Famiglia: il fondo patrimoniale
A chi spetta l'amministrazione dei beni facenti parte del fondo patrimoniale? E cosa accade se un coniuge vende un bene immobile senza il consenso dell'altro coniuge?
1. Definizione:
Sulla base di quanto previsto dall’art. 167 del c.c. possiamo definire e qualificare il fondo patrimoniale come l’istituto mediante il quale uno o entrambi i coniugi, oppure anche un terzo, destinano determinati beni (come ad es. beni immobili, beni mobili registrati e titoli di credito) a far fronte ai bisogni e alle necessità della famiglia.
2. Amministrazione:
Per quanto concerne la sua amministrazione l’art. 168 c.c. chiarisce che la gestione è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale.
Il fondo, avendo come scopo quello di essere un complesso di beni destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, è pertanto soggetto ad un tipo di amministrazione che si avvicina ad una forma di gestione che sia la più vicina possibile a quella della famiglia "ordinaria", ovvero, a quella prevista per la comunione legale dei beni.
Pertanto trovano applicazione per il fondo patrimoniale le relative norme previste per l’amministrazione della suddetta comunione e nello specifico quelle dettate dagli artt.180 c.c. e ss., anche qualora i coniugi avessero scelto un diverso regime patrimoniale, ovvero, quello della separazione dei beni.
È comunque da evidenziare che la disciplina dettata dai predetti articoli ha carattere residuale, in quanto proprio l’art. 169 c.c. copre già gran parte degli atti di straordinaria amministrazione e non solo. Lo stesso, infatti, prevede e disciplina anche il caso in cui nel nucleo familiare vi sia la presenza di figli minori.
Pertanto, troveranno applicazione gli articoli 180, 181, 182 e 183 c.c. qualora:
- l’atto costitutivo non preveda espressamente che gli atti di straordinaria amministrazione possano essere compiuti da un solo coniuge oppure disgiuntamente tra loro;
- non vi siano figli minori.
Tralasciando ora la discussione se con la possibilità di deroga prevista dall’art. 169 c.c. si possa non solo autorizzare i coniugi a compiere disgiuntamente gli atti di straordinaria amministrazione ma anche a compiere gli stessi atti senza l’autorizzazione del giudice tutelare in presenza di figli minori (tema interessante ma da affrontare in separata sede), si può giungere alle seguenti conclusioni.
3. Conclusioni:
Partendo quindi dal presupposto che:
- nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale non vi sia convenzione o menzione alcuna sulla possibilità da parte del singolo coniuge di poter compiere da solo un atto avente carattere di straordinaria amministrazione;
- constatato il fatto che il coniuge ha compiuto l’alienazione del bene facente parte del suddetto fondo patrimoniale senza il dovuto consenso dell'altro coniuge.
Si può sostenere che nel caso di specie un siffatto comportamento da parte di un solo coniuge debba considerarsi come una palese violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dei poteri di amministrazione e gestione e che pertanto trovi applicazione la normativa dettata dall’art. 184 c.c., la quale riconosce al primo comma l’annullabilità dell’atto posto in essere qualora sia il frutto di un azione priva del consenso dell’altro coniuge oppure da questo non convalidato.
Di conseguenza, qualora dall’atto di trasferimento e dalla relativa trascrizione non sia ancora trascorso un anno, il coniuge potrà ancora concretamente avvalersi della possibilità di proporre azione volta a dichiarare l’annullamento dell’atto di alienazione, facendo così rientrare il bene nell’alveo del fondo patrimoniale dal quale era stato ingiustamente distratto.
Sulla base di quanto previsto dall’art. 167 del c.c. possiamo definire e qualificare il fondo patrimoniale come l’istituto mediante il quale uno o entrambi i coniugi, oppure anche un terzo, destinano determinati beni (come ad es. beni immobili, beni mobili registrati e titoli di credito) a far fronte ai bisogni e alle necessità della famiglia.
2. Amministrazione:
Per quanto concerne la sua amministrazione l’art. 168 c.c. chiarisce che la gestione è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale.
Il fondo, avendo come scopo quello di essere un complesso di beni destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, è pertanto soggetto ad un tipo di amministrazione che si avvicina ad una forma di gestione che sia la più vicina possibile a quella della famiglia "ordinaria", ovvero, a quella prevista per la comunione legale dei beni.
Pertanto trovano applicazione per il fondo patrimoniale le relative norme previste per l’amministrazione della suddetta comunione e nello specifico quelle dettate dagli artt.180 c.c. e ss., anche qualora i coniugi avessero scelto un diverso regime patrimoniale, ovvero, quello della separazione dei beni.
È comunque da evidenziare che la disciplina dettata dai predetti articoli ha carattere residuale, in quanto proprio l’art. 169 c.c. copre già gran parte degli atti di straordinaria amministrazione e non solo. Lo stesso, infatti, prevede e disciplina anche il caso in cui nel nucleo familiare vi sia la presenza di figli minori.
Pertanto, troveranno applicazione gli articoli 180, 181, 182 e 183 c.c. qualora:
- l’atto costitutivo non preveda espressamente che gli atti di straordinaria amministrazione possano essere compiuti da un solo coniuge oppure disgiuntamente tra loro;
- non vi siano figli minori.
Tralasciando ora la discussione se con la possibilità di deroga prevista dall’art. 169 c.c. si possa non solo autorizzare i coniugi a compiere disgiuntamente gli atti di straordinaria amministrazione ma anche a compiere gli stessi atti senza l’autorizzazione del giudice tutelare in presenza di figli minori (tema interessante ma da affrontare in separata sede), si può giungere alle seguenti conclusioni.
3. Conclusioni:
Partendo quindi dal presupposto che:
- nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale non vi sia convenzione o menzione alcuna sulla possibilità da parte del singolo coniuge di poter compiere da solo un atto avente carattere di straordinaria amministrazione;
- constatato il fatto che il coniuge ha compiuto l’alienazione del bene facente parte del suddetto fondo patrimoniale senza il dovuto consenso dell'altro coniuge.
Si può sostenere che nel caso di specie un siffatto comportamento da parte di un solo coniuge debba considerarsi come una palese violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dei poteri di amministrazione e gestione e che pertanto trovi applicazione la normativa dettata dall’art. 184 c.c., la quale riconosce al primo comma l’annullabilità dell’atto posto in essere qualora sia il frutto di un azione priva del consenso dell’altro coniuge oppure da questo non convalidato.
Di conseguenza, qualora dall’atto di trasferimento e dalla relativa trascrizione non sia ancora trascorso un anno, il coniuge potrà ancora concretamente avvalersi della possibilità di proporre azione volta a dichiarare l’annullamento dell’atto di alienazione, facendo così rientrare il bene nell’alveo del fondo patrimoniale dal quale era stato ingiustamente distratto.
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