Erede apparente. Tutela del vero erede e del terzo


La tutela del vero erede che rischia di perdere i beni; la tutela del terzo in buona fede; donazione; effetti della trascrizione
Erede apparente. Tutela del vero erede e del terzo

Si definisce "erede apparente" il soggetto che, pur non essendo erede, si comporta come tale.
Tipico esempio è il caso di una persona che accetta l’eredità in base ad un testamento poi annullato che, entrato in possesso di beni ereditari, li ceda a terzi.

Per garantire adeguata tutela al vero erede, il Codice Civile consente a quest’ultimo di far valere le proprie ragioni nei confronti non solo dell’erede apparente, ma anche dei terzi che da quest'ultimo abbiamo acquistato i beni, i quali in linea di principio saranno costretti a restituirli.

A tale scopo, il rimedio che l’erede ha a disposizione è la petizione di eredità che, appunto, può essere esercitata anche nei confronti di coloro che abbiano acquistato da chi possegga a titolo di erede o senza titolo (art. 534 c.c.).

Non c'è dubbio che la soluzione prevista dal Codice Civile rischia di punire eccessivamente il terzo, soprattutto quando ha acquistato in buona fede, confidando cioè nella qualità di erede (invece solo apparente) del venditore.
Proprio per tutelare tale affidamento incolpevole, la legge (art. 534, II comma, c.c.) accorda una possibilità a chi abbia acquistato dall'erede apparente, il quale - se sussistono alcune precise condizioni - può salvare il proprio acquisto.
A tal fine, in particolare, occorre anzitutto che il terzo sia in buona fede, cioè che per ignoranza o errore ritenga che il venditore fosse davvero erede e potesse, quindi, legittimamente disporre del bene. La buona fede deve sussistere solo al momento in cui il contratto è concluso, ma non può essere presunta, dovendo al contrario essere provata nel processo.
Deve, in secondo luogo, trattarsi di una vera e propria vendita o, comunque, di una cessione a titolo oneroso. Il terzo acquirente, infatti, non è tutelato se il suo acquisto è a titolo gratuito, come avviene per la donazione: in tale caso la legge preferisce tutelare l’erede vero, piuttosto che colui che si è visto donare il bene dall’erede apparente.
Se la vendita ha ad oggetto beni immobili o mobili registrati, infine, occorre che sia l’accettazione dell’eredità da parte dell’erede apparente, sia l’atto con il quale il terzo abbia acquistato da quest’ultimo, siano stati trascritti prima che il vero erede abbia trascritto il suo titolo (o la domanda giudiziale contro l’erede apparente).
È bene precisare che la trascrizione fatta dall’erede apparente non ha da sola alcuna rilevanza, perché egli è destinato pur sempre a rimanere soccombente rispetto al vero erede; tale trascrizione, tuttavia, potrà assumere rilevanza - nei termini appena evidenziati - qualora ad essa faccia seguito una cessione a terzi, anch’essa trascritta prima della trascrizione nell’interesse dell’erede vero.

Ovviamente, il vero erede è tutelato anche qualora non riesca a recuperare il bene venduto al terzo, ma in questo caso potrà rivalersi solo sull’erede apparente, per ottenere la restituzione del prezzo di vendita (art. 535 c.c.).

Siamo di fronte ad una disciplina del tutto eccezionale, nell’ambito della quale la legge tutela - a talune precise condizioni - l’apparenza ereditaria.
La scelta del legislatore si giustifica in ragione della oggettiva difficoltà di verificare la effettiva qualità di erede di un soggetto che agisca come tale, poiché non è sempre agevole per chi si acquista un bene percepire tempestivamente e correttamente la validità/invalidità del testamento, con il quale il venditore sia divenuto proprietario dl bene stesso.

Per questa ragione, qualora insorgano questioni attinenti a simili articolati e complicati profili, è sempre opportuno affidarsi ad un professionista particolarmente qualificato.

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di Avv. Raffaele Plenteda

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