Errore scusabile nei rapporti con l`Agenzia Entrate
E' valida la rateazione di avviso di accertamento o di avviso di irregolarità anche se la prima rata è stata pagata con qualche giorno di ritardo
Il concetto di errore scusabile, traslato dal diritto amministrativo nel diritto tributario, entra nel linguaggio di commercialisti e addetti ai lavori con l’introduzione dell’articolo 15-ter del DPR 602/1973, per effetto della modifica apportata dal Decreto Legislativo 159/2015 alla normativa sulla Riscossione.
In un contesto in cui il Fisco cerca di recuperare dialogo e serenità nel rapporto con il contribuente, questo tipo di apertura rappresenta, una evidente dimostrazione di praticità e buon senso da parte dell’amministrazione finanziaria.
L’introduzione di questo nuovo importantissimo principio fa sì che un piccolo ritardo o una lieve incapienza nel versamento del tributo, non determinino le pesantissime conseguenze che, nei casi di pagamenti definitori, come quelli che riguardano le somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di rateizzazione del carico fiscale (articoli 36 bis e 36 ter DPR 600/72), sarebbero invece applicabili, principalmente in termini di inefficacia della definizione e decadenza della dilazione ottenuta.
Nello specifico, il nuovo articolo 15 ter, al comma 3, ha stabilito che "è esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:
a) insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
b) tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni".
Si pensi che l’Agenzia delle Entrate, fino all’introduzione di questa norma, ha considerato il versamento con un ritardo anche di un solo giorno o in difetto per pochissimi euro non valido ai fini degli effetti che tale versamento avrebbe dovuto produrre, ritenendolo tardivo o insufficiente, dichiarando pertanto nulle le dilazioni, o addirittura facendo decadere il contribuente dal beneficio della dilazione precedentemente concessa, provvedendo all’iscrizione a ruolo delle somme dovute, con evidente aggravio di oneri per il contribuente.
In tal senso una Circolare dell’Agenzia Entrate, la n. 27/E del 2 Agosto 2013, aveva già tracciato una linea di buon senso in favore del contribuente per tutti quei casi in cui un versamento con ravvedimento operoso risultasse carente, con il fine ultimo di evitare un accanimento fiscale di fronte ad un evidente comportamento in buona fede.
L’obiettivo di ristabilire un rapporto più equilibrato con i contribuenti, con un approccio meno rigoroso e formalistico, traspare anche nella circolare n. 17 del 29 Aprile 2016, che ha indotto l’Agenzia delle Entrate a chiarire meglio il concetto di errore scusabile e la sua portata.
E’ infatti fondamentale che nell’evoluzione del rapporto tra fisco e contribuente, in nome di una collaborazione che vede anche noi commercialisti coinvolti, sia sempre più marcata la linea che divide i contribuenti tra coloro che adottano comportamenti elusivi ed evasivi, con i quali il Fisco vuole e deve adottare rigore e tolleranza zero, e coloro che invece, nonostante attraversino spesso gravi difficoltà finanziarie, fanno il possibile per onorare i propri debiti e garantire la sopravvivenza della propria azienda.
In un contesto in cui il Fisco cerca di recuperare dialogo e serenità nel rapporto con il contribuente, questo tipo di apertura rappresenta, una evidente dimostrazione di praticità e buon senso da parte dell’amministrazione finanziaria.
L’introduzione di questo nuovo importantissimo principio fa sì che un piccolo ritardo o una lieve incapienza nel versamento del tributo, non determinino le pesantissime conseguenze che, nei casi di pagamenti definitori, come quelli che riguardano le somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di rateizzazione del carico fiscale (articoli 36 bis e 36 ter DPR 600/72), sarebbero invece applicabili, principalmente in termini di inefficacia della definizione e decadenza della dilazione ottenuta.
Nello specifico, il nuovo articolo 15 ter, al comma 3, ha stabilito che "è esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:
a) insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
b) tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni".
Si pensi che l’Agenzia delle Entrate, fino all’introduzione di questa norma, ha considerato il versamento con un ritardo anche di un solo giorno o in difetto per pochissimi euro non valido ai fini degli effetti che tale versamento avrebbe dovuto produrre, ritenendolo tardivo o insufficiente, dichiarando pertanto nulle le dilazioni, o addirittura facendo decadere il contribuente dal beneficio della dilazione precedentemente concessa, provvedendo all’iscrizione a ruolo delle somme dovute, con evidente aggravio di oneri per il contribuente.
In tal senso una Circolare dell’Agenzia Entrate, la n. 27/E del 2 Agosto 2013, aveva già tracciato una linea di buon senso in favore del contribuente per tutti quei casi in cui un versamento con ravvedimento operoso risultasse carente, con il fine ultimo di evitare un accanimento fiscale di fronte ad un evidente comportamento in buona fede.
L’obiettivo di ristabilire un rapporto più equilibrato con i contribuenti, con un approccio meno rigoroso e formalistico, traspare anche nella circolare n. 17 del 29 Aprile 2016, che ha indotto l’Agenzia delle Entrate a chiarire meglio il concetto di errore scusabile e la sua portata.
E’ infatti fondamentale che nell’evoluzione del rapporto tra fisco e contribuente, in nome di una collaborazione che vede anche noi commercialisti coinvolti, sia sempre più marcata la linea che divide i contribuenti tra coloro che adottano comportamenti elusivi ed evasivi, con i quali il Fisco vuole e deve adottare rigore e tolleranza zero, e coloro che invece, nonostante attraversino spesso gravi difficoltà finanziarie, fanno il possibile per onorare i propri debiti e garantire la sopravvivenza della propria azienda.
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