FAMIGLIA DI FATTO - Parte Quarta
Casa Familiare
La sorte dell’immobile adibito a casa familiare non suscita particolari problematiche se è in comproprietà tra gli stessi: in tal caso vige il regime della comunione (artt. 1100 e ss. C.c.), per cui entrambi i conviventi risultano essere proprietari pro quota ed hanno il possesso della casa e su di essa pari diritti. Perciò, alla fine della convivenza si procederà alla divisione del bene (art. 1111 c.c., 1114 c.c.), se possibile (art. 1112 ), altrimenti troverà applicazione la norma dell’art. 720 c.c.
Diversa è la situazione nel caso in cui la casa sia di proprietà di uno dei conviventi.
In presenza di figli il problema attualmente non si pone, avendo a ciò provveduto il codice civile agli artt. 337 bis c.c., per il quale "In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo" e 337 sexies c.c., per il quale "Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli".
Viceversa, in assenza di figli, il convivente non proprietario veniva visto come un puro e semplice "ospite" e, in quanto tale, poteva essere estromesso dal proprietario in qualsiasi momento e senza preavviso alcuno.
In merito, però, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione:
- sentenza del 2 gennaio 2014, n. 7: "secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità condiviso dal Collegio, in considerazione del rilievo sociale che ha ormai assunto per l’ordinamento la famiglia di fatto, la convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che da vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Al riguardo, e’ stato ritenuto che l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio.
- sentenza del 31.03.2013, n. 7214: "La convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità; conseguentemente, l'estromissione violenta o clandestina del convivente dall'unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio nei confronti dell'altro quand'anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull'immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi"..
In breve, viene riconosciuta una detenzione qualificata in capo al convivente, il quale può adire l’autorità giudiziaria per tutelare le proprie ragioni qualora venga espulso dall’abitazione.
Diversa è la situazione nel caso in cui la casa sia di proprietà di uno dei conviventi.
In presenza di figli il problema attualmente non si pone, avendo a ciò provveduto il codice civile agli artt. 337 bis c.c., per il quale "In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo" e 337 sexies c.c., per il quale "Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli".
Viceversa, in assenza di figli, il convivente non proprietario veniva visto come un puro e semplice "ospite" e, in quanto tale, poteva essere estromesso dal proprietario in qualsiasi momento e senza preavviso alcuno.
In merito, però, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione:
- sentenza del 2 gennaio 2014, n. 7: "secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità condiviso dal Collegio, in considerazione del rilievo sociale che ha ormai assunto per l’ordinamento la famiglia di fatto, la convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che da vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Al riguardo, e’ stato ritenuto che l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio.
- sentenza del 31.03.2013, n. 7214: "La convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità; conseguentemente, l'estromissione violenta o clandestina del convivente dall'unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio nei confronti dell'altro quand'anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull'immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi"..
In breve, viene riconosciuta una detenzione qualificata in capo al convivente, il quale può adire l’autorità giudiziaria per tutelare le proprie ragioni qualora venga espulso dall’abitazione.
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