Escluso il mantenimento per la moglie disoccupata
La prova della ricorrenza dei presupposti dell'assegno di mantenimento incombe su chi lo chiede

In caso di separazione, il coniuge economicamente più bisognoso può richiedere all’altro coniuge un assegno in virtù degli obblighi reciproci derivanti dall’istituto del matrimonio, tra cui quello del mantenimento, ed il più generale dovere di assistenza materiale, che permane dopo l’interruzione della convivenza.
Il giudice chiamato a decidere sull’entità dell’assegno deve: a) verificare la non addebitabilità della separazione al richiedente; b) valutare il tenore di vita durante la convivenza; c) accertare le risorse economiche dei coniugi; d) valutare le altre circostanze di cui all’art. 156 co. 2 c.c.
Pertanto l’assegno di mantenimento spetta solo al coniuge a cui la separazione non venga addebitata, viceversa lo stesso potrà chiedere solo un assegno alimentare.
Per il riconoscimento dell’addebito deve sussistere un nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali e l’impossibilità di proseguire la convivenza.
Tuttavia nell’ipotesi in cui il coniuge a cui non venga addebitata la separazione sia anche il coniuge meno ricco o addirittura disoccupato il suo stato di "disoccupato" non deve essere incolpevole in quanto esso non giustifica l'attribuzione dell'assegno di mantenimento.
Di fatto la Corte di Cassazione con sentenza n. 6886 del 20/03/2018, sez. VI ha stabilito che: "se è vero che nella separazione personale i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (Cass. n. 12196/2017), è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell'assegno incombe su chi chiede il mantenimento (v., tra le tante, Cass. n. 1691/1987) e che tale prova ha ad oggetto anche l'incolpevolezza del coniuge richiedente, quando - come nella specie - sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un'occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l'effetto di non poter porre a carico dell'altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale"
Il giudice chiamato a decidere sull’entità dell’assegno deve: a) verificare la non addebitabilità della separazione al richiedente; b) valutare il tenore di vita durante la convivenza; c) accertare le risorse economiche dei coniugi; d) valutare le altre circostanze di cui all’art. 156 co. 2 c.c.
Pertanto l’assegno di mantenimento spetta solo al coniuge a cui la separazione non venga addebitata, viceversa lo stesso potrà chiedere solo un assegno alimentare.
Per il riconoscimento dell’addebito deve sussistere un nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali e l’impossibilità di proseguire la convivenza.
Tuttavia nell’ipotesi in cui il coniuge a cui non venga addebitata la separazione sia anche il coniuge meno ricco o addirittura disoccupato il suo stato di "disoccupato" non deve essere incolpevole in quanto esso non giustifica l'attribuzione dell'assegno di mantenimento.
Di fatto la Corte di Cassazione con sentenza n. 6886 del 20/03/2018, sez. VI ha stabilito che: "se è vero che nella separazione personale i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (Cass. n. 12196/2017), è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell'assegno incombe su chi chiede il mantenimento (v., tra le tante, Cass. n. 1691/1987) e che tale prova ha ad oggetto anche l'incolpevolezza del coniuge richiedente, quando - come nella specie - sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un'occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l'effetto di non poter porre a carico dell'altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale"
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