Fallimento: il pagamento del coobbligato
Il coobbligato del fallito che abbia pagato il creditore parzialmente in data successiva al fallimento non può surrogarsi nei diritti del creditore
Il caso è quello del garante del debitore poi fallito che, escusso dal creditore, abbia effettuato dei pagamenti parziali e non integralmente satisfattivi dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale. La domanda di surroga nei diritti del creditore verso il fallimento è in tal caso inammissibile.
Infatti, al coobbligato escusso dal creditore competono due azioni non cumulabili: quella di regresso ex artt.1299 e 1950 c.c. nei confronti del debitore principale oppure l'azione di surroga nei diritti del creditore soddisfatto a norma degli artt.1949 e 1203 c.c. che consente al solvens di sostituirsi al creditore soddisfatto e dunque di avvalersi della sua posizione, assistito dalle stesse garanzie.
L'esercizio delle predette azioni, nel caso di fallimento del debitore principale, è disciplinato dagli artt.61 e 62 L.F. che regolano i rapporti tra l'azione del creditore per la riscossione dell'eventuale residuo credito, con le azioni di regresso spettanti agli altri condebitori. Dalla lettura combinata dei due articoli emerge una distinzione tra l'ipotesi in cui il pagamento del coobbligato sia avvenuto prima della dichiarazione di fallimento, da quella in cui, invece, il pagamento abbia avuto luogo successivamente.
Infatti, nel primo caso, l'art.62 L.F. attribuisce al creditore che abbia ricevuto un pagamento parziale da un fideiussore o comunque da un coobbligato in solido, il diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa e che a sua volta il coobbligato, che ha diritto di regresso verso il fallito, possa concorrere nel fallimento per la somma pagata.
Nel caso in cui il pagamento sia, invece, avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento, l'art.61 L.F. riconosce al creditore il diritto di concorrere al passivo del fallimento per l'intero credito (dunque a prescindere dai pagamenti ricevuti) e che (al 2°comma) il diritto di regresso fra i coobbligati possa essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddsfatto integralmente.
Detta disposizione, pur regolando i rapporti interni tra coobbligati falliti, si ritiene comunemente riferibile anche al caso in cui l'azione di regresso sia esercitata da un coobbligato in bonis.
Detto principio per cui, in caso di pagamento da parte del coobbligato effettuato dopo la dichiarazione di fallimento, l'azione di rivalsa è subordinata al fatto che il creditore sia stato integralmete soddisfatto, è applicabile non solo all'azione di regresso ma anche a quella di surrogazione, come più volte chiarito dalla Corte di Cassazione.
".....l'art.61 comma 2°, nel subordinare l'esercizio dell'azione di rivalsa alla condizione che il creditore comune sia stato soddisfatto per l'intero credito, ove il pagamento sia stato effettuato successivamente alla dichiarazione di fallimento, detta una disposizione applicabile non solo all'azione di regresso, specificamente contemplata dalla norma in esame, ma anche a quella di surrogazione. Ciò che conta, d'altronde, ai fini dell'ammissibilità della surrogazione, non è la circostanza che attraverso il pagamento il cooobbligato abbia totalemte assolto la propria obbligazione, ma che l'adempimento risulti idoneo ad estinguere la pretesa che il creditore comune abbia insinuato o possa insinuare al passivo del fallimento."
( Cass.civ. sez.I 1.03.2012 n.3216).
Infatti, al coobbligato escusso dal creditore competono due azioni non cumulabili: quella di regresso ex artt.1299 e 1950 c.c. nei confronti del debitore principale oppure l'azione di surroga nei diritti del creditore soddisfatto a norma degli artt.1949 e 1203 c.c. che consente al solvens di sostituirsi al creditore soddisfatto e dunque di avvalersi della sua posizione, assistito dalle stesse garanzie.
L'esercizio delle predette azioni, nel caso di fallimento del debitore principale, è disciplinato dagli artt.61 e 62 L.F. che regolano i rapporti tra l'azione del creditore per la riscossione dell'eventuale residuo credito, con le azioni di regresso spettanti agli altri condebitori. Dalla lettura combinata dei due articoli emerge una distinzione tra l'ipotesi in cui il pagamento del coobbligato sia avvenuto prima della dichiarazione di fallimento, da quella in cui, invece, il pagamento abbia avuto luogo successivamente.
Infatti, nel primo caso, l'art.62 L.F. attribuisce al creditore che abbia ricevuto un pagamento parziale da un fideiussore o comunque da un coobbligato in solido, il diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa e che a sua volta il coobbligato, che ha diritto di regresso verso il fallito, possa concorrere nel fallimento per la somma pagata.
Nel caso in cui il pagamento sia, invece, avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento, l'art.61 L.F. riconosce al creditore il diritto di concorrere al passivo del fallimento per l'intero credito (dunque a prescindere dai pagamenti ricevuti) e che (al 2°comma) il diritto di regresso fra i coobbligati possa essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddsfatto integralmente.
Detta disposizione, pur regolando i rapporti interni tra coobbligati falliti, si ritiene comunemente riferibile anche al caso in cui l'azione di regresso sia esercitata da un coobbligato in bonis.
Detto principio per cui, in caso di pagamento da parte del coobbligato effettuato dopo la dichiarazione di fallimento, l'azione di rivalsa è subordinata al fatto che il creditore sia stato integralmete soddisfatto, è applicabile non solo all'azione di regresso ma anche a quella di surrogazione, come più volte chiarito dalla Corte di Cassazione.
".....l'art.61 comma 2°, nel subordinare l'esercizio dell'azione di rivalsa alla condizione che il creditore comune sia stato soddisfatto per l'intero credito, ove il pagamento sia stato effettuato successivamente alla dichiarazione di fallimento, detta una disposizione applicabile non solo all'azione di regresso, specificamente contemplata dalla norma in esame, ma anche a quella di surrogazione. Ciò che conta, d'altronde, ai fini dell'ammissibilità della surrogazione, non è la circostanza che attraverso il pagamento il cooobbligato abbia totalemte assolto la propria obbligazione, ma che l'adempimento risulti idoneo ad estinguere la pretesa che il creditore comune abbia insinuato o possa insinuare al passivo del fallimento."
( Cass.civ. sez.I 1.03.2012 n.3216).
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