Epidemia di disturbi mentali: rimedi sociali e giuridici
Fatti di sangue e squilibri mentali diagnosticabili e preventivamente necessitanti di interventi mirati. Effetti su famiglia e impresa. Rimedi socio-giuridici

I media ci informano giornalmente di omicidi di madri verso le figlie, di mariti verso le mogli, di stragi di famiglie seguite da suicidi e spesso, al di là della notizia in sé, non si dilungano ad approfondirne le cause.
L’attenzione della stampa si è scatenata sui gravi fatti di sangue che hanno macchiato il Tribunale di Milano, ma il lettore o l’ascoltatore non ricorda che lo stesso giorno una madre ha ucciso la figlia e un marito la moglie e che giornalmente assistiamo a fatti gravissimi e similari.
Non occorre essere psichiatri per comprendere che tali fatti non possono che essere ricollegati a gravi disturbi mentali.
La conclusione è ovvia: la grave crisi economica che ha cambiato le abitudini e gli stili di vita di tutti, ha provocato una vera e propria epidemia di disturbi mentali che si estendono dalla depressione, alla depressione grave, al disturbo bipolare sino alla schizofrenia ed alla vera e propria pazzia intesa in senso generico.
Ovviamente a tale dato, purtroppo oggettivo, non viene dato alcun spazio dai media, se non disquisendo dei casi gravi già intervenuti, essendo ormai invalso l’uso dei processi mediatici.
Sta il fatto che in assenza di informazioni, non allarmistiche, ma preventive la tendenza generale è minimizzare gli episodi che a volte sono saltuari ed isolati, ma che nella maggior parte dei casi sono caratterialmente persistenti, con aggravi evidenti di disturbo.
Il problema riguarda la vita familiare, ma anche la vita aziendale: come può un imprenditore depresso o perturbato condurre un’azienda o, cosa ora necessarissima sviluppare l’intrapresa con nuovi investimenti, iniziative innovative, implementazione delle risorse?
Occorre quindi che in famiglia, coniugi, discendenti ed ascendenti prendano coscienza della mutata situazione psichica del familiare e provvedano a farlo supportare da medici esperti, così come occorre che collaboratori, superiori o, in caso di società di maggiore levatura, membri del Consiglio di amministrazione, sindaci o dirigenti si comportino nel medesimo modo.
Ove i risultati di interventi "bonari" e nella mancanza di consapevolezza del malato circa i propri disturbi, occorrerà ricorrere alle Autorità costituite e cioè al Giudice Tutelare o alla locale Procura della Repubblica, tramite il proprio avvocato di fiducia, che, non dimentichiamo per sua stessa natura svolge funzioni altamente sociali, onde ottenere coattivamente ogni provvedimento, dall’assistenza al ricorso ad una separazione che presupponga una perizia e sino ad un TSO, nei casi più gravi, sia per la famiglia e la sua tutela morale, sociale e fisica, sia per l’impresa con i mezzi societari posti a disposizione dalla legge (esclusione per gravi motivi, licenziamenti e quant’altro) per la maggior tutela la dell’attività e del malato stesso.
Le strade esistono e vanno percorse al di là di ogni pudore, reticenza o più semplicemente sottovalutazione dei problemi (leggi "menefreghismo") per la massima tutela sociale, del vero patrimonio consistente in famiglie serene o quantomeno separate civilmente con armonica crescita dei figli e per la tutela del patrimonio aziendale, dello sviluppo sperato e dell’occupazione, tutto ciò non dimenticando che il malato ha diritto alla guarigione e alle migliori cure.
Questo il mio pensiero, augurandomi di poter contribuire per quanto di spettanza della mia professione, al benessere sociale ed all’affievolirsi dei fatti di sangue.
L’attenzione della stampa si è scatenata sui gravi fatti di sangue che hanno macchiato il Tribunale di Milano, ma il lettore o l’ascoltatore non ricorda che lo stesso giorno una madre ha ucciso la figlia e un marito la moglie e che giornalmente assistiamo a fatti gravissimi e similari.
Non occorre essere psichiatri per comprendere che tali fatti non possono che essere ricollegati a gravi disturbi mentali.
La conclusione è ovvia: la grave crisi economica che ha cambiato le abitudini e gli stili di vita di tutti, ha provocato una vera e propria epidemia di disturbi mentali che si estendono dalla depressione, alla depressione grave, al disturbo bipolare sino alla schizofrenia ed alla vera e propria pazzia intesa in senso generico.
Ovviamente a tale dato, purtroppo oggettivo, non viene dato alcun spazio dai media, se non disquisendo dei casi gravi già intervenuti, essendo ormai invalso l’uso dei processi mediatici.
Sta il fatto che in assenza di informazioni, non allarmistiche, ma preventive la tendenza generale è minimizzare gli episodi che a volte sono saltuari ed isolati, ma che nella maggior parte dei casi sono caratterialmente persistenti, con aggravi evidenti di disturbo.
Il problema riguarda la vita familiare, ma anche la vita aziendale: come può un imprenditore depresso o perturbato condurre un’azienda o, cosa ora necessarissima sviluppare l’intrapresa con nuovi investimenti, iniziative innovative, implementazione delle risorse?
Occorre quindi che in famiglia, coniugi, discendenti ed ascendenti prendano coscienza della mutata situazione psichica del familiare e provvedano a farlo supportare da medici esperti, così come occorre che collaboratori, superiori o, in caso di società di maggiore levatura, membri del Consiglio di amministrazione, sindaci o dirigenti si comportino nel medesimo modo.
Ove i risultati di interventi "bonari" e nella mancanza di consapevolezza del malato circa i propri disturbi, occorrerà ricorrere alle Autorità costituite e cioè al Giudice Tutelare o alla locale Procura della Repubblica, tramite il proprio avvocato di fiducia, che, non dimentichiamo per sua stessa natura svolge funzioni altamente sociali, onde ottenere coattivamente ogni provvedimento, dall’assistenza al ricorso ad una separazione che presupponga una perizia e sino ad un TSO, nei casi più gravi, sia per la famiglia e la sua tutela morale, sociale e fisica, sia per l’impresa con i mezzi societari posti a disposizione dalla legge (esclusione per gravi motivi, licenziamenti e quant’altro) per la maggior tutela la dell’attività e del malato stesso.
Le strade esistono e vanno percorse al di là di ogni pudore, reticenza o più semplicemente sottovalutazione dei problemi (leggi "menefreghismo") per la massima tutela sociale, del vero patrimonio consistente in famiglie serene o quantomeno separate civilmente con armonica crescita dei figli e per la tutela del patrimonio aziendale, dello sviluppo sperato e dell’occupazione, tutto ciò non dimenticando che il malato ha diritto alla guarigione e alle migliori cure.
Questo il mio pensiero, augurandomi di poter contribuire per quanto di spettanza della mia professione, al benessere sociale ed all’affievolirsi dei fatti di sangue.
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