto stanno tra di loro? Viene prima l’empatia e poi la fiducia o viceversa? Lo so, assomiglia molto a quella dell’uovo e della gallina, viene prima l’uno o l’altra?

Sinceramente io me le immagino interconnesse, non saprei dire quale viene prima e quale dopo, sicuramente sono indispensabili, perché, se il cliente si sente accettato, accolto ed ascoltato, ci consente di entrare nel suo mondo; in caso contrario rimarremo fuori dalla porta, finché non troveremo la modalità giusta per farci aprire.

Oggigiorno si sente molto parlare di intelligenza emotiva, di empatia e di comunicazione empatica; si è finalmente capito che non solo il quoziente intellettivo ha un peso, ma quello emotivo ancora di più, per cui sono stati creati test per misurare la capacità di gestire le proprie emozioni, per vedere il grado di empatia. Nel corso del tempo si è compreso che anche non solo il mondo cognitivo ha una sua valenza, ma ce n’è un altro che influenza grandemente la vita di tutti i giorni, i nostri apprendimenti, le nostre scelte, la capacità di interagire e di mettersi in relazione con l’altro.  Di fronte ad un professionista non diventa più il semplice elencare una serie di obiettivi, sintomi e fatti, ma vedere cosa lega tutti questi aspetti, qual è il connettivo che li unisce; per il professionista la sfida è “Sono in grado di vedere il mondo con altre lenti diverse dalle mie?

Solo se si veramente entrati nell’altro, se lo si è profondamente compreso nel suo modo di vedere e sentire, nel suo mondo di valori e significati, sarà possibile rispondere in modo adeguato al cliente.

 

Articolo del:


di Anita Alberti

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